Recensione
In questo angolo di mondo
8.5/10
Le tragedie si possono raccontare in tanti modi. Con la retorica, con l'enfasi delle emozioni, con la forza del dramma. Queste sono però le strategie più facili per veicolare un messaggio. Esasperati, i toni della tragedia perdono in sostanza. O peggio, possono diventare la parodia di sé stessi. Bisogna avere un cuore di pietra per vedere il finale di "Love Story" e non scoppiare... a ridere.
C'è chi sceglie strade meno convenzionali per raccontare il dramma per eccellenza, per dipingere un affresco tanto di quegli eventi che si studiano a scuola, quanto degli orrori che si perpetrano nell'intimo degli individui, all'ombra della Macrostoria. C'è chi usa il realismo senza risultare cattedratico, usando le emozioni come i colori di una tavolozza. Usando tutti i colori della vita. Il senso di colpa, il rispetto, il rancore, l'affetto, la nostalgia, la passione, il capriccio...
Il regista Sunao Katabuchi è riuscito in questo con il film "In questo angolo di mondo". Si tratta di un ottimo adattamento del manga di Fumiyo Kono, "Kono Sekai no Katasumi ni", che permette di trattare, senza cedere alle lusinghe del documentarismo o dei facili pietismi, temi che, entrando nei libri di Storia, sono inevitabilmente deformati dal "grigiore" dell'oggettivismo. L'opera riesce a colorare (il verbo è d'obbligo) ciò che noi lasciamo sbiadire, con la nostra pretesa di distacco da eventi di cui non possiamo fare esperienza diretta. Allontanati dal tempo, possiamo così immergerci in un mare di percezioni.
La trama prende spunto dalle esperienze della protagonista, Suzu Urano, una giovane di Hiroshima che vive una vita scandita dalla routine del civile giapponese medio prima, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Trasferitasi nella vicina Kure per sposarsi, Suzu cerca di adattarsi al suo nuovo ambiente, alla famiglia di suo marito, al marito stesso, Shusaku, e a tutte le incombenze della sua nuova condizione. La ragazza è quindi obbligata a maturare presto, nonostante abbia uno spirito sognatore. Sbadata, impacciata, un po' svampita, dotata di un talento per il disegno, Suzu si impegna per cercare di soddisfare le aspettative riposte in lei, sbagliando, inciampando, ma senza mai perdere contatto con la semplicità che la caratterizza, e senza mai dimenticare i suoi sogni o il suo primo amore, il compagno di scuola Mizuhara. La guerra si fa progressivamente una presenza sempre più incombente nella sua vita come in quella di chiunque l'abbia vissuta. Le sue emozioni si adattano allo scorrere degli eventi, piegandosi alle nuove esigenze. La sua capacità di non perdere mai contatto con le sue fantasie le permette di superare lutti e contrasti pur dovendo affrontarli tutti, senza sconti. L'altalenante rapporto con la cognata, le assenze e le presenze del marito, la ricomparsa di Mizuhara, le incursioni aeree, i razionamenti di cibo, il bombardamento atomico di Hiroshima, nonché un grave trauma personale, sono tutti i colori di una vita che, strattonata tra realtà e fantasia, in un gioco di rimandi, cerca di ritagliarsi un quadro di "normalità" in tempi che nulla hanno di normale.
Temi che in un altro contesto ci porterebbero su una scena fatta di drammi epici e di tempeste interiori, sono adattati, modellati, con una cura che ricorda l'arte dell'ikebana.
Tutto ha il sapore di un "dramma di compostezza". Solo il finale rompe un po' questa compostezza, inciampando su un curioso exploit che stona con le premesse. La forza totalizzante degli eventi storici è infatti rispettata senza allontanarsi dalle esigenze della percezione, ma anche senza scadere nel sensazionalismo.
La differenza la fa tutta la figura della protagonista.
Suzu non ha la statura o la vis patetica di Rossella O'Hara, ma non è neanche una Pollyanna che scarabocchia il suo fatalismo sul foglio troppo bianco della cruda verità. La sua forza è tutta in quella forma mediale che le permette di essere sempre né poco né troppo. Una caratteristica che le viene apertamente rinfacciata, quasi fosse una sentenza, a metà fra il rimprovero e l'approvazione. Sognatrice, melanconica, Suzu è una di quelle persone qualunque dimenticate dalla Storia. Questo permette di cogliere, tramite i suoi occhi, aspetti che (stanti le vicende tutt'altro che idilliache della trama) in condizioni normali si dovrebbero trovare irrilevanti o anche fuori luogo. Il senso della condivisione, dell'infantilità, della frugalità, la persistenza di dettagli a margine, danno al film un sapore nostalgico che sa di rimpianto per tempi che erano cupi ma allo stesso tempo fiabeschi. Ecco come si spiega dunque il frequente ricorso alla comicità. Quella comicità che è per tradizione sempre compagna della tragedia. Quando la realtà regala momenti tragicomici che particolari contingenze storiche non fanno che aumentare.
