Recensione
Made in Abyss
8.5/10
Recensione di npepataecozz
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“Orth, la città della grande voragine. Più di 1900 anni fa, in un’isola solitaria nel mare meridionale di Beoruska, fu scoperta una gigantesca fossa. Con un diametro di 1000 metri e una profondità tutt'oggi sconosciuta, la voragine misteriosa ha ammaliato le persone: preziose e pericolose creature ancestrali e cimeli misteriosi che sfuggono ogni comprensione hanno attirato avventurieri affamati di ricchezze che hanno poi creato la città sul ciglio della gigantesca voragine. Col passare degli anni, attirati dall'aura di mistero e dalle numerose leggende, in tanti sono stati inghiottiti dalla voragine che è l'ultimo antro inesplorato del mondo. Il suo nome è Abisso.”
E' con queste parole che ha inizio “Made in Abyss”, trasposizione dell'omonimo manga di Akihito Tsukushi pubblicato, a partire dal 2012, sul sito Manga Life Win di Takeshobo. L'adattamento anime è stato realizzato da Kinema Citrus sotto la direzione di Masayuki Kojima e trasmesso in Giappone a partire dal mese di luglio 2017.
Una misteriosa voragine, una ragazzina di dodici anni alla ricerca della mamma e un simpatico robottino smemorato dalle sembianze umane: la prima idea che balza alla mente è che si tratti della classica “favola”. Poco importa che ci siano scene di sangue e persone sottoposte a diversi tipi di tormenti fisici durante il corso del loro viaggio: dopo tutto, giusto per fare due esempi, anche in “Cappuccetto Rosso” il lupo cattivo mangia la nonna e anche in "Biancaneve" la protagonista è vittima di avvelenamento.
La struttura dell'opera, però, è troppo complessa per pensare che l'autore volesse solo proporci una storia sul modello dell' “Ape Maia”; la mia sensazione, invece, è che la trama si basi su un simbolismo che trascende la storia di Riko e Reg e che debba essere interpretato nel modo più corretto possibile. Tra il dire e il fare, ovviamente, c'è di mezzo il mare; tuttavia è mia intenzione, in questa sede, proporre almeno un tentativo parziale di decodificazione, specificando che si tratta della mia personale interpretazione e non di verità assoluta. Pur tuttavia, è risultato troppo stimolante per me cercare di dare una risposta alla più intrigante delle domande: cos'è davvero l'abisso?
Cominciamo con un piccolo riassunto delle caratteristiche morfologiche dell'abisso. Su forma e dimensioni abbiamo già detto all'inizio; vediamo ora quali sono le sue altre peculiarità. Dalle mappe in possesso dei personaggi vengono descritti sei strati, ognuno caratterizzato da fauna e flora diversa e soprattutto da una pericolosità crescente quanto più si scende in profondità. Ma, a differenza di quanto si possa pensare, non è la presenza di creature sempre più potenti e aggressive a misurare il grado di rischio che si corre avventurandosi negli strati inferiori, quanto l'appesantirsi della “maledizione” che colpisce chi decide di calarsi nell'abisso.
“Fare ritorno dall'esplorazione dell'abisso è problematico. Più si scende in profondità e più il ritorno influisce gravemente sulla propria salute. Dal primo strato, leggere vertigini; dal secondo strato, conati di vomito, emicranie e formicolio agli arti; dal quarto strato dolori lancinanti in tutto il corpo ed emorragie; dal sesto strato perdita della propria umanità oppure morte. Nessun esploratore in quanto essere umano può sfuggire a questo strano fenomeno. E' chiamata la maledizione dell'abisso.”
Riassumendo, si può scendere tranquillamente in profondità, ma si può risalire solo mettendo a repentaglio la propria incolumità; invenzione fantastica o l'autore sta seguendo un suo "particolare" filo logico? Lo stesso anime a un certo punto sembra fornirci la risposta: “L'ambizione, più potente del veleno e più profonda della malattia, rapisce gli uomini. Una volta attecchita non vi è scampo, proprio come una maledizione, e porta tutti gli avventurieri ad avanzare, gettandosi a capofitto.”
L'abisso, dunque, rappresenta l'ambizione umana, che spinge ad avanzare e che non lascia tornare indietro. Il viaggio al suo interno è un viaggio in quel desiderio di grandezza che è stato alla base dell'evoluzione dell'uomo.
