Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime The Tatami Galaxy, KikumanaThe World God Only Knows II.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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"Ai tempi del liceo non partecipavo ad alcuna attività di club e passavo tutto il mio tempo libero insieme a un gruppo di altri fannulloni come me. Ma ora ero uno studente nuovo di zecca al primo anno d'università e infinite porte per il mistico tesoro chiamato la rosea vita del campus erano aperte di fronte a me. Attorniato da miriadi di fanciulle dai capelli corvini darò il via al mio rally dell'amore".

Il cambiamento. Il dare una scossa alla propria vita rincorrendo obiettivi ambiziosi. Sono questi dei desideri che in molti hanno provato nel corso della propria vita, specie in concomitanza con eventi particolari come può essere proprio l'ingresso nel mondo universitario. Proprio per questo le parole di Watashi, il protagonista di questo "The Tatamy Galaxy", seppur legate a un contesto geografico e culturale diverso dal nostro, non ci appaiono come astruse o lontane, ma fanno parte, in qualche modo, anche della nostra memoria; per questo, fraternizzare con un personaggio che, nonostante le sue stranezze, è così simile a noi risulta maledettamente facile.
Il passo propedeutico al cambiamento è la scelta: per Watashi l'entrare a far parte di un club è la panacea di tutti i suoi mali e gli consentirà di abbandonare il suo stile di vita ordinario e troppo avaro di soddisfazioni; ma perché questo possa accadere è anche necessario che riesca a scegliere quello giusto fra i tanti disponibili. Un errore lo porterebbe, infatti, a "sprecare anni preziosi della sua vita", e sa di non poterselo permettere.
Ma in un mondo che dà una sola possibilità a fronte di una moltitudine di scelte possibili sarebbe conveniente avere la possibilità di riavvolgere il nastro e cambiare quelle decisioni che si sono rivelate errate: ed è proprio questo il tema portante di "The Tatamy Galaxy". Alla fine di ogni episodio, infatti, Watashi viene riportato al punto di partenza, e lo spettatore osserva le conseguenze che avrebbe avuto sulla vita del ragazzo una scelta diversa. Sia chiaro, Watashi non ha nessun potere magico che gli consente di viaggiare nel tempo; quella proposta dall'anime, piuttosto, è una serie di universi paralleli che si alternano di volta in volta e che, allo stesso tempo, sembrano concatenati l'uno all'altro.

Ed è qui che emerge una concezione della vita decisamente fatalista dell'autore, in quanto il protagonista non riuscirà mai a migliorare la sua condizione, indipendentemente dalla scelta che pone in essere; anzi, il suo amico Ozu gli ripete quasi ogni volta che "alla fine qualunque strada avessi scelto saresti finito lo stesso in questa situazione". Watashi è, fondamentalmente, un inetto che aspira alla resurrezione, ma che si pone obiettivi irraggiungibili; in questo modo, da un lato non si accorge che "non esiste nessuna rosea vita del campus", e dall'altro perde di vista quella "opportunità che ha sempre davanti agli occhi". E ovviamente, come fanno gli inetti, non attribuisce mai la responsabilità dei suoi insuccessi al suo modo di pensare ma a qualcos'altro o, più frequentemente, a qualcun altro: "Ero sicuro che la principale causa del mio fallimento fosse stata l'incontro con Ozu", ama ripetere in quasi ogni episodio.
La conclusione morale a cui arriva questa impostazione fatalista è quella classica: per inseguire qualche scampolo di felicità bisogna accettare la propria natura e la propria condizione, prendendo consapevolezza del fatto che non si può diventare diversi da ciò che si è. Da questo punto di vista vedrei benissimo questo "The Tatamy Galaxy" nel "ciclo dei vinti" di verghiana memoria; e, sebbene non abbia mai amato questa concezione della vita, non posso che ammettere che essa ha più di un fondamento di verità.

Non mi resta che concludere questa recensione esprimendo tutta la mia ammirazione per un'opera che definirei monumentale. In genere questo aggettivo viene usato in riferimento al budget stanziato o per gli effetti speciali utilizzati; sono orgoglioso di poterlo utilizzare, una volta tanto, in riferimento alle idee e al contenuto.



6.0/10
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"Kikumana" è un particolare cortometraggio della durata di soli sei minuti, nel quale Yasuhiro Yoshiura cerca, e riesce con discreto successo, di avvolgere lo spettatore in un mondo triste, dalle tonalità cupe e dall'atmosfera pesante.

La protagonista è una ragazza che cerca in qualche modo di analizzare questo mondo completamente in bianco e nero, ma che finisce per perdersi nella sua follia. Il tutto è filtrato attraverso i suoi occhi, ed è proprio questo fattore che rende la visione ancora più confusa e di difficile comprensione. L'autore in questi brevi minuti tenta di suscitare sensazioni di solitudine e d'inquietudine, senza inserire un particolare messaggio di fondo; di significati a tale opera se ne possono attribuire diversi, ma si limitano tutti a semplici supposizioni, in quanto di esplicito e ricercato non vi è proprio nulla.

