Recensione
Sankarea
8.0/10
A partire almeno dall'Apocalisse di Giovanni, la suggestione del ritorno dalla morte resuscitando i corpi originari è sempre stata più o meno presente in tutta la letteratura mondiale. Passando per Shelley e Stoker, il tema ha avuto uno dei suoi sviluppi più interessanti con l'avvento del cinema e, nello specifico, ha raggiunto la massima notorietà nella figura dello zombie. In questo senso, il punto di volta si è avuta nel 1968 ad opera di George A. Romero con il suo "La notte dei morti viventi", film con il quale si dimostrò pioniere e creatore di un nuovo sottogenere cinematografico dell'horror. Avvenne così che questa nuova creatura entrò a far parte del prestigioso pantheon dei Mostri, conquistando con il tempo una sempre maggiore notorietà la cui crescita non sembra essersi ancora arrestata.
Poco dopo la nascita, grazie alle sue frequenti apparizioni su vari mezzi (cinema, tv, fumetti, videogiochi), la figura dello zombie divenne presto ben consolidata e poterono così iniziare a sorgere diverse variazioni sul tema: la loro origine fu imputata a vari virus, furono resi veloci, mutanti, senzienti e a volte persino intelligenti. C'è stato chi però ha tentato di innovare ulteriormente, estirpando la creatura dal contesto che la rese celebre e inserendola in generi nuovi, come il thriller, il dramma e la commedia; a tal proposito sarebbe scorretto non citare almeno il buon "L'alba dei morti dementi" (titolo adattato in modo scellerato), uno zombie-movie dichiaratamente comico. È proprio lungo questo cammino di destrutturazione che si inserisce "Sankarea", un anime zombie romantico. E basterebbe forse constatare tale coraggio nel tentare di rinnovare un genere apparentemente saturo per decidere di premiare a priori questo prodotto, ma l'ammirazione diventa sorpresa ed entusiasmo quando ci si accorge che l'operazione è anche deliziosamente riuscita.
Chiharu Furuya è un giovane di sedici anni orfano di madre che condivide con la cugina, di lui segretamente innamorata, la passione per gli zombie: la sua camera è tappezzata di poster e gadget a tema, ha una conoscenza enciclopedica dei film di genere e sogna, in modo un po' morboso, di potere un giorno trovarsi una fidanzata zombie. La morte improvvisa del gatto domestico lo spinge a tentare di sintetizzare una pozione che lo resusciti, traendo le formule da un antico quaderno appartenuto ai suoi antenati. La sua vita andrà poi ad intrecciarsi in modo fatale ma romantico con quella della bella Rea, ricca e infelice coetanea vittima dell'ingerenza del padre.
Tralasciando lo spunto iniziale, la trama non si mostra poi molto originale e non tanto nello svolgimento dell'azione, quanto negli sviluppi piuttosto ovvi specialmente nella prima parte, anche se la serie nel suo complesso non si fa mancare qualche colpo di scena. In realtà poco importa, poiché la vera forza della narrazione e di tutto quanto l'anime consiste in realtà nei personaggi: sono per la maggior parte bene o molto bene caratterizzati, dal protagonista a sua sorella minore, dalla madre di Rea (cui è dedicato un intero episodio) al nonno di Furuya (relegato a un ruolo comico ristretto ma irresistibile), fino ad arrivare alla stessa dolcissima Rea, per cui è impossibile non provare tenerezza e simpatia.
Lo svolgimento si costituisce perciò delle interazioni fra queste maschere perfette, nel concatenarsi di situazioni divertenti, talvolta esilaranti, alternate da alcuni grossi flashback, ampie digressioni dedicate a specifici personaggi e almeno un paio di eventi chiave catalizzatori dell'azione. L'anime scorre così per dodici episodi con una leggerezza straordinaria e piacevolissima, fino a un finale in sospeso (lo sviluppo è appena accennato, lasciando spazio a nuove stagioni) purtroppo appesantito da un frettoloso cliffhanger di cui non si sentiva proprio il bisogno.
A una cura degli elementi macroscopici - personaggi e sceneggiatura -, si associa un'altrettanta attenzione per i dettagli, dal tratto grafico pulito, alle buone opening ed ending, al gioco di rimandi nelle inquadrature (che, una volta individuato, diventa però ridondante), fino al design degli abiti indossati da Rea.
Pregi a parte, vero è anche che gli zombie presenti si discostano drasticamente dall'iconografia tradizionale, mantenendone solo gli elementi minimi e fondamentali. Ciò che invece stona maggiormente è la presenza, a tratti davvero massiccia, di un fanservice perlopiù inspiegabile. Questo aspetto in particolare non solo non risulta gradito, ma lascia lo spettatore, più che perplesso, deluso da tale caduta di stile. Oltre che essere infatti gratuito, ma il fanservice lo è spesso, esso stride in modo evidente con tutto il tono della serie, essendo relegato a un solo personaggio e a situazioni brevi, chiuse e di solito autoconclusive.
