Recensione
Ayako (Riyoko Ikeda)
7.0/10
Ayako è un manga di due volumetti pubblicato in patria tra il 1979 e il 1980. La storia è di Etsuko Ikeda, mentre i disegni sono affidati a Riyoko Ikeda (no, pare non siano parenti), la famosa e apprezzata autrice di Versailles no bara ('Lady Oscar'). In Italia è stato pubblicato da Goen tra il 2013 e il 2014 in un'edizione abbastanza curata, con una buona rilegatura e sovraccoperta, al prezzo di € 5,95 a volume.
La storia inizia con i tremendi e angoscianti pensieri di una criminale - divenuta tale a causa di una vita condotta sempre in miseria e negli ambienti più torbidi - ormai in prigione e prossima ad essere giustiziata. Il risentimento della donna attrae un demonio, che si manifesta sotto le sembianze di una chimera e si accoppia con la galeotta. Quest'ultima, rimasta incinta, riesce a far rimandare la sua condanna e, con un abile stratagemma, riesce poco prima di spirare a sostituire la propria figlia con quella di una coppia di aristocratici. Passano dodici anni e i nobili e felici coniugi Fumoto festeggiano il compleanno della loro unica figlia ed erede, Ayako. La bambina, bellissima ed amata, vive la sua vita come in un sogno, fino a quando l'ambizioso medico di famiglia non porta a galla la verità: Ayako non è nient'altro che la figlia di una condannata a morte! Da quel momento la ragazzina dovrà far di tutto per sopravvivere, visto che i suoi genitori, ormai disgustati da lei, tenteranno in ogni modo di farla morire. Ma dietro le quinte di questo scenario crudelmente borghese sembra che da un momento all'altro debba riemergere anche il mistero della nascita demoniaca della protagonista...
Come si può intuire dall'incipit della vicenda qui riassunto, Ayako è una storia con uno sfondo gotico, anche se nel corso della vicenda l'origine demoniaca e soprannaturale della protagonista diventa soltanto il pretesto per dare il la ai vari accadimenti che la coinvolgono e tentano sempre, o quasi, di minare alla sua vita. I toni gotici e oscuri dominano quindi l'intera vicenda ma senza che poi in realtà si manifestino in un qualche elemento davvero fantastico: salvo la demoniaca concezione di Ayako, tutto quello a cui assistiamo è una cupa e drammatica storia dai risvolti reali (seppur altamente improbabili!). Tutto è tristemente e miseramente basato sulla cattiveria degli uomini, in primis dei genitori adottivi di Ayako, che senza pensarci due volte, una volta scoperta la verità, decidono di sbarazzarsi della ragazza. Altra figura di spicco all'interno del manga è Ogata, il medico di famiglia, che agisce mosso esclusivamente dall'ambizione e dall'avidità. Nel corso della vicenda - che procede a capitoli episodici tra di loro separati - faranno poi la comparsa diversi personaggi, che per un motivo o per un altro avranno a che fare in maniera drammatica con la protagonista.
Ayako, la nostra antieroina, è senz'altro il punto forte del manga. È una protagonista insolita, che per alcuni versi mi ha ricordato uno dei personaggi più belli di Riyoko Ikeda, la perfida e astuta Jeanne Valois de la Motte. Come Jeanne, anche Ayako si ritrova a dover lottare in un mondo crudele per sopravvivere, dovendo rispondere al male con il male. Il detto dice "far di necessità virtù": è esattamente quello che fa la protagonista, pur con un concetto tutto particolare di virtù! Ayako, oltre a proteggere se stessa, si ritrova in un certo senso - lei, figlia di una condannata a morte - a dispensare giustizia: una giustizia spietata e cinica ma necessitata. Non si può quindi dire che Ayako, pur commettendo azioni spesso crudeli, agisca cercando il male: la sua lotta contro la crudeltà di questo mondo brutale ne fa dunque quasi un insolito 'vaso di virtù' (come accennavo prima). Infatti, capiterà spesso che Riyoko Ikeda si soffermi a disegnare i bellissimi primi piani del volto malinconico di Ayako, subito dopo che quest'ultima ha dovuto commettere qualcosa di tremendo per difendere se stessa o ristabilire un cinico equilibrio.
Se la protagonista risulta affascinante e ben caratterizzata, lo stesso non si può dire per la vicenda generale e per buona parte degli altri personaggi. Escludendo i personaggi 'da episodio', che svolgono in maniera relativamente dignitosa il loro ruolo all'interno delle proprie storie autoconclusive, sono proprio i comprimari/antagonisti a fare acqua da tutte le parti. Passi il dottore mosso dall'ambizione di far soldi e carriera alle spalle della ragazzina di cui si è sempre preso cura, ma che i genitori di Ayako, un momento prima descritti e mostrati come del tutto innamorati della loro perfettissima figlia, diventino in quattro e quattr'otto degli spietati assassini è piuttosto risibile. Si tratta senz'altro della più grossa forzatura all'interno della vicenda, decisamente troppo esagerata e repentina, pur all'interno di un contesto da shoujo manga tradizionale (quindi con tutto il melodramma e i toni caricati e saturi tipici del periodo).
