Recensione
I Racconti di Terramare
7.0/10
I racconti di Terramare è un film d'animazione del 2007 diretto da Goro Miyazaki, figlio del più celebre Hayao, qui alla sua prima esperienza registica, ovviamente insieme allo staff dello Studio Ghibli. Il film è tratto dal ciclo di romanzi fantasy di Ursula K. Le Guin, che non ho letto e quindi non rappresentano per me un termine di paragone nello scrivere questa recensione.
La storia è ambientata in un arcipelago medievaleggiante, dove la pace sembra vacillare quando, dopo la ricomparsa dei draghi, iniziano a manifestarsi pestilenze che uccidono bestie e uomini. Arren, figlio del re, compie un terribile misfatto e fugge da palazzo. Lungo la via fa la conoscenza di Ged, detto Sparviere, un mago, che lo prende sotto la sua protezione. Inizia quindi l'avventura dei nostri due protagonisti, che dovranno vedersela con un altro potete e oscuro mago, Aracne.
La vicenda presentataci è tradizionale e interessante allo stesso tempo, col pregio - a mio gusto - di non essere eccessivamente "fantasy". Sì, c'è la magia e ci sono i draghi, ma l'ambientazione è comunque verisimile e realistica. Il film forse procede un po' troppo lentamente nella prima parte, presentandoci vari elementi di ambientazione che risultano fini a se stessi, se consideriamo che poi debba accelerare nella seconda metà per spiegarci fatti ed elementi necessari alla comprensione della storia.
La sceneggiatura è dunque il grosso difetto di quest'opera. Da quello che ho letto il film è una riscrittura che prende decisamente le distanze dai libri (dove d'altra parte è trattato un periodo molto più ampio); tuttavia, nonostante questo, a tratti sembra che continui a dipenderne. Ci sono alcuni elementi che vengono accennati ma di cui lo spettatore, che non ha letto il libro, ha una visione alquanto parziale. Per esempio, la questione iniziale della comparsa dei draghi e dell'arrivo della pestilenza viene dimenticata non appena la vicenda si sposta sulla storia di Arren e di Ged. Che senso ha averla introdotta se poi non ha nessuna utilità per lo sviluppo del film?
Continuando con i difetti di sceneggiatura: sono arrivato tranquillamente a capire che in questo mondo magico conoscere il "vero nome" di una persona significa poterne prendere il controllo, ma cosa esattamente sia questo sistema del "vero nome" non l'ho inteso (come e chi lo decide qual è il vero nome di una persona? E il "nome d'uso" invece? Per esempio a palazzo le ancelle, il re e la regina parlano del principe usando già Arren, il nome d'uso, e non il suo vero nome, Labannen. Ma quindi da dove viene fuori questo nome?). Altra questione che non viene troppo approfondita è quella dell'ombra. D'accordo, non ci vuole un genio per capire che si tratta della manifestazione delle insicurezze di una persona, una sorta di lato oscuro, ma il modo in cui viene presentata è un po' artefatto, a mo' di deus ex machina che arriva alla fine per risolvere la situazione dall'alto.
Sarebbe stato più interessante che il tema del doppio (e della colpa) venisse sviscerato con più gusto, dando più attenzione alla caratterizzazione del personaggio e mettendolo in maniera più matura (e drammatica) in relazione all'evento tragico che dà il la alla vicenda. La caratterizzazione dei personaggi è, infatti, se vogliamo, un altro dei difetti derivanti dalla sceneggiatura. Sono caratteri chiari, ben identificabili, ma il grado di approfondimento delle loro personalità può funzionare per una fiaba, visto che sono tagliati con l'accetta, non per una storia che sembrerebbe avere dei risvolti più seri. A me non dispiacciono gli stereotipi se ben utilizzati, ma devono essere calibrati al target di riferimento dell'opera. E I racconti di Terramare mi sembra che non voglia decisamente essere un film per bambini. A tratti, ho avuto l'impressione che per Goro Miyazaki sarebbe stato meglio cominciare con una storia fiabesca semplice e non con un fantasy che vorrebbe essere articolato.
Ho letto molti giudizi negativi sul comparto tecnico del film. Non ci saranno la visionarietà e la quantità di elementi che caratterizzano i film di Hayao Miyazaki, ma il film si difende ugualmente bene. Ho apprezzato molto il modo in cui sono stati mescolati alcuni stili medioevali, dalla classicità presente sotto forma di rovine a quello paleocristiano-bizantino per le città dell'arcipelago fino a quel misto di romanico e gotico per il castello di Aracne. Il tutto disegnato con gran gusto e in maniera adeguata allo svolgimento della vicenda. Ho apprezzato anche il character design così semplice e quasi nostalgico, che mi ha richiamato alla mente alcuni meisaku. La regia potrà forse essere tradizionale e "scontata", ma fa bene il suo lavoro, così come l'accompagnamento musicale. Ottimo il doppiaggio italiano, come al solito molto curato per i film dello Studio Ghibli.
