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"The World God Only Knows" è un anime del 2010 tratto dai primi archi narrativi dell'omonimo manga di Tamiki Wakaki, serializzato in patria su Weekly Shonen Sunday ed edito in Italia dalla Star Comics.

Prima di iniziare, terrei a fare una piccola premessa sul genere e sull'apprezzamento soggettivo dell'anime. Credo infatti che, dati i target dell'opera, il prodotto non possa essere valorizzato appieno in nessuna parte della Terra eccetto il Giappone. Il perché? Esso tratta di temi profondamente radicati nella società contemporanea giapponese, vicinissimi alla sua quotidianità e a quella dei suoi abitanti. I galge, oggetto fulcro dell'anime, di cui il protagonista è un appassionato ossessivo, sono giochi di simulazione venduti principalmente in Giappone, la cui influenza ha causato non pochi problemi sociali (la lampante diffusione dei NEET o degli otaku maniaci). Essendo il nostro emisfero una realtà poco succube all'influenza di questi prodotti, credo francamente che la visione di quest'anime da parte di chi non sia completamente immerso nella società giapponese odierna sia poco efficace, in quanto non genera in noi i "link mentali", come direbbe la mia professoressa di greco, che genererebbe nella testa di un ragazzo nipponico. Pertanto la nostra opinione, e prendo in primo luogo la mia soggettiva, non può non essere parziale o molto lontana dalla loro. Un po' come se un americano recensisse un buonissimo piatto di spaghetti, ecco: potrebbe esaltarli all'infinito, ma la sua opinione non sarebbe mai valida come la nostra, perché ne ha sempre mangiati pochi, e sicuramente di scarsa bontà.
Vi dico quindi che il mio 6 è stato dato, oltre che per la carenza nel reparto grafico e registico, anche per il ridotto target a cui quest'opera è indirizzata, che di sicuro non le regalerà mai una così ampia diffusione come quella di "One Piece".

Comunque, la trama è molto, molto originale, come non ne vedevo da tanto tempo. L'autore (anche se in questo caso sarebbe più corretto parlare di sceneggiatore) è riuscito a unire in maniera magistrale un argomento di rilevante importanza nel mondo giapponese con elementi soprannaturali tipici del genere shonen, creando qualcosa di grande impatto che, se solo fosse sviluppato meglio dalla regia, avrebbe potuto meritare qualche voto in più.
Keima è un liceale otaku, che vive nella sua realtà popolata da ragazze virtuali e scenari romantici: i gal-games, giochi di simulazione di appuntamenti. Li ama tanto quanto disprezza il mondo reale e tutte le ragazze che lo abitano. Nel suo universo elettronico è un vero esperto della conquista, tanto da meritarsi il titolo di Dio; e sarà a causa di questo titolo che un piccolo demone, chiamato Elsie, lo cercherà chiedendogli di conquistare ragazze reali per liberarle dai demoni malvagi che ne prendono il controllo, rendendole malinconiche e tristi. Inizierà così, proprio come in un galge, una sequenza di archi narrativi, di "route", in cui Keima si troverà a conquistare una ragazza diversa in una diversa situazione. Conosceremo così una tipica tsundere frustrata, una timida bibliotecaria chiusa in sé stessa, una idol piena di sogni e paure.

Per quanto la trama sia accattivante e susciti interesse, non lo sono tutte le altre componenti dell'anime, che, a mio giudizio, l'hanno letteralmente rovinato. La grafica è irritante, piena di colori accesi e sfondi stilizzati: a vederlo, non si direbbe che è stato realizzato nel 2010, ma almeno cinque o sei anni prima. La regia pure è pessima: sviluppi lenti e soporiferi, che hanno raggiunto l'apice nell'ultimo arco, dove, tra scene di una lunghezza esasperante e una bibliotecaria lenta di comprendonio, mi hanno quasi fatta addormentare. Il doppiaggio giapponese è di qualità basilare, senza infamia e senza lode. Le tracks praticamente inesistenti: unica nota di merito era il main theme della opening, una canzone molto particolare, la cui introduzione è stata utilizzata in varie scene in maniera indovinata.

Giudizio finale? Un anime originale, che aveva delle potenzialità, ma che è stato rovinato da un pessimo sviluppo. La visione non è consigliata a tutti per i motivi spiegati nell'introduzione: se non avete almeno un minimo di affinità con la cultura moderna giapponese, dubito che vi possa piacere; ma anche se ce l'avete, come nel caso della sottoscritta, il divertimento non è per nulla assicurato.