Recensione
Serie d’altri tempi.
La sua matrice anni ’90 è chiaramente riconoscibile in ogni aspetto: dalle animazioni, alla colonna sonora, alla storia.
Non si tratta della tipica romcom moderna, leggera e frivola, che parla solo di amore, in cui due protagonisti si piacciono, si avvicinano pian piano senza particolari ostacoli e infine si baciano all’ultima puntata. Qui la trama è articolata, non lineare, non sappiamo come andrà a finire. I personaggi sono ambivalenti, a volte contraddittori, confusi, evolvono con l’andare della storia. Inoltre c’è molto drama: delusioni, problemi, ostacoli, imprevisti.
Il tema non è solo l’amore ma le differenze tra classi sociali, il bullismo e la drammatica crisi economica del Giappone di quei tempi in cui molta gente non riusciva a trovare lavoro per arrivare a fine mese (esemplificata dai mitici genitori di Makino).
In particolar modo è sorprendente la nonchalance con cui riesca a cambiare timbro passando dal comico al romantico fino ad arrivare addirittura al thriller/horror. I compagni di scuola di Makino sono infatti di una cattiveria inenarrabile, capaci di atti così spietati da far venire in mente gli sgherri di Ken il Guerriero. Una cosa inconcepibile nelle produzioni moderne. Se cercate una visione puramente leggera e politicamente corretta siete fuori strada: non lo è, per niente. Personalmente lo scrivo con accezione assolutamente positiva, essendo io molto affezionato alle produzioni anni ’80/’90, ma capisco che per qualcuno possa essere invece un difetto difficile da mandare giù.
E’ quindi un anime che può piacere e non piacere, tuttavia rappresenta comunque un "must" per qualunque appassionato di romcom in quanto stiamo parlando dell’adattamento di un manga obiettivamente eccezionale: non si diventa il manga shojo più venduto della storia così, per caso.
Nota
L’ho visto in lingua originale e consiglio a tutti di fare lo stesso perché la versione doppiata italiana fa letteralmente schifo. E non perché le voci siano brutte o perché io sia un fanatico purista della lingua originale (non lo sono) ma perché, in questo caso, la versione italiana ha davvero superato se stessa: non solo i nomi sono diversi e abbastanza ridicoli (tipo Tsukushi Makino diventa Marie-Yvonne Tudor), non solo ci sono tantissime censure molto pesanti (e per far tornare la durata degli episodi fanno taglia e cuci di sequenze tra una puntata e l’altra) che rendono certe scene incomprensibili, tanto che due puntate sono state addirittura eliminate del tutto, ma soprattutto è stato aggiunto di sana pianta il ridicolo “romanzo di Marie-Yvonne” che nell’originale non esiste: nella versione italiana la protagonista dichiara di scrivere un romanzo sugli avvenimenti che le capitano e così in ogni puntata vengono aggiunti di sana pianta un sacco di stupidi dialoghi interiori di Makino, odiosi sia perché essendo inventati possono travisare le reali intenzioni del personaggio, sia perché vanno a rovinare scene sognanti o drammatiche in cui la protagonista in originale rimaneva invece in silenzio, per l’emozione o il turbamento. Una roba davvero indegna.
Attenzione: questa parte contiene spoiler
Storia
La premessa della nostra storia è la seguente.
Tsukushi Makino è una ragazza 16enne, di famiglia povera, che si riconosce appieno nel suo nome: il suo è infatti il nome di una pianta affatto pregiata, un’erbaccia priva di particolare bellezza che solitamente cresce lungo i bordi della strada la cui unica virtù è essere tenace, resistente a qualunque erbicida. Il suo desiderio sarebbe di passare una vita tranquilla, lontana dai riflettori, ma viene completamente stravolto dai suoi genitori fuori di testa i quali decidono -senza interpellarla- di iscriverla all’Eitoku, la scuola più prestigiosa di tutta Tokyo, frequentata solo da viziati ricconi ereditieri. Per farlo usano tutte le loro finanze unicamente per pagare la retta scolastica di Tsukushi, riducendosi a vivere in totale degrado, abitando in una topaia e mangiando riso e patate, tutto perché il loro obiettivo è che qualcuno di quei figli di papà si interessi a Tsukushi, la sposi, e redima tutti quanti dal loro infimo stato di povertà. Degli adorabili pazzi!
