Ekiben: il bento dei treni ha una lunga storia che viaggia per il Giappone
Consumato esclusivamente in treno, è diventato una vetrina per le specialità regionali
di Hachi194
Ma non ne esiste un tipo solo: il capostipite di tutti è probabilmente l'ekiben, cioè il bento venduto nelle stazioni e da consumare durante un lungo viaggio in treno. Scopriamo la sua storia e le sue mille varianti!
Il nome spiega la sua provenienza: ekiben infatti è l'unione dei termini "eki" che significa stazione ferroviaria e "ben" che è la parte iniziale di bento. Sulle origini dell'ekiben ci sono diverse teorie ma la più accreditata è quella che colloca la sua nascita nel 1885, quando JR ha aperto la linea ferroviaria che collega la stazione di Omiya nella prefettura di Saitama alla stazione di Utsunomiya nella prefettura di Tochigi. Shirokiya Ryokan a Utsunomiya è il nome del primo che nella storia giapponese ha iniziato a vendere bento in stazione.
Più di cento anni fa infatti, automobili e aerei non erano comuni in Giappone, quindi la maniera principale per spostarsi attraverso tutto l'arcipelago era il treno. Quando i treni arrivavano alla stazione, i venditori di bento si affollavano sul binario offrendo a gran voce i loro prodotti. Era diventata così una parte del divertimento del viaggio in treno. Da considerare però che i primissimi ekiben consistevano semplicemente di onigiri e ravanelli sott'aceto avvolti in una guaina di bambù, venduta per circa 600 yen. Se pensate che sia molto caro, considerate anche che nell'epoca Meiji il riso bianco era scarso e prezioso.
Nel primo dopoguerra l'ekiben subì una trasformazione e si arricchì di specialità culinarie locali, smettendo di essere appannaggio solo delle classi più benestanti e diventando accessibile a tutti. Iniziarono ad apparire ekiben che proponevano ingredienti caratteristici delle diverse prefetture; uno dei primi fu l'ikameshi che consiste di calamari ripieni di riso, serviti alla stazione Mori in Hokkaido.
Negli anni'70 ebbero poi un nuovo picco di popolarità grazie ad un drama in cui il protagonista viaggiava per tutto il paese, solo per assaggiare i vari tipi di ekiben. A metà degli anni '80 si stima che ogni giorno fossero consumati dodici milioni di pranzi pronti. Questa età dell'oro però terminò quando i viaggi aerei divennero popolari e l'introduzione di treni più veloci divenne più diffusa.
Dal 1987 al 2008, si è stimato un calo del 50% nel numero di produttori di ekiben, che ora sono proposti soprattutto come souvenir di specialità locali per i turisti grazie anche a confezioni accattivanti e particolari.
L'ekiben ha saputo quindi rinnovarsi ed adattarsi alla flessione della richiesta e al giorno d'oggi si possono comunque contare più di 4000 tipi di ekiben. Oltre al makunouchi-bento, che è l' ekiben standard disponibile in tutto il Giappone e in cui sono di solito presenti riso, pesce grigliato e sottaceti, esistono appunto gli ekiben regionali che offrono ai viaggiatori un'ampia varietà di piatti regionali unici di quella località.
Si va dal riso al polpo di Akashi ai frutti di mare dell'Hokkaido dal pollo di Akita Hinai all'anguilla di Tokyo dal salmone di Ishikari al maiale nero di Iwate dal manzo di Yonezawa alla lingua di bue di Sendai. Particolarissimo è il Masu No Sushi, amato dagli appassionati di storia: pare sia stato creato per la prima volta nel 1717 da Shinpachi Yoshimura! La ricetta prevede sushi pressato, fatto con salmone o trota e riso avvolto in foglie di bambù ed è poi consumato a fette come fosse una torta. Lo si trova solo presso la stazione di Toyama.
Altri ekiben famosi sono il kamameshi di Oginoya nella prefettura di Gunma, in cui gli ingredienti e il riso sono stufati in una ciotola di porcellana, lo shamoji-kakimeshi della prefettura di Hiroshima, in cui le ostriche fritte e il riso alle ostriche sono mescolati in un contenitore a forma di cucchiaio, per non parlare degli ekiben i cui contenitori sono a forma di daruma, di pupazzi di neve o di granchi.
Esistono persino gli ekiben autoriscaldanti come il Tan Ton Bento di Sendai: tirando una cordicella si avvia una reazione chimica che sprigiona calore in un sacchetto sotto la scatola. La confezione quindi si riscalda e in cinque minuti il pasto è pronto per essere consumato.
È pratica comune per i giapponesi abbinare l'ekiben al tè. Se oggi il tè si trova senza problemi in bottiglie di plastica o in lattina, durante l'era Meiji-Taisho (1868-1926) il tè era venduto in bottiglie di vetro oppure nelle teiere di Shigaraki, conosciute anche come kisha dobin (teiere usate sui treni) con il coperchio fatto apposta per essere usato come tazza. I prodotti in ceramica e vetro sono stati gradualmente eliminati a causa della loro fragilità e pesantezza, ma al giorno d'oggi possono ancora essere acquistati come souvenir in diverse aree, come nella stazione di Kobuchizawa nella prefettura di Yamanashi.
E voi? Avete mai mangiato un ekiben? Vi piacerebbe provarlo? Ditelo nei commenti!
Fonte consultata:
TsunaguJapan