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7.0/10
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Ad un certo punto della visione di "Maboroshi" ho avuto la sensazione che questo film di animazione fosse stato scritto e diretto da Makoto Shinkai. Dell'ormai celeberrimo autore e regista di diversi capolavori e blockbuster dell'animazione, "Maboroshi" raccoglie molti degli stilemi classici delle sue più recenti produzioni con un mix anche un po' "furbo" di fantasy, amori adolescenziali, coming of age, illusioni e rimpianti, voglia di cambiare e migliorare la realtà e il contesto in cui è ambientata la storia con sullo sfondo il solito evento disastroso che ha cambiato le esistenze di una intera comunità di persone in una piccola cittadina giapponese, Mifuse.

In realtà "Maboroshi" è stato scritto e diretto da Mari Okada che ormai ha all'attivo innumerevoli sceneggiature e da ultimo anche film di successo da regista quali "Maquia". Avendo già visto serie e film sceneggiati dalla Okada ("Toradora", "Anohana", "Savage season", "her blue sky"), mi è stato facile ritrovare in "Maboroshi" i pregi e ahimè anche i difetti che ho avuto modo di riscontrare nelle produzioni già viste della talentuosa autrice nipponica.

In "Maboroshi", al pari delle opere più recenti e di successo di M. Shinkai, il contesto fantasy (in questo caso anche simil "apocalittico") diventa la metafora ma anche il sostrato per raccontare una storia agro-dolce di alcuni adolescenti della cittadina giapponese sulla loro voglia di crescita e desiderio di vivere in un contesto in cui sia possibile rompere gli schemi delle imposizioni della vita adulta e in generale della società per poter essere se stessi senza costrizioni di sorta.
Ma la storia potrebbe anche avere altre chiavi di lettura concorrenti quali quelle sulle illusioni dell'esistenza e sull'impossibilità di poter vivere concretamente i propri sogni e aspirazioni specie se adolescenziali ma anche sulle difficoltà di poter raggiungere la felicità a causa del contesto in cui si vive, specie quello al di fuori delle grandi metropoli dove la mentalità è spesso molto provinciale nel senso deteriore del termine.
Mari Okada ancora una volta resta ancorata alle tematiche sentimentali adolescenziali a lei molto care e che l'hanno portata agli onori della ribalta grazie alle numerose opere in cui si è cimentata e che ho già citato, nelle quali, tuttavia, non ho sempre apprezzato appieno sia la trama sia la sua chiarezza di intenti.

Attraverso la metafora di una favola fantasy dai contorni cupi/noir, i protagonisti Masamune e Atsumi vivono la loro esistenza in una città isolata dal resto del mondo a seguito di un evento catastrofico (l'esplosione della acciaieria che da lavoro all'intero paese di Mifuse) che i cittadini residenti hanno interpretato come una sorta di punizione degli dei per lo sfruttamento incondizionato del giacimento delle montagne circostanti.
L'isolamento è rappresentato da un'atmosfera ovattata, perennemente fredda, cupa. Una sorta di buio perenne, un inverno senza fine in cui le persone si muovono come in un limbo in cui non provano dolore, emozioni, eternamente rassegnate a vivere una sorta di routine depressa, senza gioie nè dolori e, soprattutto, senza emozioni e sentimenti veri.
Una specie di contesto di "purgatorio" delle anime in attesa del trapasso ad uno stadio ulteriore e positivo (forse, non è dato a sapersi).
Questo equilibrio sembra rompersi solamente quando qualcuno sembra volersi ribellare volontariamente o involontariamente a questa sorta di stato catartico. Tale situazione determina una sorta di alterazione dell'equilibrio che sfocia nella rottura dell'orizzonte mostrando che al di là della barriera esiste una realtà parallela colorata e piena di vita come era prima dell'evento catastrofico. La persona che determina tale alterazione scompare portata via da entità sovrannaturali. Ma vivere in quella situazione presenta anche un vantaggio: si resta eternamente in quello stato senza sofferenza fisica e la morte.

"Maboroshi" racconta attraverso i due protagonisti, la loro storia di amore e i loro amici, inclusa Itsumi (una sorta di intrusa della dimensione viva e reale nel mondo surreale e parallelo in cui vivono) proprio il percorso che gli adolescenti compiono per raggiungere la consapevolezza dell'inganno che stavano vivendo anche a causa degli adulti che volevano il mantenimento dello status quo, nella (vana) illusione che in tal modo avrebbero potuto vivere per sempre senza irritare gli dei che li avevano puniti.