Peccato che non abbiano fatto i conti con le intenzioni della loro figlia la quale non è minimamente interessata a trovarsi un marito, odia profondamente quel mondo di ricchi viziati e cerca di tenere a scuola un basso profilo per non farsi notare, sperando che i due restanti anni di liceo passino in fretta. Impresa tutt’altro che facile visto che, da testarda e insofferente alle ingiustizie qual è, fa fatica a sopportare ciò che accade a scuola: all’Eitoku infatti regna il bullismo più spietato, classista fino al midollo, in cui i ricchi maltrattano selvaggiamente i meno ricchi come in una piramide, all’apice della quale si ergono quattro odiosi figli di papà detti F4 (4 flowers): bellissimi, ricchissimi, viziatissimi. La legge a scuola la fanno loro, imperversano su chiunque anche per puro sfizio, col beneplacito dei professori, che si voltano dall’altra parte.
Inutile dire che Tsukushi finirà per scontrarsi con gli F4 avviando ben presto un triangolo amoroso con due di essi: da una parte Rui Hanazawa, ragazzo silenzioso e solitario, per il quale Tsukushi si prenderà una cotta; dall’altra Tsukasa Domyoji, il capo degli F4, ragazzo prepotente e presuntuoso, figlio della famiglia più ricca del Giappone, che si innamorerà di Tsukushi. Sembra che io abbia spoilerato chissà cosa ma si tratta fondamentalmente della premessa della serie da cui prende avvio la trama.
Fine parte contenente spoiler
La cosa bella della storia è che non è affatto lineare: i personaggi fanno e disfano, non sono sempre sicuri di quello che vogliono o provano, a volte agiscono avventatamente in cerca dell’emozione (sono adolescenti in fondo!), commettono errori, ma le esperienze che andranno a vivere non rimangono fini a se stesse, li fanno crescere, evolvere, li inducono a cambiare il proprio punto di vista sugli altri e sul mondo e maturare sentimenti nuovi. Tanto che i personaggi alla fine della storia sono molto diversi rispetto a com’erano all’inizio.
Inoltre è una trama corale: nelle produzioni moderne capita spesso che i personaggi principali sembrino vivere in una campana di vetro in cui esistono solo loro, mentre i secondari sono ridotti a sagome di cartone con la stessa profondità della tappezzeria di casa. Qui invece c’è tutto un mondo sociale variegato fatto di tanti personaggi secondari con i quali i protagonisti vanno a interagire, personaggi caratterizzati benissimo e che hanno un grande impatto negli eventi.
Inoltre c’è drama: è un aspetto che apprezzo moltissimo e che fatico a trovare nelle produzioni moderne, in cui spesso tutto fila troppo irrealisticamente liscio. Ci sono antagonisti seri, imprevisti, fraintesi, e soprattutto ostacoli importanti che vanno oltre il “mi piace/non mi piace” (in primis la differenza di ceto sociale e tutto ciò che ne consegue). Certo a volte alcune situazioni sono un po’ esagerate, a volte seguono dei clichè, ma devo dire che i momenti topici sono tutti azzeccati e colpiscono nel segno. Personalmente in un paio di occasioni mi hanno seriamente toccato emotivamente, sono stato proprio male per Domyoji col quale in certi frangenti mi sono molto immedesimato (non mi capitava di provare fitte del genere da anni).
Personaggi
Una regola non scritta dice che se un personaggio ti provoca una vera emozione, sia pure negativa, ha centrato il suo obiettivo. In questo Hanayori Dango è un’opera eccezionale.
I personaggi sono infatti talmente ben caratterizzati che non possono lasciare indifferenti. Come si può infatti non provare sincero disprezzo per le tre perfide megere compagne di classe di Tsukushi? E ancor di più per quell’autentico mostro della madre di Domyoji? Come non provare simpatia e compassione per il povero Kazuya, sempre gentile, disponibile e friendzonato senza speranza? Come non mettersi le mani ai capelli ad ogni sparata degli imbarazzanti genitori di Tsukushi?
E poi chiaramente ci sono i personaggi principali del triangolo: Rui Hanazawa, Tsukushi Makino e Tsukasa Domyoji.
Una cosa che apprezzo molto di loro è che non sono affatto perfetti o idealizzati. Hanno tante sfaccettature, lati positivi e negativi, commettono errori, hanno scatti di ira, a volte si impuntano rigidamente su una posizione anche a costo di non essere onesti con se stessi, cose tipiche della loro età insomma. Inoltre crescono moltissimo durante la storia. Questo li rende veri, realistici e ci permette di immedesimarci in loro con facilità.