Ma la luminosità di un sorriso in questo film vale quanto l'amarezza delle lacrime.
L'impressione che si ha è quella di una porta aperta su possibilità che rimangono però sempre sulla soglia. Si percepisce l'ombra di un futuro foriero di disgrazie di cui si colgono solo alcuni aspetti, mentre altri sono tenuti sottotraccia. Così, temi come quello del militarismo, dell'olocausto nucleare, degli hibakusha ecc. vengono espressi senza essere veramente approfonditi. Difficile dunque inquadrare l'opera.
Tra lo storico e il romanzo di formazione, si possono cogliere aspetti che lo svincolano ma allo stesso tempo lo inseriscono in queste categorie. Così come non è una forzatura ipotizzare debiti o rimandi ai film Ghibli.
Sarebbe però sbagliato vedere in questo film una semplice rielaborazione di maniera. Nulla impedisce di cogliere una statura autonoma ben definita.
La qualità tecnica soddisfa tutte le esigenze dell'opera. Notevole in particolare la scelta di alternare le animazioni ai disegni di Suzu per dare corpo alle sue percezioni. Il tratto è netto, pulito e rispetta quello del manga di riferimento, mentre campisce colori sfumati per adattarli agli sfondi che richiamano la tecnica dell'acquerello.
Gli effetti sonori si fanno notare anche di più, con un impatto che si definisce a pieno titolo cinematografico. Lo studio Mappa ha confezionato un'opera che si fa notare sotto molti aspetti e che merita l'attenzione ricevuta.
Un edificio distrutto, un bacio fugace, un gesto meccanico, il conforto della quotidianità, un incontro casuale, un oggetto usurato...
Quando tornano alla mente, le note a margine della vita giganteggiano come i protagonisti e forse più di loro. Questo perché esiste un angolo di Mondo dove sono i dettagli che dominano la scena. Per ricordarci che anche le comparse sono nel copione. Anche se le loro scene durano poco.
C'è chi sceglie strade meno convenzionali per raccontare il dramma per eccellenza, per dipingere un affresco tanto di quegli eventi che si studiano a scuola, quanto degli orrori che si perpetrano nell'intimo degli individui, all'ombra della Macrostoria. C'è chi usa il realismo senza risultare cattedratico, usando le emozioni come i colori di una tavolozza. Usando tutti i colori della vita. Il senso di colpa, il rispetto, il rancore, l'affetto, la nostalgia, la passione, il capriccio...
Il regista Sunao Katabuchi è riuscito in questo con il film "In questo angolo di mondo". Si tratta di un ottimo adattamento del manga di Fumiyo Kono, "Kono Sekai no Katasumi ni", che permette di trattare, senza cedere alle lusinghe del documentarismo o dei facili pietismi, temi che, entrando nei libri di Storia, sono inevitabilmente deformati dal "grigiore" dell'oggettivismo. L'opera riesce a colorare (il verbo è d'obbligo) ciò che noi lasciamo sbiadire, con la nostra pretesa di distacco da eventi di cui non possiamo fare esperienza diretta. Allontanati dal tempo, possiamo così immergerci in un mare di percezioni.