Se l'abisso rappresenta l'ambizione, i vari esploratori sono le persone ambiziose. Non tutti, ovviamente, hanno la struttura fisica e la resistenza psicologica adatta per raggiungere l'oggetto dei propri desideri; nell'anime ciò viene sottolineato con l'introduzione dalla gerarchia dei fischietti: ad ogni colore corrisponde una certa attitudine e uno strato massimo verso cui ci si può spingere senza mettere seriamente a repentaglio la propria salute. Il livello di ambizione, infatti, non è sempre lo stesso in tutte le persone, anche perché l'oggetto del desiderio di ognuno non è sempre lo stesso e può essere più o meno impegnativo da raggiungere. Tuttavia essa è presente nel cuore di ogni uomo: la stessa Mitty, forse la più insospettabile, “come tutti gli altri avventurieri aveva gli occhi colmi di ambizione”.
E per il momento sono costretto a fermarmi qua, perché molti dei misteri che circondano l'abisso possono essere risolti solo scendendo più in profondità rispetto a quanto fa questa prima stagione. Resta aperta la domanda sul valore che l'autore attribuisce all'ambizione, e cioè se la considera come un elemento positivo o negativo per il progresso del genere umano. Su questo punto, anzi, si è dimostrato piuttosto ambiguo. In alcuni punti, infatti, sembra argomentare che certi limiti non andrebbero superati (“Esistono persone che non si sono mai fermate per nessun motivo. Alle volte si fondono completamente con le proprie convinzioni, incarnando il fato stesso. Queste persone che hanno trasceso la loro natura umana continuano ad osservare tutto con sguardo ormai disumano.”); in altre invece sembra che l'uomo, se riesce a non perdere il senno, abbia la possibilità di indirizzare l'ambizione verso finalità positive (“A coloro che si calano nel baratro di ineguagliabile oscurità e si immolano nell'oscurità si dice che l'abisso offra tutto. Morte e vita, maledizioni e benedizioni, tutto quanto.”). Credo comunque che questo dilemma possa essere risolto soltanto nel momento in cui conosceremo cosa c'è sul fondo dell'abisso.
Se, invece, analizziamo le avventure di Riko e Reg dal punto di vista del puro intrattenimento, vediamo che, almeno in questa prima stagione, si è puntato meno sulla componente azione e più sui personaggi e sulle loro storie; non mancano, però, momenti di pathos e di sincera commozione, ma nemmeno momenti più allegri e scanzonati.
Come ho appena detto, però, la parte del leone la fanno i personaggi, molto vari e quasi tutti stra-maledettamente interessanti. Riko e Reg costituiscono una coppia decisamente affiatata; tra i personaggi secondari, invece, spiccano l'enigmatica e carismatica Ozen e la dolcissima e divertentissima Nanachi (anche se quest'ultima, con tutta probabilità, diventerà un personaggio principale e non più secondario nella prossima stagione).
Tra i difetti, invece, va segnalata una certa lentezza narrativa in diversi punti che, se da un lato può essere spiegata dall'esigenza di spiegare accuratamente il complesso mondo dell'abisso, dall'altra può risultare un po' noiosa per chi preferisce ritmi diversi. A questo aggiungerei l'impressione che i primi strati non siano stati raccontati con il grado di dettaglio dovuto: se qualcuno entrasse davvero in un posto simile, credo che si guarderebbe un po' più attorno. Così, invece, differenze morfologiche a parte, non si riesce a cogliere la differenza tra uno strato e l'altro, almeno in termini di pericolosità. Spero che ciò non si ripeta anche per gli strati più in basso: il rischio sarebbe quello di trasformare l'abisso in una grossa buca.
Le mie ultime considerazioni riguardano grafica e colonna sonora: semplicemente splendidi. Sia che si tratti di ambienti luminosi e suggestivi che di ambienti bui e cupi, la bellezza dei disegni è sempre spettacolare; in più di un'occasione ti fanno venir voglia di scattare delle foto da utilizzare poi come sfondo del desktop. La colonna sonora, invece, con le sue melodie malinconiche e sognanti, a volte dà l'impressione di essere il canto dell'abisso, finendo così per far risaltare ancora di più la bellezza dei disegni. Quanto alle sigle si è scelto di proseguire in una abitudine che sta raccogliendo molti consensi, ossia quella di affidarne la realizzazione agli stessi doppiatori. E così l'opening, “Deep in Abyss”, è cantata da Miyu Tomita (Riko) e Mariya Ise (Reg); per l'ending, “Tabi no Hidarite, Saihate no Migite”, al duo si aggiungerà Shiori Izawa (Nanachi).
