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Attenzione: la recensione contiene spoiler

Dopo aver visto “Ping Pong - The Animation”, ho letto “Number 5” di Taiyo Matsumoto ed è stata una delusione. Però “Ping Pong - The Animation” mi era piaciuto tanto, così mi sono voluto vedere qualcosa tratto da un manga di questo autore: la scelta è caduta su questo “TekkonKinkreet”. Mi è stato spiegato che il titolo si riferisce a “cemento armato”, la sostanza di cui sono fatte le città, ma anche una materia fredda e dura come la vita di strada.

E sulla strada vivono i gatti, ragazzi orfani, gli yakuza e la gente comune.
La strada è dura, e dunque bisogna diventare disillusi e resistenti alle avversità come Nero (Kuro), ma è possibile rimanere anche un po’ bambini come il suo amico (o fratello) Bianco (Shiro): l’importante è non rimanere soli, come ci insegna la massima “Chi è solo è sempre in cattiva compagnia”. Bianco e Nero hanno bisogno l’uno dell’altro, perché si completano come lo Yin e lo Yang. Nero dice che la città tesoro (un quartiere centrale di una città non meglio identificata) è sua, Bianco sogna di volare al mare e prendere lì casa. Il topo, yakuza cavalleresco, sogna la sua vecchia città tesoro e tradisce i suoi compagni, per salvarla dal serpente. La sua morte è splendida. Molti muoiono, anche se alcune morti sono strane: i tre killer cinesi avrebbero potuto uccidere cento volte i gatti. E il Minotauro chi è? Esiste veramente, anche se lo vediamo in azione?

Comunque, gli sfondi curati dallo studio Ghibli si salvano dal disegno dei personaggi veramente brutto, ma che forse è funzionale alla storia. Il regista americano non spicca per genialità e tutto sommato la seconda parte della storia non convince per niente. All’inizio mi pregustavo un gran bel film, ma alla fine raffazzona un sei.