In conclusione si tratta di un film gradevole, ben confezionato ma senza quel qualcosa di memorabile che lo renda particolarmente interessante. Sconta sicuramente il "peccato originale" di essere un prodotto relativamente buono all'interno di una tradizione di capolavori. Do come voto 7, anche se in realtà vorrebbe essere un 7 e mezzo.
La storia è ambientata in un arcipelago medievaleggiante, dove la pace sembra vacillare quando, dopo la ricomparsa dei draghi, iniziano a manifestarsi pestilenze che uccidono bestie e uomini. Arren, figlio del re, compie un terribile misfatto e fugge da palazzo. Lungo la via fa la conoscenza di Ged, detto Sparviere, un mago, che lo prende sotto la sua protezione. Inizia quindi l'avventura dei nostri due protagonisti, che dovranno vedersela con un altro potete e oscuro mago, Aracne.
La vicenda presentataci è tradizionale e interessante allo stesso tempo, col pregio - a mio gusto - di non essere eccessivamente "fantasy". Sì, c'è la magia e ci sono i draghi, ma l'ambientazione è comunque verisimile e realistica. Il film forse procede un po' troppo lentamente nella prima parte, presentandoci vari elementi di ambientazione che risultano fini a se stessi, se consideriamo che poi debba accelerare nella seconda metà per spiegarci fatti ed elementi necessari alla comprensione della storia.
La sceneggiatura è dunque il grosso difetto di quest'opera. Da quello che ho letto il film è una riscrittura che prende decisamente le distanze dai libri (dove d'altra parte è trattato un periodo molto più ampio); tuttavia, nonostante questo, a tratti sembra che continui a dipenderne. Ci sono alcuni elementi che vengono accennati ma di cui lo spettatore, che non ha letto il libro, ha una visione alquanto parziale. Per esempio, la questione iniziale della comparsa dei draghi e dell'arrivo della pestilenza viene dimenticata non appena la vicenda si sposta sulla storia di Arren e di Ged. Che senso ha averla introdotta se poi non ha nessuna utilità per lo sviluppo del film?
Continuando con i difetti di sceneggiatura: sono arrivato tranquillamente a capire che in questo mondo magico conoscere il "vero nome" di una persona significa poterne prendere il controllo, ma cosa esattamente sia questo sistema del "vero nome" non l'ho inteso (come e chi lo decide qual è il vero nome di una persona? E il "nome d'uso" invece? Per esempio a palazzo le ancelle, il re e la regina parlano del principe usando già Arren, il nome d'uso, e non il suo vero nome, Labannen. Ma quindi da dove viene fuori questo nome?). Altra questione che non viene troppo approfondita è quella dell'ombra. D'accordo, non ci vuole un genio per capire che si tratta della manifestazione delle insicurezze di una persona, una sorta di lato oscuro, ma il modo in cui viene presentata è un po' artefatto, a mo' di deus ex machina che arriva alla fine per risolvere la situazione dall'alto.
Sarebbe stato più interessante che il tema del doppio (e della colpa) venisse sviscerato con più gusto, dando più attenzione alla caratterizzazione del personaggio e mettendolo in maniera più matura (e drammatica) in relazione all'evento tragico che dà il la alla vicenda. La caratterizzazione dei personaggi è, infatti, se vogliamo, un altro dei difetti derivanti dalla sceneggiatura. Sono caratteri chiari, ben identificabili, ma il grado di approfondimento delle loro personalità può funzionare per una fiaba, visto che sono tagliati con l'accetta, non per una storia che sembrerebbe avere dei risvolti più seri. A me non dispiacciono gli stereotipi se ben utilizzati, ma devono essere calibrati al target di riferimento dell'opera. E I racconti di Terramare mi sembra che non voglia decisamente essere un film per bambini. A tratti, ho avuto l'impressione che per Goro Miyazaki sarebbe stato meglio cominciare con una storia fiabesca semplice e non con un fantasy che vorrebbe essere articolato.
Ho letto molti giudizi negativi sul comparto tecnico del film. Non ci saranno la visionarietà e la quantità di elementi che caratterizzano i film di Hayao Miyazaki, ma il film si difende ugualmente bene. Ho apprezzato molto il modo in cui sono stati mescolati alcuni stili medioevali, dalla classicità presente sotto forma di rovine a quello paleocristiano-bizantino per le città dell'arcipelago fino a quel misto di romanico e gotico per il castello di Aracne. Il tutto disegnato con gran gusto e in maniera adeguata allo svolgimento della vicenda. Ho apprezzato anche il character design così semplice e quasi nostalgico, che mi ha richiamato alla mente alcuni meisaku. La regia potrà forse essere tradizionale e "scontata", ma fa bene il suo lavoro, così come l'accompagnamento musicale. Ottimo il doppiaggio italiano, come al solito molto curato per i film dello Studio Ghibli.
In conclusione si tratta di un film gradevole, ben confezionato ma senza quel qualcosa di memorabile che lo renda particolarmente interessante. Sconta sicuramente il "peccato originale" di essere un prodotto relativamente buono all'interno di una tradizione di capolavori. Do come voto 7, anche se in realtà vorrebbe essere un 7 e mezzo.