In conclusione, posso affermare che, almeno dal mio punto di vista, tutti gli elogi che si sono sprecati intorno a questo anime sono assolutamente meritati. Non so se diventerà, come in molti affermano, l'anime dell'anno; sicuramente è un prodotto di un livello superiore, per cui fare di meglio sarà veramente difficile.
E' con queste parole che ha inizio “Made in Abyss”, trasposizione dell'omonimo manga di Akihito Tsukushi pubblicato, a partire dal 2012, sul sito Manga Life Win di Takeshobo. L'adattamento anime è stato realizzato da Kinema Citrus sotto la direzione di Masayuki Kojima e trasmesso in Giappone a partire dal mese di luglio 2017.
Una misteriosa voragine, una ragazzina di dodici anni alla ricerca della mamma e un simpatico robottino smemorato dalle sembianze umane: la prima idea che balza alla mente è che si tratti della classica “favola”. Poco importa che ci siano scene di sangue e persone sottoposte a diversi tipi di tormenti fisici durante il corso del loro viaggio: dopo tutto, giusto per fare due esempi, anche in “Cappuccetto Rosso” il lupo cattivo mangia la nonna e anche in "Biancaneve" la protagonista è vittima di avvelenamento.
La struttura dell'opera, però, è troppo complessa per pensare che l'autore volesse solo proporci una storia sul modello dell' “Ape Maia”; la mia sensazione, invece, è che la trama si basi su un simbolismo che trascende la storia di Riko e Reg e che debba essere interpretato nel modo più corretto possibile. Tra il dire e il fare, ovviamente, c'è di mezzo il mare; tuttavia è mia intenzione, in questa sede, proporre almeno un tentativo parziale di decodificazione, specificando che si tratta della mia personale interpretazione e non di verità assoluta. Pur tuttavia, è risultato troppo stimolante per me cercare di dare una risposta alla più intrigante delle domande: cos'è davvero l'abisso?
Cominciamo con un piccolo riassunto delle caratteristiche morfologiche dell'abisso. Su forma e dimensioni abbiamo già detto all'inizio; vediamo ora quali sono le sue altre peculiarità. Dalle mappe in possesso dei personaggi vengono descritti sei strati, ognuno caratterizzato da fauna e flora diversa e soprattutto da una pericolosità crescente quanto più si scende in profondità. Ma, a differenza di quanto si possa pensare, non è la presenza di creature sempre più potenti e aggressive a misurare il grado di rischio che si corre avventurandosi negli strati inferiori, quanto l'appesantirsi della “maledizione” che colpisce chi decide di calarsi nell'abisso.
“Fare ritorno dall'esplorazione dell'abisso è problematico. Più si scende in profondità e più il ritorno influisce gravemente sulla propria salute. Dal primo strato, leggere vertigini; dal secondo strato, conati di vomito, emicranie e formicolio agli arti; dal quarto strato dolori lancinanti in tutto il corpo ed emorragie; dal sesto strato perdita della propria umanità oppure morte. Nessun esploratore in quanto essere umano può sfuggire a questo strano fenomeno. E' chiamata la maledizione dell'abisso.”
Riassumendo, si può scendere tranquillamente in profondità, ma si può risalire solo mettendo a repentaglio la propria incolumità; invenzione fantastica o l'autore sta seguendo un suo "particolare" filo logico? Lo stesso anime a un certo punto sembra fornirci la risposta: “L'ambizione, più potente del veleno e più profonda della malattia, rapisce gli uomini. Una volta attecchita non vi è scampo, proprio come una maledizione, e porta tutti gli avventurieri ad avanzare, gettandosi a capofitto.”
L'abisso, dunque, rappresenta l'ambizione umana, che spinge ad avanzare e che non lascia tornare indietro. Il viaggio al suo interno è un viaggio in quel desiderio di grandezza che è stato alla base dell'evoluzione dell'uomo.
Se l'abisso rappresenta l'ambizione, i vari esploratori sono le persone ambiziose. Non tutti, ovviamente, hanno la struttura fisica e la resistenza psicologica adatta per raggiungere l'oggetto dei propri desideri; nell'anime ciò viene sottolineato con l'introduzione dalla gerarchia dei fischietti: ad ogni colore corrisponde una certa attitudine e uno strato massimo verso cui ci si può spingere senza mettere seriamente a repentaglio la propria salute. Il livello di ambizione, infatti, non è sempre lo stesso in tutte le persone, anche perché l'oggetto del desiderio di ognuno non è sempre lo stesso e può essere più o meno impegnativo da raggiungere. Tuttavia essa è presente nel cuore di ogni uomo: la stessa Mitty, forse la più insospettabile, “come tutti gli altri avventurieri aveva gli occhi colmi di ambizione”.