Tralasciando questi difetti puntuali, il limite più diffuso dell'opera è probabilmente la stessa leggerezza che lo contraddistingue, il suo scorrere in superficie in modo immediato e semplice. In questo senso si valutino le aspettative del singolo spettatore. Alla maggior parte sarà però sufficiente iniziare la serie perché ci si accorga che è già inaspettatamente passata, lasciando un senso di freschezza (la stessa sulla pelle di una fidanzata zombie) e la voglia di averne ancora.
Poco dopo la nascita, grazie alle sue frequenti apparizioni su vari mezzi (cinema, tv, fumetti, videogiochi), la figura dello zombie divenne presto ben consolidata e poterono così iniziare a sorgere diverse variazioni sul tema: la loro origine fu imputata a vari virus, furono resi veloci, mutanti, senzienti e a volte persino intelligenti. C'è stato chi però ha tentato di innovare ulteriormente, estirpando la creatura dal contesto che la rese celebre e inserendola in generi nuovi, come il thriller, il dramma e la commedia; a tal proposito sarebbe scorretto non citare almeno il buon "L'alba dei morti dementi" (titolo adattato in modo scellerato), uno zombie-movie dichiaratamente comico. È proprio lungo questo cammino di destrutturazione che si inserisce "Sankarea", un anime zombie romantico. E basterebbe forse constatare tale coraggio nel tentare di rinnovare un genere apparentemente saturo per decidere di premiare a priori questo prodotto, ma l'ammirazione diventa sorpresa ed entusiasmo quando ci si accorge che l'operazione è anche deliziosamente riuscita.
Chiharu Furuya è un giovane di sedici anni orfano di madre che condivide con la cugina, di lui segretamente innamorata, la passione per gli zombie: la sua camera è tappezzata di poster e gadget a tema, ha una conoscenza enciclopedica dei film di genere e sogna, in modo un po' morboso, di potere un giorno trovarsi una fidanzata zombie. La morte improvvisa del gatto domestico lo spinge a tentare di sintetizzare una pozione che lo resusciti, traendo le formule da un antico quaderno appartenuto ai suoi antenati. La sua vita andrà poi ad intrecciarsi in modo fatale ma romantico con quella della bella Rea, ricca e infelice coetanea vittima dell'ingerenza del padre.
Tralasciando lo spunto iniziale, la trama non si mostra poi molto originale e non tanto nello svolgimento dell'azione, quanto negli sviluppi piuttosto ovvi specialmente nella prima parte, anche se la serie nel suo complesso non si fa mancare qualche colpo di scena. In realtà poco importa, poiché la vera forza della narrazione e di tutto quanto l'anime consiste in realtà nei personaggi: sono per la maggior parte bene o molto bene caratterizzati, dal protagonista a sua sorella minore, dalla madre di Rea (cui è dedicato un intero episodio) al nonno di Furuya (relegato a un ruolo comico ristretto ma irresistibile), fino ad arrivare alla stessa dolcissima Rea, per cui è impossibile non provare tenerezza e simpatia.
Lo svolgimento si costituisce perciò delle interazioni fra queste maschere perfette, nel concatenarsi di situazioni divertenti, talvolta esilaranti, alternate da alcuni grossi flashback, ampie digressioni dedicate a specifici personaggi e almeno un paio di eventi chiave catalizzatori dell'azione. L'anime scorre così per dodici episodi con una leggerezza straordinaria e piacevolissima, fino a un finale in sospeso (lo sviluppo è appena accennato, lasciando spazio a nuove stagioni) purtroppo appesantito da un frettoloso cliffhanger di cui non si sentiva proprio il bisogno.
A una cura degli elementi macroscopici - personaggi e sceneggiatura -, si associa un'altrettanta attenzione per i dettagli, dal tratto grafico pulito, alle buone opening ed ending, al gioco di rimandi nelle inquadrature (che, una volta individuato, diventa però ridondante), fino al design degli abiti indossati da Rea.
Pregi a parte, vero è anche che gli zombie presenti si discostano drasticamente dall'iconografia tradizionale, mantenendone solo gli elementi minimi e fondamentali. Ciò che invece stona maggiormente è la presenza, a tratti davvero massiccia, di un fanservice perlopiù inspiegabile. Questo aspetto in particolare non solo non risulta gradito, ma lascia lo spettatore, più che perplesso, deluso da tale caduta di stile. Oltre che essere infatti gratuito, ma il fanservice lo è spesso, esso stride in modo evidente con tutto il tono della serie, essendo relegato a un solo personaggio e a situazioni brevi, chiuse e di solito autoconclusive.
Tralasciando questi difetti puntuali, il limite più diffuso dell'opera è probabilmente la stessa leggerezza che lo contraddistingue, il suo scorrere in superficie in modo immediato e semplice. In questo senso si valutino le aspettative del singolo spettatore. Alla maggior parte sarà però sufficiente iniziare la serie perché ci si accorga che è già inaspettatamente passata, lasciando un senso di freschezza (la stessa sulla pelle di una fidanzata zombie) e la voglia di averne ancora.