E allora immedesimiamoci…
Rui Hanazawa è il classico amico figo e tenebroso di cui puntualmente si innamorerà la ragazza che piace a te. Non c’è niente che tu possa fare per impedirlo: se ti piace una ragazza puoi fare i salti mortali, dichiararti appassionatamente, superare prove d’amore assurde, rischiare la vita per salvarla, ma poi lei si girerà e guarderà sospirando lui che senza alcuno sforzo, senza fare niente e restando in silenzio, vicino a una finestra, di profilo in controluce, con la sua sola presenza e gli occhi da triglia lessa le farà battere il cuore, con tante bolle di sapone sullo sfondo. Almeno dici: pazienza, ci sto male, ma almeno si metterà con lei, la renderà felice e mi rassegnerò… e invece no! Perchè Rui è innamorato pazzo senza speranza di un’altra (Shizuka) e dunque rimane single a vita a fungere da mela d’oro.
Tsukushi Makino è la classica ragazza problematica di cui ti innamori follemente tu. Non c’è una ragione sensata per cui tu abbia scelto proprio lei: è incostante, testarda, manesca e in fondo neanche così bella. E’ ambivalente, mai chiara sui propri sentimenti: più tu le vieni incontro più lei ti sfugge, ti insulta, critica e nega ogni interesse verso di te. Salvo poi impazzire se tu dai conto a un’altra. La classica ragazza che ti fa andare in tilt il cervello. Razionalmente ce ne sarebbero un mucchio di ragazze migliori o comunque più adatte a te, che ti apprezzano per quello che sei e che hai, ma non c’è niente da fare, l’amore non si può razionalizzare: per te esiste solo lei. O lei o niente.
Tsukasa Domyoji sei te. Oddio, una versione leggermente “overpowered” di te. E’ un te bello, forte, potente, ricco sfondato, proveniente da una delle famiglie più prestigiose di tutta la nazione. Forte di tutto questo potresti avere facilmente qualunque ragazza tu voglia e invece ti innamori disperatamente dell’unica a cui tutte queste cose non interessano. Per cui passerai il tempo a smuovere mari e monti per lei, per poi subire cocenti delusioni.
Parliamoci chiaro: la protagonista della storia è Makino ma alla fine della fiera è Domyoji a essere l’eroe di tutto il cartone.
Nonostante ci venga introdotto inizialmente come un ragazzo prepotente, arrogante, violento e fortemente classista, ben presto scopriamo che in realtà si tratta di un ragazzo molto sensibile con un passato triste e solitario. Sostanzialmente abbandonato dai genitori, sempre all’estero per lavoro e che vede una sola volta l’anno (per il suo compleanno), è cresciuto da solo nella sua immensa casa con l’unica compagnia di sua sorella maggiore, ormai però da alcuni anni sposata e trasferitasi negli USA. I suoi scatti di ira sono una reazione all’insofferenza verso un mondo che non lo ha mai considerato come una persona: per gli altri lui non è Tsukasa, lui è l’erede della famiglia Domyoji. A scuola compagni e professori sono leccapiedi verso la sua famiglia, i suoi genitori lo considerano solamente una pedina da giocarsi in un matrimonio di convenienza, tutte le ragazze che gli ronzano intorno lo fanno per i suoi soldi (per cui ne è disgustato e le rifiuta tutte).
Quando incontra Makino rimane folgorato non solo dalla sua personalità, ma dal fatto che lei non mostri nessuna reverenza verso la sua posizione, che non sia in alcun modo intimidita dal suo nome e soprattutto non abbia il benché minimo interesse verso i suoi soldi e il suo prestigio sociale. Lei è la prima ragazza che lo affronta alla pari e soprattutto che lo tratta come persona. Se ne innamora perdutamente, instaurando con lei un rapporto tsundere meraviglioso: si prendono continuamente in giro, si divertono, si insultano, ma ci tengono tantissimo l’un l’altro, creano un’alchimia tale che noi spettatori passiamo il tempo a chiederci cosa aspetti Makino a mettersi con lui, come possa mai preferirgli quel baccalà di Rui.
Nel corso della storia, per amore di lei, Domyoji cresce in maniera incredibile arrivando a mettere in discussione tutto, a cercare di comprendere, di avvicinarsi al suo mondo. L’amore che prova per Makino è commovente, purissimo, senza confini, smuoverebbe mari e monti per lei, morirebbe per salvarla. Per questo è così doloroso assistere ai momenti in cui lei gli spezza il cuore.
