logo AnimeClick.it

-

Immaginate: un bel giorno, all'ora di pranzo, vi viene portato un piatto che non avete mai assaggiato prima. La porzione è piuttosto piccola, ma forse questo non è un male, visto che non sapete se vi piacerà o meno. Provate a mangiare. Il gusto è strano, ancora non riuscite a capire se gradite quello che state mangiando. E quando finalmente arrivate ad una decisione... il piatto è finito. Ve lo avevo detto che era una porzione piccola, no? Però non vi siete goduti per niente il pasto. Questo è quello che è successo a me con i capitoli di “Fuguruma Memories”.

Il manga è un volume unico formato da storie autoconclusive. Il filo conduttore delle vicende narrate è lo studio fotografico chiamato – appunto - Fuguruma Memories, che si trova in una città abitata da personificazioni di oggetti abbandonati o non usati più dai loro padroni. Il negozio, gestito da Yoh, l'unico cittadino umano, e dalla bambola vivente Ian, ha la caratteristica di produrre fotografie tratte da ricordi o dalla proiezione di eventi futuri.
Il tempo di un volume unico è tiranno: su questo nessuno può farci niente, perciò posso capire che l'autrice si sia voluta soffermare su alcuni aspetti e non altri. Mi chiedo, però, in base a quale criterio abbia deciso su che cosa concentrarsi e su cosa no, visto che a mio parere ha dato troppa importanza a cose irrilevanti e viceversa.

L'ambientazione, ad esempio: è talmente particolare che fa porre parecchie domande al lettore. Come e quando è nato il Fuguruma? Perché Yoh vive in una città in cui teoricamente non potrebbe vivere e come ha incontrato Ian? In che modo è possibile produrre fotografie dal passato o dal futuro? La spiegazione di Kei Tome a tutti questi quesiti è: nessuna. Nei vari capitoli ci vengono forniti accenni qui e lì, ma niente di specifico. Non mi aspettavo certo un trattato, ma quantomeno che alcune di queste domande avessero una risposta. Invece in questo modo la storia non è in grado di stare in piedi, perché mancano dei tasselli fondamentali alla sua comprensione.

Vogliamo parlare invece delle storie effettivamente narrate? Va bene, ma non c'è molto da dire. Tanto per cominciare sono tutte uguali: durante i primi capitoli il gioco funziona, e c'è la curiosità di sapere i meccanismi dell'ambientazione (che, come vi ho già detto, non si sapranno mai), ma dopo ci si accorge che gli eventi sono sono sempre gli stessi, sempre uguali, sempre nella stessa sequenza. Si potrebbe addirittura fare un elenco degli avvenimenti standard e temo che si scoprirebbero inquietanti corrispondenze. L'unica cosa che cambia da una storia all'altra è il finale.

Le storie sono tutte uguali, quindi. Pazienza, capita. Fosse solo quello il problema. I capitoli durano infatti pochissimo, tempo di abituarsi all'atmosfera dell'episodio e la sua storia che tutto finisce. Verrebbe quasi da citare una vecchia pubblicità: “Già fatto?”. Peccato che lo spot il suo scopo lo raggiungesse senza problemi, mentre lo stesso non si può dire di “Fuguruma Memories”. Finita la lettura – sia del singolo capitolo che del volume intero – non rimane assolutamente niente, a parte quel senso di insoddisfazione che attanaglia l'intera lettura. Non ha neanche senso parlare di introspezione psicologica, perché tutti i tentativi di caratterizzare i personaggi vengono vanificati da quel ritmo forsennato. Capisco che si tratti di un volume unico, però...

L'unica cosa positiva di questo manga è il disegno di Kei Tome. Il tratto non è il massimo della personalità, però è morbido, gradevole e ben proporzionato. Inoltre, la mangaka è in grado di riprodurre diverse espressioni, cosa non da poco. L'uso dei colori poi è semplicemente favoloso, molto riposante e naturale. Le tavole guadagnano tantissimo dalla colorazione: ed anche questo non è scontato, anzi. Peccato solo che, elencando dei buoni motivi per leggere “Fuguruma Memories”, ci sia solo questo. E che manga è uno di cui puoi guardare i disegni e basta?