Ciò che rende quest'opera tutto sommato interessante è quindi essenzialmente il comparto tecnico. La regia in primo luogo è superba, e gioca un ruolo fondamentale nel confondere lo spettatore. Il comparto tecnico non è certamente di alto livello, ma i giochi d'ombra funzionano perfettamente, e la scarsa qualità dei dettagli non fa altro che enfatizzare maggiormente i pregi precedentemente elencati. Ancora di maggior impatto è il comparto sonoro, che attraverso una serie di silenzi e di inquietanti suoni meccanici dona quel tocco in più all'opera.

In conclusione, un corto decisamente interessante di cui consiglio la visione. Un'opera discreta, ma troppo breve perché il suo voto si innalzi al di sopra della sufficienza.



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Come annunciato già nell'ultima puntata della prima serie, ecco che arriva anche la seconda stagione di "Kami nomi zo Shiru Sekai", "The World God Only Knows". L'impostazione è la stessa di prima, ovvero una commedia sentimentale/scolastica, che lascia molto spazio al fattore harem e a quello soprannaturale.
Di fatto non cambia molto rispetto al passato, ma, allo stesso tempo, i vecchi elementi vengono rivisti ed esaltati in tutte le loro particolarità. Keima è ancora ossessionato dai videogiochi, Elucia non abbandona il suo fianco, pretendendo in continuazione nuove anime per la propria caccia. E ovviamente il nostro protagonista è costretto (per mantenere ben salda la testa sul collo) ad aiutarla in questa cerca.

Nuova serie e, ovviamente, nuove fanciulle. Tra tutte risalta una ragazza che era già presente nella prima serie, ma, per una ragione o per l'altra, non era mai riuscita a risplendere del tutto: Chihiro Kosaka. Non particolarmente bella, ma energica e divertente. Una ragazza normalissima che, come non smetterà di precisare lo stesso Keima, non sembra avere nemmeno le caratteristiche adeguate per poter assurgere al ruolo di protagonista. Ma cosa succederà allora quando tale comparsa deciderà di emergere dall'oblio dei personaggi secondari?
Un'altra vicenda interessante è la comparsa di Haqua, un altro demone addetto alle catture. Tuttavia, a differenza di Elucia, questa sembra essere molto più dotata in quanto ad abilità magiche. A scuola era la prima della classe, una stella pronta a risplendere nel firmamento dei giovani cacciatori di demoni. Ma sarà ancora così? Qualcosa sembra andar storto nella sua vita e, ancora una volta, toccherà a Keima raddrizzare il tutto... almeno in parte. Di fatto è la prima fanciulla che si rapporta con il nostro protagonista, senza essere impossessata da qualche anima malefica.

Come nella prima stagione, anche in questo caso si può notare un'attenta analisi psicologica dei vari personaggi. Keima non cambia molto (anzi, non ha proprio intenzione di cambiare), ma lo stesso non si potrà dire delle varie ragazze che incontrerà. Tuttavia, in questa occasione, si ritroverà a che fare con ragazze piuttosto problematiche, non solo per i problemi che mostreranno, ma anche per quelli che causeranno a Keima stesso.
Kasuga Kusunoki, la fortissima e spaventosa esperta di arti marziali, può essere ancora considerata "normale", ma per quanto riguarda Chihiro e, successivamente, la giovane tirocinante Nagase... c'è qualcosa di strano. Cosa? Riguardo Chihiro, Keima non aveva alcuna intenzione di conquistarla, mentre, per la dolce insegnante, il giovane eroe sembra avere per la prima volta un cedimento di cuore. Nagase lo prenderà alla sprovvista e, per certi versi, è anche bello vedere questo ribaltamento di ruoli.

La grafica migliora leggermente rispetto alla prima serie, ma i disegni non variano. Una attenta cura è riservata alla scelta delle musiche, che arricchiscono ancor di più una vicenda a dir poco elettrizzante. Il doppiaggio è buono e la scelta delle voci è a dir poco eccellente. Bene anche la regia, che è stata in grado di articolare in modo lineare e ordinato una storia tutt'altro che ordinaria.

Bella, divertente e, alle volte, spregiudicata, questa commedia sentimentale, che sentimentale non è del tutto, colpisce per i sentimenti espressi e per le tematiche sollevate. Un harem atipico, in cui il protagonista, seppur mietitore di donne, non è circondato come al solito da fanciulle, anzi...
Inoltre Keima non raccoglie ragazze dagli alberi, ma cerca in tutti i modi di farle innamorare di sé. A differenza dei classici protagonisti imbarazzati e titubanti (quasi fossero bambini), Keima mostra un lato maturo (anche se finto), che lo porterà a conquistare il cuore di molteplici fanciulle.
Al termine della serie non ho potuto trattenere un singulto di tristezza per la conclusione di un'opera degna di nota. Ma niente paura, perché, oltre al manga, è stata già realizzata una terza stagione, oltre a numerosi OAV, che ci permetteranno di vivere ancora le avventure di Keima ed Elucia.

Voto finale: 8 meno