Makino dal canto suo sembra quasi farlo apposta a ferirlo: lui le confessa il suo amore, le da mille dimostrazioni di quello che prova, ma lei trova sempre il modo di non accorgersene, di non credergli, di sminuirlo, di vedere ostacoli, di dare fiducia a chiunque altro tranne che a lui. Ci sono momenti in cui arriviamo a non sopportarla più, la perdoniamo solo perché sappiamo che sotto sotto, nel profondo, è innamorata di lui, anche se lo nega pure a se stessa.
Ma perché fa così? Difficile a dirsi. Tsukushi sostanzialmente è una ragazza confusa che non sa bene quello che vuole. Inizialmente si innamora di Rui: un amore totalizzante, di completa validazione, ma non corrisposto. Col passare della storia questo sentimento cambia e si trasforma in una specie di affetto fraterno: Rui diventa come un fratello maggiore per lei, un confidente e un porto sicuro. Nel frattempo diventa chiaro che dentro di lei, progressivamente, cresce in maniera irrefrenabile un amore per Domyoji che però lei nega e contrasta in ogni modo. La grande dote di Makino, la tenacia, che le ha permesso di sopravvivere in quella giungla della sua scuola, nei confronti di Domyoji si trasforma in un’assurda testardaggine di cui si fatica a capire la ragione. Quel che è certo è che questo sentimento le crea un fortissimo conflitto interno su cui non si riesce mai a fare chiarezza. L’argomento che tira spesso in ballo è la famiglia Domyoji. Sembra quasi che in fondo la vera classista (classista alla rovescia) sia proprio lei e che qualunque cosa possa fare Tsukasa e per quanto lei stessa provi ormai un sentimento per lui, non vorrà mai accettare che questo amore esista perché non vuole avere niente a che fare con il mondo di ricchi prepotenti da cui lui proviene e che aveva sempre finora detestato.
Ma forse è proprio questa ambiguità, questo conflitto mai risolto di Makino, a rendere più affascinante la storia che in definitiva si regge sul rapporto tra lei e Domyoji e tutto quello che ne viene fuori.
Comparto Tecnico
Per la varietà delle scelte stilistiche, alcune anche ardite, potremmo definirlo sperimentale. E’ una produzione anni ’90 e si vede: le animazioni sono spesso semplici e in molte sequenze è visivamente povero, con worldbuilding scarno, a volte i personaggi si stagliano su sfondi monocromatici o con le classiche texture shojo di fiori o bolle di sapone. Tuttavia riesce ad essere molto suggestivo nelle sequenze romantiche (complice anche un’ottima colonna sonora orchestrale) ed estremamente tetro nelle sequenze drammatiche/violente: in quei casi infatti la regia passa a uno stile espressionista con prospettive deformate, punti di vista obliqui, personaggi inquadrati di taglio, ombre.
La colonna sonora è altalenante: quella orchestrale mi piace molto, ma nell’arco finale del cartone passa a una specie di lounge americaneggiante che non mi è piaciuto affatto. E’ il prezzo da pagare per le opere sperimentali, a volte le scelte funzionano, altre meno.
Conclusione
Ho apprezzato molto questo adattamento di Hanayori Dango.
L’ho rivisto a distanza di 15 anni ed è stato come vederlo per la prima volta perché non ricordavo quasi nulla della trama.
Com’è ovvio il materiale di partenza era di prim’ordine e certamente aiuta, ma questo adattamento ha il merito di osare nelle scelte stilistiche (a volte centrando l’obiettivo, altre meno) esasperando in particolare le fasi drammatiche del manga, creando qualcosa che oggi risulta veramente particolare, fuori dagli schemi.
Il punto dolente riguarda a mio avviso la fase finale: l’anime infatti copre solamente metà del manga ed è stato realizzato in contemporanea ad esso. Arrivati alla puntata 45 avevano raggiunto il manga e non avendo più materiale hanno deciso di chiuderla li, pertanto le ultime 6 puntate non sono canoniche bensì inventate per dare una conclusione a questo anime. E si vede. Sono episodi incoerenti e un po’ fumosi, si salva solamente qualche momento devo dire ben realizzato, e si concludono in modo abbastanza trash. Infatti ora sto rileggendo il manga per gustarmi la vera prosecuzione della storia (per chi fosse interessato: dovete riprendere dal 18° tankobon, capitolo 113).
Siamo in un periodo in cui vanno i remake e ammetto che non mi dispiacerebbe un rifacimento moderno di Hanayori Dango che andasse a coprire tutta la storia ma visto che nei remake si tende spesso a smussare gli spigoli credo che rimarrei comunque sempre affezionato a questa versione che nella sua particolarità mi ha dato delle emozioni difficilmente ripetibili.
