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7.0/10
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“Nessuno è nato imparato.”
È una frase che diceva praticamente sempre mia madre quando sbagliavo la prima volta una cosa, come fare una lavatrice o mettere al posto giusto dei panni. Al secondo errore arrivava una ciabatta a 200 km/h dalla parte opposta della casa, ma questa, è un’altra storia.
Però, effettivamente, non è un concetto sbagliato: tutti, da sempre, siamo stati “imboccati” da qualcuno più esperto nello svolgere una determinata azione, anche le più basilari, come mangiare o bere quando si è piccoli, o capire in anticipo gli stimoli e recarsi al vasino e non farsela addosso. Ma non solo in età puerile, anche, per esempio, affrontando una nuova sfida come un nuovo posto di lavoro o un cambiamento importante di scuola, qualcuno ci ha dato qualche consiglio per adattarci e migliorare la nostra personale esperienza. Così è stato avvicinandoci a uno sport: chiunque abbia iniziato a praticare il calcio sognava di diventare il proprio idolo, ma ha dovuto prima imparare le regole di questo gioco, incontrando anche alcune difficoltà nell’applicazione dei concetti.
In anime e manga spokon, invece, pare spesso che i protagonisti dell’opera siano delle specie di fenomeni nati, capaci di qualsiasi impresa, anche le più ardue. Holly (o Tsubasa, come volete) era destinato a fare il 10 da neonato, Hanamichi arriva a schiacciare quasi subito, Ryoma Echizen viene da subito mostrato come il nuovo Federer, così come Takumi Fujiwara guida come Miki Biasion. Ma non si dovrebbe essere delle ‘seghe’ all’inizio?

Ora apriamo un altro discorso. Si dice che lo sport più massacrante sia il triathlon, inventato apposta unendo tre delle discipline più logoranti esistenti. Ma come sport di squadra? A questo quesito, la mia risposta è una sola: la pallanuoto. Perché? Presto detto: quando si è stanchi, in altri sport ci si può fermare un secondo come singolo, o rallentare i ritmi del gioco per permettere di “far rifiatare i compagni”. Ma nel waterpolo, come viene detto dagli anglofoni, come puoi anche solo immaginare di poterlo fare? Un’azione dura trenta secondi come nella pallacanestro, poi bisogna riattraversare a nuoto il più veloce possibilmente il campo, poi bisogna riuscire ad emergere fino alle cosce dall’acqua senza toccare il fondo per poter effettuare un tiro, un passaggio o un bloccaggio difensivo. E se sei stanco, voglio vedere se puoi permetterti di smettere di stare a galla: in questo tipo di competizione, hai sempre l’acqua alla gola. Poi lasciamo stare i falli: non sono praticamente mai fallo gli scontri fisici sul portatore di palla. Unite tutto ciò che ho scritto prima e ditemi se è uno sport per mezze cartucce...
E in questa magnifica disciplina, l’Italia vanta una lunga tradizione, sia come nazionale, che come club: difatti, la squadra più titolata al mondo è la Pro Recco, team dell’omonimo paese ligure di meno di 10000 abitanti. La compagine della provincia di Genova è attualmente campione d’Europa e vanta il record di ben nove Champions League vinte, oltre che sei Supercoppe Europee e trentatré scudetti... Insomma, una macchina da guerra.

Ma tutta ‘sta manfrina a cosa serve? Semplice: a presentare l’estremo opposto a ciò che è la Pro Recco.
Ecco quindi che ci arriva in soccorso un anime originale di dodici episodi, prodotto dallo studio MAPPA, scritto, diretto, sceneggiato, composto e anche animato da Masafumi Nishida, ovvero il creatore di “Tiger & Bunny”. Faceva anche i caffè allo staff e puliva lo studio, quasi. Insomma, uno spokon, appunto sulla pallanuoto, passato inosservato durante la stagione primaverile 2021.
Partiamo con una brevissima recensione generale: l’anime nel complesso è... non indimenticabile, abbastanza medio. Si passa da buone animazioni a osceni momenti di CGI usata con il fondoschiena. I personaggi sono anch’essi normali. A parte il protagonista e pochissimi altri, alcuni sono dei veri e propri cliché viventi o a volte persino dimenticati. Anche le ambientazioni deficitano un po’, sinceramente. Allora perché sto qui a parlarvene, se pare essere così banale? Perché, per me, la sua grandiosità (si fa per dire) sta nell’idea di fondo dietro all’anime.
La storia narra del rinato club di pallanuoto del liceo Yamanami, ovvero una squadra di... scarsoni. Da un minuscolo club, senza allenatore, in cui i giocatori sono in numero giusto appena per fare una partita e nel quale solo due hanno giocato in precedenza, cosa ci si dovrebbe aspettare?

Perché non è solo una questione di saper giocare o meno: è proprio un problema sopravvivere a una partita intera. Chi non ha mai praticato la pallanuoto, anche se fosse una persona super in forma o molto abile nel nuoto, farebbe un’enorme fatica a sostenere questi folli ritmi, dove anche stare a galla diventa un problema, figurarsi giocare bene. È un po’ come giocare a calcio su un campo minato con delle scarpe di cemento, mentre dei cecchini sparano a vista, insomma. E come vuoi che giochino dei novellini quattordicenni? Male, malissimo. Giustamente, quest’Armata Brancaleone le prende anche da una squadra delle elementari: la pallanuoto è una questione di coesione, intelligenza, risparmio delle energie e abnegazione, dovuta soprattutto ai massacranti allenamenti. Anche se più piccoli, sette bambini ben allenati potrebbero battere tranquillamente tutto lo staff di AnimeClick.it. Non solo per loro bravura, ma perché noi daremmo forfait alla fine del primo tempo. Insomma, giustamente quest’anime ci fa cadere dal pero: lo sport è sudore, tanto sudore.
Ma non è solo questa grande idea a dare un valore aggiunto a un anime altrimenti molto sciatto: ci sono altri picchi di realismo che ridimensionano le nostre idee fantasiose su questo sport.

Una piccola chicca che mi è molto piaciuta è la triste crudezza che rappresenta l’interesse verso questo magnifico sport: nell’anime vengono presentate “solamente” tre squadre. Perché? Perché sono quelle che partecipano alle qualificazioni nazionali di Okayama. Okayama la città? No, la prefettura. Giustamente, adeguandosi alla realtà, la pallanuoto viene mostrata con tutta la sua popolarità: tre squadre solamente si contendono un titolo regionale. E solo una è per caso la squadra campione del Giappone: le altre due sono classiche squadre materasso. Quindi, neanche c’è troppa competizione: le grandi formazioni sbancano sempre nei loro piccoli tornei agonistici.

Insomma, bello tutto, ma per una volta si vede un anime che riporta a terra noi botole viventi, ricordandoci di quanto facciamo schifo e che non è tutto così facile come sembri. Poi, oh, se avete una forza di volontà e il sogno di entrare nel Settebello (il soprannome della nazionale italiana di pallanuoto, eh, non il preservativo), ben venga: fa bene al vostro corpo e potreste anche sentirvi realizzati. Ma per una volta viene mostrato cosa sia realmente un determinato sport, senza idilli vari. Sudore, fatica e, a volte, sangue (o edemi polmonari e ipossia, in questo caso...).