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Quando avevo sedici anni, lessi uno dei manga shojo più belli mai avuti tra le mani: era il 2002 ed era la primissima edizione de "Il giocattolo dei bambini" di Miho Obana, all'epoca edito da Dynamic, oggi Dynit. Ah, che ricordi! Le uscite erano bimestrali, e ricordo l'attesa spasmodica per avere il volume successivo tra le mani, comprato nell'edicola di fronte casa, e l'edicolante, che vedeva il tuo entusiasmo, ti metteva da parte il volume quando arrivava.
Un manga senza tempo, di una bellezza ammaliante, con personaggi meravigliosi, una protagonista dinamica, con un'allegria e un'energia contagiose, e un protagonista cupo, ribelle, inizialmente violento, ma con un carattere forte e deciso, che si innamorerà di una metà molto diversa da lui per carattere, eppure destinata a unirsi a lui indissolubilmente.

All'epoca non vidi l'anime in onda su Mediaset, anche se ne sentivo parlare bene, e mi vien da dire "Per fortuna!", perché, a distanza di decenni, l'ho visto più che altro perché è capitata l'occasione, e con una vena di nostalgia per il manga ho accontentato mio marito, che era curioso di dargli una occhiata, avendone sentito parlare bene molti anni fa.

Per chi ha letto solo il manga da adolescente e l'ha amato alla follia, tanto da ricordarne quasi completamente la trama a memoria anche a distanza di decenni, guardare l'anime successivamente diventa un vero tormento, perché il paragone tra cartaceo e adattamento animato è inevitabile. E la differenza è abissale e atroce.

Una parte della trama è stata rispettata, per fortuna, ed è abbastanza fedele, anche se con l'aggiunta di personaggi inutili come Gerald e il pipistrello Babbit, ma tra un arco narrativo e l'altro sono state inserite decine di puntate completamente inventate dal regista e dagli sceneggiatori, inserendo intere vicende che non c'entrano nulla con la trama base del manga, personaggi totalmente inventati di sana pianta e a mio parere assolutamente obsoleti.
Per non parlare del finale, completamente anonimo e anche qui inventato dagli sceneggiatori, che si discosta totalmente dallo splendido finale della controparte cartacea: insomma, un disastro!
Come quasi sempre, allungare il brodo porta a rovinare un prodotto, il manga infatti era perfetto così com'era a livello narrativo concepito dall'autrice Miho Obana, non aveva bisogno di nessuna aggiunta, quindi l'anime è stato per me un po' deludente.
I personaggi del manga sono sì spesso caricaturali, per enfatizzare le scene comiche e un po' demenziali, ma dosati nel modo giusto, in questo anime sono stati esagerati all'ennesima potenza, tanto da sembrare quasi fastidiosi a volte.
Le parti cantate ad ogni episodio si potevano benissimo evitare, totalmente inutili e irritanti.

Come se non bastasse, Mediaset ha censurato alcune scene ed edulcorato alcuni dialoghi, per renderlo più adatto a un pubblico di bambini, snaturando i bellissimi dialoghi originali. Per non parlare di come sono stati storpiati i nomi: Eric invece di Hayama Akito, Rossana invece di Sana Kurata, Terence invece di Tsuyoshi, Charles invece di Naozumi, Fanny invece di Fuka, Robby invece di Rei Sagami...
Va precisato che erano gli anni '90, e all'epoca funzionava così su Mediaset, c'erano pochi canali TV che trasmettevano quelli che si chiamavano in quegli anni cartoni animati giapponesi, erano altri tempi... per fortuna, oggigiorno i nomi sono mantenuti fedeli all'originale e vengono fatte indubbiamente meno censure.

L'ultimo arco narrativo del manga, più drammatico, è stato totalmente scartato nell'anime, era in realtà una parte profonda e interessante da vedere, dove Akito (Eric) andava a salvare un ragazzo vittima del suo bullismo e ne rimaneva ferito in modo serio; questo portava Sana a un tale shock emotivo, che per un periodo soffrì di una sindrome rara, quella della bambola: il suo volto divenne perennemente inespressivo. Per una come lei, abituata a fare mille e più facce di ogni genere, e facendo pure l'attrice, fu un vero trauma, e uno shock per noi lettori, che vedevamo il nostro idolo ridotto psicologicamente a brandelli, con a fianco un Akito ferito nel corpo a scontare le sue azioni passate.
Un vero peccato non vederlo in anime... o forse un bene: se avessi visto un altro arco narrativo del manga snaturato e storpiato in mille modi come successo ai precedenti... direi che mi sono risparmiata ulteriore disgusto.

Come voto do una sufficienza tiratissima, solo perché, come scrivevo, alcune parti sono state mantenute abbastanza fedeli al manga, ma solo questo, il resto è da dimenticare.

La grafica è figlia degli anni '90, e quindi imparagonabile agli standard odierni.
Devo dire che avevo dubbi sul doppiaggio italiano, con Sana ci sono cresciuta nell'adolescenza e avevo paura che la doppiatrice non rendesse bene sullo schermo, invece Marcella Silvestri si è dimostrata all'altezza di un personaggio così difficile da doppiare, con dialoghi molto veloci e tante, ma tante battute urlate, tipico dell'esuberanza di Sana; anche Monica Bonetto è entrata bene nel personaggio di Akito (Eric), dando una voce credibile.

Insomma, sinceramente non ne consiglio la visione, soprattutto se si ha già letto tutto il manga e ci si è affezionati, si rischia di rimanere fortemente delusi e a tratti disgustati tra censure e adattamenti ridicoli.

Per chi invece ha già visto questo anime, consiglio assolutamente la lettura del bellissimo e profondo manga, tra l'altro riedito recentemente in una Big Edition (formato più grande che permette di ammirare tutti i dettagli - numerosi - che l'autrice mette in ogni tavola): lo rivedrete in una veste migliore, più emozionante e che riserverà belle sorprese.