La sua matrice anni ’90 è chiaramente riconoscibile in ogni aspetto: dalle animazioni, alla colonna sonora, alla storia.
Non si tratta della tipica romcom moderna, leggera e frivola, che parla solo di amore, in cui due protagonisti si piacciono, si avvicinano pian piano senza particolari ostacoli e infine si baciano all’ultima puntata. Qui la trama è articolata, non lineare, non sappiamo come andrà a finire. I personaggi sono ambivalenti, a volte contraddittori, confusi, evolvono con l’andare della storia. Inoltre c’è molto drama: delusioni, problemi, ostacoli, imprevisti.
Il tema non è solo l’amore ma le differenze tra classi sociali, il bullismo e la drammatica crisi economica del Giappone di quei tempi in cui molta gente non riusciva a trovare lavoro per arrivare a fine mese (esemplificata dai mitici genitori di Makino).
In particolar modo è sorprendente la nonchalance con cui riesca a cambiare timbro passando dal comico al romantico fino ad arrivare addirittura al thriller/horror. I compagni di scuola di Makino sono infatti di una cattiveria inenarrabile, capaci di atti così spietati da far venire in mente gli sgherri di Ken il Guerriero. Una cosa inconcepibile nelle produzioni moderne. Se cercate una visione puramente leggera e politicamente corretta siete fuori strada: non lo è, per niente. Personalmente lo scrivo con accezione assolutamente positiva, essendo io molto affezionato alle produzioni anni ’80/’90, ma capisco che per qualcuno possa essere invece un difetto difficile da mandare giù.
E’ quindi un anime che può piacere e non piacere, tuttavia rappresenta comunque un "must" per qualunque appassionato di romcom in quanto stiamo parlando dell’adattamento di un manga obiettivamente eccezionale: non si diventa il manga shojo più venduto della storia così, per caso.
Nota
L’ho visto in lingua originale e consiglio a tutti di fare lo stesso perché la versione doppiata italiana fa letteralmente schifo. E non perché le voci siano brutte o perché io sia un fanatico purista della lingua originale (non lo sono) ma perché, in questo caso, la versione italiana ha davvero superato se stessa: non solo i nomi sono diversi e abbastanza ridicoli (tipo Tsukushi Makino diventa Marie-Yvonne Tudor), non solo ci sono tantissime censure molto pesanti (e per far tornare la durata degli episodi fanno taglia e cuci di sequenze tra una puntata e l’altra) che rendono certe scene incomprensibili, tanto che due puntate sono state addirittura eliminate del tutto, ma soprattutto è stato aggiunto di sana pianta il ridicolo “romanzo di Marie-Yvonne” che nell’originale non esiste: nella versione italiana la protagonista dichiara di scrivere un romanzo sugli avvenimenti che le capitano e così in ogni puntata vengono aggiunti di sana pianta un sacco di stupidi dialoghi interiori di Makino, odiosi sia perché essendo inventati possono travisare le reali intenzioni del personaggio, sia perché vanno a rovinare scene sognanti o drammatiche in cui la protagonista in originale rimaneva invece in silenzio, per l’emozione o il turbamento. Una roba davvero indegna.
Attenzione: questa parte contiene spoiler
Storia
La premessa della nostra storia è la seguente.
Tsukushi Makino è una ragazza 16enne, di famiglia povera, che si riconosce appieno nel suo nome: il suo è infatti il nome di una pianta affatto pregiata, un’erbaccia priva di particolare bellezza che solitamente cresce lungo i bordi della strada la cui unica virtù è essere tenace, resistente a qualunque erbicida. Il suo desiderio sarebbe di passare una vita tranquilla, lontana dai riflettori, ma viene completamente stravolto dai suoi genitori fuori di testa i quali decidono -senza interpellarla- di iscriverla all’Eitoku, la scuola più prestigiosa di tutta Tokyo, frequentata solo da viziati ricconi ereditieri. Per farlo usano tutte le loro finanze unicamente per pagare la retta scolastica di Tsukushi, riducendosi a vivere in totale degrado, abitando in una topaia e mangiando riso e patate, tutto perché il loro obiettivo è che qualcuno di quei figli di papà si interessi a Tsukushi, la sposi, e redima tutti quanti dal loro infimo stato di povertà. Degli adorabili pazzi!
