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Come accaduto in passato ad altre sue colleghe di reverse-harem, Yuzuki, la protagonista di questa perla by Typhoon Graphics (lo stesso studio che partorì quell'abominio di Room Mate), viene catapultata in un mondo parallelo simile all'epoca Sengoku, abitato da bestie immaginarie, come vampiri, lupi mannari, zombie... E prima che abbia il tempo di chiedersi dove sia finita, Yuzuki resta coinvolta in una battaglia feroce fra fotomodelli con la spada. Il paese di Shinga, infatti, è in preda a una guerra fra dei signorotti feudali, che cercano di unificare il paese sotto un'unica bandiera. Passando da una famiglia all'altra, non si sa come ma Yuzuki riesce a far capitolare i grandi signori della guerra, come Toyotomi Hideyoshi, Oda Nobunaga, Takeda Shingen, Yukimura Sanada, Date Masamune, Uesugi Kenshin, e i loro vassalli. Neanche non avessero mai visto una donna in tutta la loro vita, i famosi personaggi storici dell'epoca Sengoku sono attratti dal sangue della ragazza, che sembra avere il potere di guarirli e potenziarli. Così, di episodio in episodio, per la bellezza di dodici fantastiche puntate, assistiamo alla caduta di tutti i personaggi maschili ai piedi di Yuzuki, nemmeno la fanciulla avesse fiatato loro in faccia dopo aver mangiato aglio.

Insomma, il classico plot da reverse-harem, che a me non dispiace, se fatto bene. Ma qui di tutto parliamo fuorché di una ciambella riuscita col buco! Il problema principale sono i personaggi. Partendo dalla protagonista, che non brilla di certo per intelletto, talento, fascino, finiamo a una carrellata di "bellizzi", tutti simili fra loro, antipatici, inutili, e che non hanno nessuna speranza di conquistare la benedetta ragazza, nemmeno ammazzando tutti gli uomini di Shinga! Questo non perché lei abbia occhi per uno solo (anzi, ha lo sguardo perso nel vuoto da addormentata cronica), ma perché fin dall'inizio ben si definisce chi ha una minima speranza di riuscire a "ficcare" e chi no. Inoltre, Yuzuki non è un personaggio incisivo; parla poco e quel poco che dice potrebbe benissimo risparmiarselo (e risparmiarcelo!); non sa fare quasi nulla, se non preparare il tè e gli onigiri; e deve sempre aspettare l'intervento di qualche "gnoccolone" per uscire indenne dai guai in cui si caccia. Un personaggio debole come lei non è in grado di reggere l'altarino tutta sola, a maggior ragione se i bellocci che le ruotano intorno sono uno più insipido dell'altro, e più che fungere da spalla alla protagonista, finiscono ulteriormente con l'affossare l'anime.

Ancora, la prima impressione che ebbi di Sengoku Night Blood fu di un Diabolik Lovers ambientato nell'Epoca degli Stati Combattenti. Ma almeno mi avesse fatto ridere come Ayato e fratelli! Non solo io già ne ho piene le scatole dei vampiri, che mi trovo praticamente ovunque, ma ciò che mi spaventava a morte era l'idea che dei personaggi storici, che hanno una dignità insindacabile, fossero trattati alla mercé di rimbecilliti d'amore coi canini di fuori. E purtroppo non mi sbagliavo. Gli sceneggiatori, poi, hanno aggiunto tanti elementi in più, come licantropi, divinità, zombie, tanuki, e chi più ne ha più ne metta, in un calderone che come filo conduttore ha avuto solo la beneamata stordita di turno.

Ma non contenti di aver inserito tutti questi ingredienti in un unico grosso pentolone, hanno ben pensato di ignorarli completamente durante lo svolgimento della serie, per poi ricordarsene soltanto alla fine. Se infatti state pensando di vedere succhiasangue e lupi ululanti alla luna, toglietevelo dalla testa! Non c'è nulla di tutto ciò! Questa, però, non è stata l'unica dimenticanza che ho riscontrato in Sengoku Night Blood. Per esempio, Yuzuki si dimentica spesso di provenire da un altro mondo e che ipoteticamente qualcuno dall'altro lato la sta piangendo disperato; o si scorda di stare cercando la sacerdotessa che prima di lei offriva il suo sangue per potenziare le tribù di Gegga (vampiri e licantropi) e che potrebbe sapere cosa sta succedendo a Shinga; oppure, quando viene rapita (e accade spesso!), per la serie "amnesia portami via", sembra quasi non ricordare più da dove viene, da quale famiglia sta arrivando, cosa ha fatto fino a quel giorno. Infine - avrei voluto non nominarli, ma devo -, il perché dell'esistenza degli yakuma, ossia gli zombie (o spiriti demoniaci, mica ho capito cosa sono!), che appaiono in scena sempre nel momento meno opportuno, per crepare il minuto successivo senza aver svolto nessun ruolo, se non quello di evidenziare l'inettitudine della protagonista. Scommetto che i creatori li hanno pensati mentre andavano al bagno!

Il risultato? Una serie senza capo né coda, che mostra situazioni trite e ritrite, e che non fa ridere per niente. Per di più anche le animazioni lasciano a desiderare. Sono penalizzate soprattutto le scene di battaglia, per non parlare degli episodi finali che sembrano essere stati realizzati da un'incompetente come me. E non faccio la modesta quando dico che non so disegnare per niente! Pure il character design, che in un reverse-harem dovrebbe brillare, non è nulla di eccelso; ricalca i classici modelli, mettendo in scena personaggi più o meno bellocci, con un carattere stereotipato. Inoltre il grande spreco è l'ambientazione nell'epoca Sengoku (1467-1603), che sarebbe stata senz'altro interessante se sfruttata come si deve. Ma al di là di qualche richiamo nel vestiario dei personaggi, i generali protagonisti di Sengoku Night Blood non rassomigliano per niente al loro corrispettivo storico. Pure gli scenari, che sarebbero potuti essere suggestivi se ispirati all'Epoca degli Stati Belligeranti, appaiono piatti e ripetitivi. La colonna sonora e il doppiaggio sono stati dignitosi per un anime che non meritava un cast di doppiatori così blasonato. Carina l'opening, Tenka Zekkei, cantata dai doppiatori dei capi delle tribù di Gegga.

Concludendo, se non volete addormentarvi sul computer, vi sconsiglio caldamente di guardare Sengoku Night Blood, soprattutto nelle ore serali, altrimenti inizierete a rigirarvi nel letto per il raccapriccio, così come Oda Nobunaga e compagni si rivoltano nella tomba, senza trovare pace.