Un altro elemento che stona un po' è l'ambientazione troppo anacronistica. Per una buona metà del primo volume, visti gli abiti, le scenografie e lo stile di vita dei personaggi, pensavo che tutto fosse ambientato intorno agli anni Trenta: di punto in bianco, però, non appena si esce dalla sfera familiare di Ayako, si scopre che invece la storia è ambientata proprio alla fine degli Settanta (con tanto di poster degli ABBA in un negozio di musica!). Le autrici degli shoujo manga di quel periodo ci hanno abituato a qualche forzatura in tal senso, basti pensare a Caro fratello della stessa Riyoko Ikeda o a Jenny la tennista di Fukika Yamamoto, dove compaiono ragazze dai modi aristocratici, con vaporosi boccoli biondi "à la Marie-Antoinette" e abiti pieni di fronzoli. In Ayako il particolare equilibro di questi vecchi shoujo manga, che si districavano tra un'ambientazione pienamente settantina e i citati elementi grafici giustificati puramente da un punto di vista estetico, sembra venire completamente meno, causando uno strano anacronismo onnipresente in tutto lo svolgimento. A tratti forse si potrebbe giustificare la presenza di elementi addirittura ottocenteschi a causa del tono gotico di certi episodi, ma nel complesso la cosa sembra sfuggire di mano alle autrici. Anacronismo a parte, è dovuto l'elogio al comparto grafico: l'Ikeda disegna questo manga nel momento in cui - essendo ancora in corso la serializzazione de La finestra di Orpheus - il suo stile grafico muta dagli stilemi prettamente classici del manga per ragazze anni Settanta a una rielaborazione del tutto personale, caratterizzata da una maggior rigidità e spigolosità dei visi ma anche e soprattutto da un tratto nervoso e un curatissimo grafismo, che fa tanto pensare all'opera di Aubrey Beardsley.
In conclusione Ayako si presenta come un singolare manga gotico un po' sui generis, tenuto in piedi soprattutto dalla protagonista. L'andamento episodico, che pure sottende una trama generale legata allo sviluppo della personalità malinconica e sofferta della protagonista, rende la lettura particolarmente scorrevole, ma allo stesso tempo dà "poca ciccia" alla struttura complessiva. Manca inoltre un finale o un qualcosa di vagamente definibile come tale, visto che l'ultimo episodio è del tutto scisso dalle esili trame della vicenda principale. Pur non essendo dunque né un'opera particolarmente rilevante tout court né all'interno del catalogo di Riyoko Ikeda, lo consiglio comunque soprattutto ai fan dell'autrice e in generale a chi apprezza sia i toni gotici sia quelli melodrammatici e particolarmente artefatti degli shoujo manga del tempo che fu.
La storia inizia con i tremendi e angoscianti pensieri di una criminale - divenuta tale a causa di una vita condotta sempre in miseria e negli ambienti più torbidi - ormai in prigione e prossima ad essere giustiziata. Il risentimento della donna attrae un demonio, che si manifesta sotto le sembianze di una chimera e si accoppia con la galeotta. Quest'ultima, rimasta incinta, riesce a far rimandare la sua condanna e, con un abile stratagemma, riesce poco prima di spirare a sostituire la propria figlia con quella di una coppia di aristocratici. Passano dodici anni e i nobili e felici coniugi Fumoto festeggiano il compleanno della loro unica figlia ed erede, Ayako. La bambina, bellissima ed amata, vive la sua vita come in un sogno, fino a quando l'ambizioso medico di famiglia non porta a galla la verità: Ayako non è nient'altro che la figlia di una condannata a morte! Da quel momento la ragazzina dovrà far di tutto per sopravvivere, visto che i suoi genitori, ormai disgustati da lei, tenteranno in ogni modo di farla morire. Ma dietro le quinte di questo scenario crudelmente borghese sembra che da un momento all'altro debba riemergere anche il mistero della nascita demoniaca della protagonista...
Come si può intuire dall'incipit della vicenda qui riassunto, Ayako è una storia con uno sfondo gotico, anche se nel corso della vicenda l'origine demoniaca e soprannaturale della protagonista diventa soltanto il pretesto per dare il la ai vari accadimenti che la coinvolgono e tentano sempre, o quasi, di minare alla sua vita. I toni gotici e oscuri dominano quindi l'intera vicenda ma senza che poi in realtà si manifestino in un qualche elemento davvero fantastico: salvo la demoniaca concezione di Ayako, tutto quello a cui assistiamo è una cupa e drammatica storia dai risvolti reali (seppur altamente improbabili!). Tutto è tristemente e miseramente basato sulla cattiveria degli uomini, in primis dei genitori adottivi di Ayako, che senza pensarci due volte, una volta scoperta la verità, decidono di sbarazzarsi della ragazza. Altra figura di spicco all'interno del manga è Ogata, il medico di famiglia, che agisce mosso esclusivamente dall'ambizione e dall'avidità. Nel corso della vicenda - che procede a capitoli episodici tra di loro separati - faranno poi la comparsa diversi personaggi, che per un motivo o per un altro avranno a che fare in maniera drammatica con la protagonista.