Peccato che non abbiano fatto i conti con le intenzioni della loro figlia la quale non è minimamente interessata a trovarsi un marito, odia profondamente quel mondo di ricchi viziati e cerca di tenere a scuola un basso profilo per non farsi notare, sperando che i due restanti anni di liceo passino in fretta. Impresa tutt’altro che facile visto che, da testarda e insofferente alle ingiustizie qual è, fa fatica a sopportare ciò che accade a scuola: all’Eitoku infatti regna il bullismo più spietato, classista fino al midollo, in cui i ricchi maltrattano selvaggiamente i meno ricchi come in una piramide, all’apice della quale si ergono quattro odiosi figli di papà detti F4 (4 flowers): bellissimi, ricchissimi, viziatissimi. La legge a scuola la fanno loro, imperversano su chiunque anche per puro sfizio, col beneplacito dei professori, che si voltano dall’altra parte.
Inutile dire che Tsukushi finirà per scontrarsi con gli F4 avviando ben presto un triangolo amoroso con due di essi: da una parte Rui Hanazawa, ragazzo silenzioso e solitario, per il quale Tsukushi si prenderà una cotta; dall’altra Tsukasa Domyoji, il capo degli F4, ragazzo prepotente e presuntuoso, figlio della famiglia più ricca del Giappone, che si innamorerà di Tsukushi. Sembra che io abbia spoilerato chissà cosa ma si tratta fondamentalmente della premessa della serie da cui prende avvio la trama.
Fine parte contenente spoiler
La cosa bella della storia è che non è affatto lineare: i personaggi fanno e disfano, non sono sempre sicuri di quello che vogliono o provano, a volte agiscono avventatamente in cerca dell’emozione (sono adolescenti in fondo!), commettono errori, ma le esperienze che andranno a vivere non rimangono fini a se stesse, li fanno crescere, evolvere, li inducono a cambiare il proprio punto di vista sugli altri e sul mondo e maturare sentimenti nuovi. Tanto che i personaggi alla fine della storia sono molto diversi rispetto a com’erano all’inizio.
Inoltre è una trama corale: nelle produzioni moderne capita spesso che i personaggi principali sembrino vivere in una campana di vetro in cui esistono solo loro, mentre i secondari sono ridotti a sagome di cartone con la stessa profondità della tappezzeria di casa. Qui invece c’è tutto un mondo sociale variegato fatto di tanti personaggi secondari con i quali i protagonisti vanno a interagire, personaggi caratterizzati benissimo e che hanno un grande impatto negli eventi.
Inoltre c’è drama: è un aspetto che apprezzo moltissimo e che fatico a trovare nelle produzioni moderne, in cui spesso tutto fila troppo irrealisticamente liscio. Ci sono antagonisti seri, imprevisti, fraintesi, e soprattutto ostacoli importanti che vanno oltre il “mi piace/non mi piace” (in primis la differenza di ceto sociale e tutto ciò che ne consegue). Certo a volte alcune situazioni sono un po’ esagerate, a volte seguono dei clichè, ma devo dire che i momenti topici sono tutti azzeccati e colpiscono nel segno. Personalmente in un paio di occasioni mi hanno seriamente toccato emotivamente, sono stato proprio male per Domyoji col quale in certi frangenti mi sono molto immedesimato (non mi capitava di provare fitte del genere da anni).
Personaggi
Una regola non scritta dice che se un personaggio ti provoca una vera emozione, sia pure negativa, ha centrato il suo obiettivo. In questo Hanayori Dango è un’opera eccezionale.
I personaggi sono infatti talmente ben caratterizzati che non possono lasciare indifferenti. Come si può infatti non provare sincero disprezzo per le tre perfide megere compagne di classe di Tsukushi? E ancor di più per quell’autentico mostro della madre di Domyoji? Come non provare simpatia e compassione per il povero Kazuya, sempre gentile, disponibile e friendzonato senza speranza? Come non mettersi le mani ai capelli ad ogni sparata degli imbarazzanti genitori di Tsukushi?
E poi chiaramente ci sono i personaggi principali del triangolo: Rui Hanazawa, Tsukushi Makino e Tsukasa Domyoji.
Una cosa che apprezzo molto di loro è che non sono affatto perfetti o idealizzati. Hanno tante sfaccettature, lati positivi e negativi, commettono errori, hanno scatti di ira, a volte si impuntano rigidamente su una posizione anche a costo di non essere onesti con se stessi, cose tipiche della loro età insomma. Inoltre crescono moltissimo durante la storia. Questo li rende veri, realistici e ci permette di immedesimarci in loro con facilità.
