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Di Asano ho già letto "La ragazza in riva al mare" e "Solanin". Purtroppo mi manca "Buonanotte PunPun" e, al momento, "Reiraku" mi sembra rappresentare un ulteriore evoluzione del mangaka che, dopo aver descritto le difficoltà adolescenziali in "La ragazza in riva al mare" e quelle relative al passaggio dalla giovinezza all'età adulta in "Solanin", con Reirako arriva a descrivere il disagio di chi il successo in ciò che piace l'ha raggiunto... ma a caro prezzo... e con cui non è riuscito a raggiungere la felicità interiore...
Ammetto che di Asano sono affascinato dallo stile e dal modo spesso diretto, cinico, cattivo, disilluso e forse anche "politically (s)correct" con cui descrive il malessere esistenziale, il dissidio interiore, il vuoto sotto l'apparente felicità superficiale, la complessità dell'esistenza e i suoi malesseri.
La circostanza che il protagonista Kaoru Fukasawa sia un mangaka di successo che va in crisi quando esausto si ferma a meditare su quanto realizzato nella sua esistenza è solo un "mezzo" con cui Asano ci trasmette un messaggio abbastanza chiaro che non necessariamente debba essere autobiografico.
E' più in generale la descrizione della maturata consapevolezza di coloro che arrivati a raggiungere ciò che anelavano con tutta la loro volontà, sacrificando tutto il resto, scoprono quanto possa essere effimero e deludente il presunto obiettivo se poi non è equilibrato da qualcos'altro che diventi la solida base dove appoggiarsi nei momenti in cui si realizza che il demone a cui si è sacrificata l'intera esistenza ha divorato tutto.
Ennesima critica al "sistema" che spinge le persone oltre il limite della sopportazione sacrificando la vita all'inseguimento dei propri sogni? Che inseguire le aspirazioni sia un'illusione mortale per coloro che non hanno l'equilibrio emotivo di bilanciarlo con altri valori?
Il vagabondare di Kaoru, perennemente alla ricerca di un senso alla propria esistenza, sembra una metafora di coloro che avversando il nulla esteriore della società moderna, alla fine realizzano che rispecchia proprio il loro. Ed è deprimente e doloroso...
L'immagine di Kaoru che, osservando una coppia felice con bambini alla stazione dopo aver salutato (per sempre) Chifuyu, immagina di essere al loro posto con la stessa Chifuyu come una famiglia vera è paradigmatica della delusione e dell'infelicità del protagonista, ormai con le spalle al muro a chiedersi il perché del "ciò che poteva essere ... e non è stato"...
Reiraku sembra rappresentare la weltanschauung di Asano sulla generazione di trentenni (alla soglia dei quaranta) immatura ed insicura, restia a prendersi le proprie responsabilità (basti riflettere sulle giustificazioni addotte da Kaoru agli amici che si sposavano e mettevano su famiglia mentre lui trascina un matrimonio infecondo con l'editor conosciuta anni addietro e con la quale non condivide nulla, neppure i timori e le frustrazioni).
Colpa di una società frenetica e alienante che spesso mina le certezze dei giovani, una società in cui “è la normalità la vera rivoluzione”?
Può essere ... ma come asseriva Voltaire (“Noi siamo tutti impastati di debolezze e di errori; perdonarci reciprocamente le nostre balordaggini è la prima legge di natura”), la risposta alberga in noi stessi e il buon Kaoru realizza amaramente che aveva la felicità a portata di mano ma non ha mai avuto il coraggio di afferrarla e ha preferito "scappare" ottenendo solo il risultato di spostare altrove le sue inquietudini, scaricandole su tutto ciò che lo circonda.