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Storia, amore, musica e sofferenza sono alcuni dei temi che la Ikeda abilmente tratta in Orpheus, probabilmente una delle sue opere più ambiziose.

Il personaggio principale, attorno al quale si muovono tutti gli altri è Julius von Alensmeier, figlia illegittima di un capofamiglia dell’antica nobiltà tedesca. La giovane è costretta a travestirsi da ragazzo per poter ereditare il patrimonio di famiglia, che sarebbe altrimenti passato alle sorelle maggiori. Nonostante alcuni elementi possano ricordare il più noto fumetto della Ikeda "Le Rose di Versailles", non aspettatevi la versione tedesca di Lady Oscar! Per quanto la chioma bionda di Julius e il suo abbigliamento maschile rimandino, neanche troppo velatamente, all’aspetto di Oscar, quest’ultima è coraggiosa, corretta e “tutta d’un pezzo” quanto Julius è insicura, incoerente e caratterizzata da un agire spesso discutibile e irrazionale che ne rivela tutta la fragilità umana.

È praticamente impossibile rendere la complessità dell’intreccio in poche righe. Nell’opera tuttavia possono essere distinte tre sequenze narrative. La prima, quella ambientata nella Germania post-bismarckiana narra le vicende di Julius al conservatorio di Ratisbona. Il tratto è simile a quello de "Le Rose di Versailles" e la narrazione è incentrata principalmente su Julius e i personaggi a lei immediatamente connessi. La seconda sequenza segue invece lo sviluppo della carriera pianistica di Isaac (amico intimo di Julius, legato a lei dall’enigmatica finestra di Orfeo) a Vienna. La narrazione assume qui una dimensione più corale, che giunge alla sua piena espressione nella terza parte dell’opera, che illustra le peripezie di Julius in Russia, dove fugge in cerca del suo amato Klaus (anche lui incontrato alla finestra di Orfeo), alias Alekseij Mihailovich, attivista rivoluzionario russo. Personaggi e vicende si moltiplicano e la storia irrompe prepotentemente nella trama. Il tratto si fa più affilato e barocco, quasi a riflettere la crescente drammaticità e durezza di una trama nella quale quasi tutti i protagonisti sono sopraffatti dagli eventi individuali e storici e sono spinti ad agire da una sorta di irrimediabile titanismo, pur presentendo il loro inevitabile fallimento. E forse la grandezza dei personaggi di Orpheus sta proprio qui: nel riconoscere la loro fallibilità e inadeguatezza.

Orpheus è insomma quello che si può definire il manga della maturità di Ryoko Ikeda, sia per quanto riguarda trama e sceneggiatura, sia per il tratto e l’organizzazione delle tavole. L’intreccio è sviluppato abilmente e struttura e temi dell’opera mi hanno ricordato quelli dei grandi romanzi ottocenteschi. Forse la Ikeda si è un po’ fatta prendere la mano per quanto riguarda gli intrecci amorosi, talvolta un po’ improbabili e molto idealizzati, ma d’altra parte questo costituisce il suo marchio di fabbrica e, oserei dire, il fascino delle sue opere. L’unica vera pecca: l’edizione italiana della Panini Comics non è proprio eccellente – la carta porosa non trattiene bene l’inchiostro, per dirne una – nonché difficilmente reperibile.