Come ho già anticipato, in sè la storia è piuttosto semplice e potrebbe essere anche avvincente se non fosse che la sceneggiatura si perde nei soliti cliché delle rom-com adolescenziali (concentrandosi anche troppo su di essi) e trasforma la ribellione degli adolescenti contro gli stolti e rassegnati adulti (se così la li si vuol definire) in una sorta di "marachella" infantile e demenziale in cui gli stessi adulti da automi decerebrati si trasformano in complici per aiutare i ragazzi a rimandare nel vero mondo Itsumi, rompendo il sortilegio e consentendo (desumo) agli abitanti del limbo di poter finalmente riposare in pace.

Se la prima parte del film l'ho apprezzata per l'atmosfera noir/mistery opprimente, senza speranza, incomprensibile e per la difficoltà a comprendere il contesto in cui si muovevano i personaggi, ingabbiati e ingannati in una sorta di "Truman show", man mano che si inizia a comprendere le ragioni per le quali si ritrovano a vivere nel limbo il mio apprezzamento è scemato proprio per le modalità in cui si evolve la trama, trasformandola in una favoletta agro-dolce incentrata esclusivamente sui buoni sentimenti e perdendo di tragicità e pathos, scadendo di intensità e coinvolgimento verso la fiabetta infantile.

Nei vari personaggi poi ho ritrovato delle forti similitudini tra Itsumi di "Maboroshi" e Meiko di "Anohana" e il parallelismo non testimonia il mio parere positivo, segno che anche la Okada è affezionata a certi cliché nelle sue opere, anche a distanza di parecchi anni.
Mi permetto di azzardare che in fondo "Maboroshi" è una sorta di "Anohana" invertito: in "Anohana" Meiko deve risolvere il suo rimpianto per passare a miglior vita grazie a Junta e ai suoi amici vivi, in "Maboroshi" si ha la situazione esattamente rovesciata con Itsumi che è lo "strumento" attraverso cui tutta la comunità di Mifuse riuscirà finalmente a trovare pace e serenità...

A livello tecnico, lo Studio Mappa ha supportato la Okada nel rendere "Maboroshi" un vero capolavoro visivo e uditivo. Non si potrà beneficiare di cieli dai colori mozzafiato saturi e contrastati simil fotografie o le animazioni delle precipitazioni sulla vegetazione e pozzanghere o riflessi e dettagli come quelli di Shinkai proprio a causa dell'ambientazione cupa, priva quasi completamente di luce, dai colori attenuati e spenti che almeno inizialmente vanno a braccetto con l'atarassia e l'incapacità di comprensione della realtà da parte dei personaggi.

In questo film si potrà apprezzare la coerenza delicata e sublime delle immagini alla narrazione, con animazioni fluide e naturali e un chara-design che si fonda su tratti leggeri e naturali che contrasta in modo apprezzabile (senza sconfinare nel pur minimo accenno di deformed) con i momenti di emozione provata dai personaggi nelle situazioni più coinvolgenti dando una parvenza di luce e speranza nel contesto buio e cupo del world building.

"Maboroshi" (アリスとテレスのまぼろし工場 - "La fabbrica delle illusioni di Alice e Therese") a mio avviso resta un'opera di grande pregio tecnico che prova, con molti limiti di trama, a narrare metaforicamente, attraverso una storia d'amore abbozzata, il momento del passaggio dall'adolescenza all'età adulta attraverso una riflessione romanzata sui limiti sociali e culturali delle realtà al di fuori delle grandi metropoli giapponesi in cui i giovani si ritrovano spesso a fare i conti con i vincoli alla propria libertà di espressione e conoscenza imposti da una realtà che spesso sfocia nella grettezza asfissiante.
Se spesso il leit motiv di molti anime e manga si potrebbe riassumere in "si vive di illusione per non morire di realtà" (E. Breda), "Maboroshi" sembra voler ancora lanciare in modo molto poetico e delicato un inno alla giovinezza inquieta per la quale i limiti non rappresentano degli ostacoli insormontabili ma solo delle illusioni da demolire.