La trama prende spunto dalle esperienze della protagonista, Suzu Urano, una giovane di Hiroshima che vive una vita scandita dalla routine del civile giapponese medio prima, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Trasferitasi nella vicina Kure per sposarsi, Suzu cerca di adattarsi al suo nuovo ambiente, alla famiglia di suo marito, al marito stesso, Shusaku, e a tutte le incombenze della sua nuova condizione. La ragazza è quindi obbligata a maturare presto, nonostante abbia uno spirito sognatore. Sbadata, impacciata, un po' svampita, dotata di un talento per il disegno, Suzu si impegna per cercare di soddisfare le aspettative riposte in lei, sbagliando, inciampando, ma senza mai perdere contatto con la semplicità che la caratterizza, e senza mai dimenticare i suoi sogni o il suo primo amore, il compagno di scuola Mizuhara. La guerra si fa progressivamente una presenza sempre più incombente nella sua vita come in quella di chiunque l'abbia vissuta. Le sue emozioni si adattano allo scorrere degli eventi, piegandosi alle nuove esigenze. La sua capacità di non perdere mai contatto con le sue fantasie le permette di superare lutti e contrasti pur dovendo affrontarli tutti, senza sconti. L'altalenante rapporto con la cognata, le assenze e le presenze del marito, la ricomparsa di Mizuhara, le incursioni aeree, i razionamenti di cibo, il bombardamento atomico di Hiroshima, nonché un grave trauma personale, sono tutti i colori di una vita che, strattonata tra realtà e fantasia, in un gioco di rimandi, cerca di ritagliarsi un quadro di "normalità" in tempi che nulla hanno di normale.
Temi che in un altro contesto ci porterebbero su una scena fatta di drammi epici e di tempeste interiori, sono adattati, modellati, con una cura che ricorda l'arte dell'ikebana.
Tutto ha il sapore di un "dramma di compostezza". Solo il finale rompe un po' questa compostezza, inciampando su un curioso exploit che stona con le premesse. La forza totalizzante degli eventi storici è infatti rispettata senza allontanarsi dalle esigenze della percezione, ma anche senza scadere nel sensazionalismo.
La differenza la fa tutta la figura della protagonista.
Suzu non ha la statura o la vis patetica di Rossella O'Hara, ma non è neanche una Pollyanna che scarabocchia il suo fatalismo sul foglio troppo bianco della cruda verità. La sua forza è tutta in quella forma mediale che le permette di essere sempre né poco né troppo. Una caratteristica che le viene apertamente rinfacciata, quasi fosse una sentenza, a metà fra il rimprovero e l'approvazione. Sognatrice, melanconica, Suzu è una di quelle persone qualunque dimenticate dalla Storia. Questo permette di cogliere, tramite i suoi occhi, aspetti che (stanti le vicende tutt'altro che idilliache della trama) in condizioni normali si dovrebbero trovare irrilevanti o anche fuori luogo. Il senso della condivisione, dell'infantilità, della frugalità, la persistenza di dettagli a margine, danno al film un sapore nostalgico che sa di rimpianto per tempi che erano cupi ma allo stesso tempo fiabeschi. Ecco come si spiega dunque il frequente ricorso alla comicità. Quella comicità che è per tradizione sempre compagna della tragedia. Quando la realtà regala momenti tragicomici che particolari contingenze storiche non fanno che aumentare.
Ma la luminosità di un sorriso in questo film vale quanto l'amarezza delle lacrime.
L'impressione che si ha è quella di una porta aperta su possibilità che rimangono però sempre sulla soglia. Si percepisce l'ombra di un futuro foriero di disgrazie di cui si colgono solo alcuni aspetti, mentre altri sono tenuti sottotraccia. Così, temi come quello del militarismo, dell'olocausto nucleare, degli hibakusha ecc. vengono espressi senza essere veramente approfonditi. Difficile dunque inquadrare l'opera.
Tra lo storico e il romanzo di formazione, si possono cogliere aspetti che lo svincolano ma allo stesso tempo lo inseriscono in queste categorie. Così come non è una forzatura ipotizzare debiti o rimandi ai film Ghibli.
Sarebbe però sbagliato vedere in questo film una semplice rielaborazione di maniera. Nulla impedisce di cogliere una statura autonoma ben definita.
La qualità tecnica soddisfa tutte le esigenze dell'opera. Notevole in particolare la scelta di alternare le animazioni ai disegni di Suzu per dare corpo alle sue percezioni. Il tratto è netto, pulito e rispetta quello del manga di riferimento, mentre campisce colori sfumati per adattarli agli sfondi che richiamano la tecnica dell'acquerello.
Gli effetti sonori si fanno notare anche di più, con un impatto che si definisce a pieno titolo cinematografico. Lo studio Mappa ha confezionato un'opera che si fa notare sotto molti aspetti e che merita l'attenzione ricevuta.
Un edificio distrutto, un bacio fugace, un gesto meccanico, il conforto della quotidianità, un incontro casuale, un oggetto usurato...
Quando tornano alla mente, le note a margine della vita giganteggiano come i protagonisti e forse più di loro. Questo perché esiste un angolo di Mondo dove sono i dettagli che dominano la scena. Per ricordarci che anche le comparse sono nel copione. Anche se le loro scene durano poco.