E per il momento sono costretto a fermarmi qua, perché molti dei misteri che circondano l'abisso possono essere risolti solo scendendo più in profondità rispetto a quanto fa questa prima stagione. Resta aperta la domanda sul valore che l'autore attribuisce all'ambizione, e cioè se la considera come un elemento positivo o negativo per il progresso del genere umano. Su questo punto, anzi, si è dimostrato piuttosto ambiguo. In alcuni punti, infatti, sembra argomentare che certi limiti non andrebbero superati (“Esistono persone che non si sono mai fermate per nessun motivo. Alle volte si fondono completamente con le proprie convinzioni, incarnando il fato stesso. Queste persone che hanno trasceso la loro natura umana continuano ad osservare tutto con sguardo ormai disumano.”); in altre invece sembra che l'uomo, se riesce a non perdere il senno, abbia la possibilità di indirizzare l'ambizione verso finalità positive (“A coloro che si calano nel baratro di ineguagliabile oscurità e si immolano nell'oscurità si dice che l'abisso offra tutto. Morte e vita, maledizioni e benedizioni, tutto quanto.”). Credo comunque che questo dilemma possa essere risolto soltanto nel momento in cui conosceremo cosa c'è sul fondo dell'abisso.
Se, invece, analizziamo le avventure di Riko e Reg dal punto di vista del puro intrattenimento, vediamo che, almeno in questa prima stagione, si è puntato meno sulla componente azione e più sui personaggi e sulle loro storie; non mancano, però, momenti di pathos e di sincera commozione, ma nemmeno momenti più allegri e scanzonati.
Come ho appena detto, però, la parte del leone la fanno i personaggi, molto vari e quasi tutti stra-maledettamente interessanti. Riko e Reg costituiscono una coppia decisamente affiatata; tra i personaggi secondari, invece, spiccano l'enigmatica e carismatica Ozen e la dolcissima e divertentissima Nanachi (anche se quest'ultima, con tutta probabilità, diventerà un personaggio principale e non più secondario nella prossima stagione).
Tra i difetti, invece, va segnalata una certa lentezza narrativa in diversi punti che, se da un lato può essere spiegata dall'esigenza di spiegare accuratamente il complesso mondo dell'abisso, dall'altra può risultare un po' noiosa per chi preferisce ritmi diversi. A questo aggiungerei l'impressione che i primi strati non siano stati raccontati con il grado di dettaglio dovuto: se qualcuno entrasse davvero in un posto simile, credo che si guarderebbe un po' più attorno. Così, invece, differenze morfologiche a parte, non si riesce a cogliere la differenza tra uno strato e l'altro, almeno in termini di pericolosità. Spero che ciò non si ripeta anche per gli strati più in basso: il rischio sarebbe quello di trasformare l'abisso in una grossa buca.
Le mie ultime considerazioni riguardano grafica e colonna sonora: semplicemente splendidi. Sia che si tratti di ambienti luminosi e suggestivi che di ambienti bui e cupi, la bellezza dei disegni è sempre spettacolare; in più di un'occasione ti fanno venir voglia di scattare delle foto da utilizzare poi come sfondo del desktop. La colonna sonora, invece, con le sue melodie malinconiche e sognanti, a volte dà l'impressione di essere il canto dell'abisso, finendo così per far risaltare ancora di più la bellezza dei disegni. Quanto alle sigle si è scelto di proseguire in una abitudine che sta raccogliendo molti consensi, ossia quella di affidarne la realizzazione agli stessi doppiatori. E così l'opening, “Deep in Abyss”, è cantata da Miyu Tomita (Riko) e Mariya Ise (Reg); per l'ending, “Tabi no Hidarite, Saihate no Migite”, al duo si aggiungerà Shiori Izawa (Nanachi).
In conclusione, posso affermare che, almeno dal mio punto di vista, tutti gli elogi che si sono sprecati intorno a questo anime sono assolutamente meritati. Non so se diventerà, come in molti affermano, l'anime dell'anno; sicuramente è un prodotto di un livello superiore, per cui fare di meglio sarà veramente difficile.