E allora immedesimiamoci…
Rui Hanazawa è il classico amico figo e tenebroso di cui puntualmente si innamorerà la ragazza che piace a te. Non c’è niente che tu possa fare per impedirlo: se ti piace una ragazza puoi fare i salti mortali, dichiararti appassionatamente, superare prove d’amore assurde, rischiare la vita per salvarla, ma poi lei si girerà e guarderà sospirando lui che senza alcuno sforzo, senza fare niente e restando in silenzio, vicino a una finestra, di profilo in controluce, con la sua sola presenza e gli occhi da triglia lessa le farà battere il cuore, con tante bolle di sapone sullo sfondo. Almeno dici: pazienza, ci sto male, ma almeno si metterà con lei, la renderà felice e mi rassegnerò… e invece no! Perchè Rui è innamorato pazzo senza speranza di un’altra (Shizuka) e dunque rimane single a vita a fungere da mela d’oro.
Tsukushi Makino è la classica ragazza problematica di cui ti innamori follemente tu. Non c’è una ragione sensata per cui tu abbia scelto proprio lei: è incostante, testarda, manesca e in fondo neanche così bella. E’ ambivalente, mai chiara sui propri sentimenti: più tu le vieni incontro più lei ti sfugge, ti insulta, critica e nega ogni interesse verso di te. Salvo poi impazzire se tu dai conto a un’altra. La classica ragazza che ti fa andare in tilt il cervello. Razionalmente ce ne sarebbero un mucchio di ragazze migliori o comunque più adatte a te, che ti apprezzano per quello che sei e che hai, ma non c’è niente da fare, l’amore non si può razionalizzare: per te esiste solo lei. O lei o niente.
Tsukasa Domyoji sei te. Oddio, una versione leggermente “overpowered” di te. E’ un te bello, forte, potente, ricco sfondato, proveniente da una delle famiglie più prestigiose di tutta la nazione. Forte di tutto questo potresti avere facilmente qualunque ragazza tu voglia e invece ti innamori disperatamente dell’unica a cui tutte queste cose non interessano. Per cui passerai il tempo a smuovere mari e monti per lei, per poi subire cocenti delusioni.
Parliamoci chiaro: la protagonista della storia è Makino ma alla fine della fiera è Domyoji a essere l’eroe di tutto il cartone.
Nonostante ci venga introdotto inizialmente come un ragazzo prepotente, arrogante, violento e fortemente classista, ben presto scopriamo che in realtà si tratta di un ragazzo molto sensibile con un passato triste e solitario. Sostanzialmente abbandonato dai genitori, sempre all’estero per lavoro e che vede una sola volta l’anno (per il suo compleanno), è cresciuto da solo nella sua immensa casa con l’unica compagnia di sua sorella maggiore, ormai però da alcuni anni sposata e trasferitasi negli USA. I suoi scatti di ira sono una reazione all’insofferenza verso un mondo che non lo ha mai considerato come una persona: per gli altri lui non è Tsukasa, lui è l’erede della famiglia Domyoji. A scuola compagni e professori sono leccapiedi verso la sua famiglia, i suoi genitori lo considerano solamente una pedina da giocarsi in un matrimonio di convenienza, tutte le ragazze che gli ronzano intorno lo fanno per i suoi soldi (per cui ne è disgustato e le rifiuta tutte).
Quando incontra Makino rimane folgorato non solo dalla sua personalità, ma dal fatto che lei non mostri nessuna reverenza verso la sua posizione, che non sia in alcun modo intimidita dal suo nome e soprattutto non abbia il benché minimo interesse verso i suoi soldi e il suo prestigio sociale. Lei è la prima ragazza che lo affronta alla pari e soprattutto che lo tratta come persona. Se ne innamora perdutamente, instaurando con lei un rapporto tsundere meraviglioso: si prendono continuamente in giro, si divertono, si insultano, ma ci tengono tantissimo l’un l’altro, creano un’alchimia tale che noi spettatori passiamo il tempo a chiederci cosa aspetti Makino a mettersi con lui, come possa mai preferirgli quel baccalà di Rui.
Nel corso della storia, per amore di lei, Domyoji cresce in maniera incredibile arrivando a mettere in discussione tutto, a cercare di comprendere, di avvicinarsi al suo mondo. L’amore che prova per Makino è commovente, purissimo, senza confini, smuoverebbe mari e monti per lei, morirebbe per salvarla. Per questo è così doloroso assistere ai momenti in cui lei gli spezza il cuore.