Ayako, la nostra antieroina, è senz'altro il punto forte del manga. È una protagonista insolita, che per alcuni versi mi ha ricordato uno dei personaggi più belli di Riyoko Ikeda, la perfida e astuta Jeanne Valois de la Motte. Come Jeanne, anche Ayako si ritrova a dover lottare in un mondo crudele per sopravvivere, dovendo rispondere al male con il male. Il detto dice "far di necessità virtù": è esattamente quello che fa la protagonista, pur con un concetto tutto particolare di virtù! Ayako, oltre a proteggere se stessa, si ritrova in un certo senso - lei, figlia di una condannata a morte - a dispensare giustizia: una giustizia spietata e cinica ma necessitata. Non si può quindi dire che Ayako, pur commettendo azioni spesso crudeli, agisca cercando il male: la sua lotta contro la crudeltà di questo mondo brutale ne fa dunque quasi un insolito 'vaso di virtù' (come accennavo prima). Infatti, capiterà spesso che Riyoko Ikeda si soffermi a disegnare i bellissimi primi piani del volto malinconico di Ayako, subito dopo che quest'ultima ha dovuto commettere qualcosa di tremendo per difendere se stessa o ristabilire un cinico equilibrio.
Se la protagonista risulta affascinante e ben caratterizzata, lo stesso non si può dire per la vicenda generale e per buona parte degli altri personaggi. Escludendo i personaggi 'da episodio', che svolgono in maniera relativamente dignitosa il loro ruolo all'interno delle proprie storie autoconclusive, sono proprio i comprimari/antagonisti a fare acqua da tutte le parti. Passi il dottore mosso dall'ambizione di far soldi e carriera alle spalle della ragazzina di cui si è sempre preso cura, ma che i genitori di Ayako, un momento prima descritti e mostrati come del tutto innamorati della loro perfettissima figlia, diventino in quattro e quattr'otto degli spietati assassini è piuttosto risibile. Si tratta senz'altro della più grossa forzatura all'interno della vicenda, decisamente troppo esagerata e repentina, pur all'interno di un contesto da shoujo manga tradizionale (quindi con tutto il melodramma e i toni caricati e saturi tipici del periodo).
Un altro elemento che stona un po' è l'ambientazione troppo anacronistica. Per una buona metà del primo volume, visti gli abiti, le scenografie e lo stile di vita dei personaggi, pensavo che tutto fosse ambientato intorno agli anni Trenta: di punto in bianco, però, non appena si esce dalla sfera familiare di Ayako, si scopre che invece la storia è ambientata proprio alla fine degli Settanta (con tanto di poster degli ABBA in un negozio di musica!). Le autrici degli shoujo manga di quel periodo ci hanno abituato a qualche forzatura in tal senso, basti pensare a Caro fratello della stessa Riyoko Ikeda o a Jenny la tennista di Fukika Yamamoto, dove compaiono ragazze dai modi aristocratici, con vaporosi boccoli biondi "à la Marie-Antoinette" e abiti pieni di fronzoli. In Ayako il particolare equilibro di questi vecchi shoujo manga, che si districavano tra un'ambientazione pienamente settantina e i citati elementi grafici giustificati puramente da un punto di vista estetico, sembra venire completamente meno, causando uno strano anacronismo onnipresente in tutto lo svolgimento. A tratti forse si potrebbe giustificare la presenza di elementi addirittura ottocenteschi a causa del tono gotico di certi episodi, ma nel complesso la cosa sembra sfuggire di mano alle autrici. Anacronismo a parte, è dovuto l'elogio al comparto grafico: l'Ikeda disegna questo manga nel momento in cui - essendo ancora in corso la serializzazione de La finestra di Orpheus - il suo stile grafico muta dagli stilemi prettamente classici del manga per ragazze anni Settanta a una rielaborazione del tutto personale, caratterizzata da una maggior rigidità e spigolosità dei visi ma anche e soprattutto da un tratto nervoso e un curatissimo grafismo, che fa tanto pensare all'opera di Aubrey Beardsley.
In conclusione Ayako si presenta come un singolare manga gotico un po' sui generis, tenuto in piedi soprattutto dalla protagonista. L'andamento episodico, che pure sottende una trama generale legata allo sviluppo della personalità malinconica e sofferta della protagonista, rende la lettura particolarmente scorrevole, ma allo stesso tempo dà "poca ciccia" alla struttura complessiva. Manca inoltre un finale o un qualcosa di vagamente definibile come tale, visto che l'ultimo episodio è del tutto scisso dalle esili trame della vicenda principale. Pur non essendo dunque né un'opera particolarmente rilevante tout court né all'interno del catalogo di Riyoko Ikeda, lo consiglio comunque soprattutto ai fan dell'autrice e in generale a chi apprezza sia i toni gotici sia quelli melodrammatici e particolarmente artefatti degli shoujo manga del tempo che fu.