Makino dal canto suo sembra quasi farlo apposta a ferirlo: lui le confessa il suo amore, le da mille dimostrazioni di quello che prova, ma lei trova sempre il modo di non accorgersene, di non credergli, di sminuirlo, di vedere ostacoli, di dare fiducia a chiunque altro tranne che a lui. Ci sono momenti in cui arriviamo a non sopportarla più, la perdoniamo solo perché sappiamo che sotto sotto, nel profondo, è innamorata di lui, anche se lo nega pure a se stessa.
Ma perché fa così? Difficile a dirsi. Tsukushi sostanzialmente è una ragazza confusa che non sa bene quello che vuole. Inizialmente si innamora di Rui: un amore totalizzante, di completa validazione, ma non corrisposto. Col passare della storia questo sentimento cambia e si trasforma in una specie di affetto fraterno: Rui diventa come un fratello maggiore per lei, un confidente e un porto sicuro. Nel frattempo diventa chiaro che dentro di lei, progressivamente, cresce in maniera irrefrenabile un amore per Domyoji che però lei nega e contrasta in ogni modo. La grande dote di Makino, la tenacia, che le ha permesso di sopravvivere in quella giungla della sua scuola, nei confronti di Domyoji si trasforma in un’assurda testardaggine di cui si fatica a capire la ragione. Quel che è certo è che questo sentimento le crea un fortissimo conflitto interno su cui non si riesce mai a fare chiarezza. L’argomento che tira spesso in ballo è la famiglia Domyoji. Sembra quasi che in fondo la vera classista (classista alla rovescia) sia proprio lei e che qualunque cosa possa fare Tsukasa e per quanto lei stessa provi ormai un sentimento per lui, non vorrà mai accettare che questo amore esista perché non vuole avere niente a che fare con il mondo di ricchi prepotenti da cui lui proviene e che aveva sempre finora detestato.
Ma forse è proprio questa ambiguità, questo conflitto mai risolto di Makino, a rendere più affascinante la storia che in definitiva si regge sul rapporto tra lei e Domyoji e tutto quello che ne viene fuori.
Comparto Tecnico
Per la varietà delle scelte stilistiche, alcune anche ardite, potremmo definirlo sperimentale. E’ una produzione anni ’90 e si vede: le animazioni sono spesso semplici e in molte sequenze è visivamente povero, con worldbuilding scarno, a volte i personaggi si stagliano su sfondi monocromatici o con le classiche texture shojo di fiori o bolle di sapone. Tuttavia riesce ad essere molto suggestivo nelle sequenze romantiche (complice anche un’ottima colonna sonora orchestrale) ed estremamente tetro nelle sequenze drammatiche/violente: in quei casi infatti la regia passa a uno stile espressionista con prospettive deformate, punti di vista obliqui, personaggi inquadrati di taglio, ombre.
La colonna sonora è altalenante: quella orchestrale mi piace molto, ma nell’arco finale del cartone passa a una specie di lounge americaneggiante che non mi è piaciuto affatto. E’ il prezzo da pagare per le opere sperimentali, a volte le scelte funzionano, altre meno.
Conclusione
Ho apprezzato molto questo adattamento di Hanayori Dango.
L’ho rivisto a distanza di 15 anni ed è stato come vederlo per la prima volta perché non ricordavo quasi nulla della trama.
Com’è ovvio il materiale di partenza era di prim’ordine e certamente aiuta, ma questo adattamento ha il merito di osare nelle scelte stilistiche (a volte centrando l’obiettivo, altre meno) esasperando in particolare le fasi drammatiche del manga, creando qualcosa che oggi risulta veramente particolare, fuori dagli schemi.
Il punto dolente riguarda a mio avviso la fase finale: l’anime infatti copre solamente metà del manga ed è stato realizzato in contemporanea ad esso. Arrivati alla puntata 45 avevano raggiunto il manga e non avendo più materiale hanno deciso di chiuderla li, pertanto le ultime 6 puntate non sono canoniche bensì inventate per dare una conclusione a questo anime. E si vede. Sono episodi incoerenti e un po’ fumosi, si salva solamente qualche momento devo dire ben realizzato, e si concludono in modo abbastanza trash. Infatti ora sto rileggendo il manga per gustarmi la vera prosecuzione della storia (per chi fosse interessato: dovete riprendere dal 18° tankobon, capitolo 113).
Siamo in un periodo in cui vanno i remake e ammetto che non mi dispiacerebbe un rifacimento moderno di Hanayori Dango che andasse a coprire tutta la storia ma visto che nei remake si tende spesso a smussare gli spigoli credo che rimarrei comunque sempre affezionato a questa versione che nella sua particolarità mi ha dato delle emozioni difficilmente ripetibili.