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Attenzione: la recensione contiene spoiler

Quando ho saputo che il franchise sarebbe stato rinnovato per il suo ventesimo anniversario, ero entusiasta. Un po’ meno lo sono stata quando sono venuta a conoscenza delle tematiche di questa stagione - che non mi sono mai interessate più di tanto - e il design dei personaggi a tratti troppo rozzo, ma, memore dell’esperienza avuta con "Go! Princess", tuttora la mia stagione preferita nonostante avessi all’inizio detestato il tema, ho voluto dare fiducia a "Hirogaru Sky" e a tutte le piccole novità che ha voluto introdurre. E ho fatto bene. "Hirogaru Sky", infatti, seppur spesso non osi quando servirebbe davvero, è allo stesso tempo anche l’unica stagione, perlomeno fra le ultime mandate in onda, a non fare mai errori grossolani, eccetto qualche sporadica eccezione facilmente trascurabile, e quindi la sua visione risulta sempre piacevole (a differenza di moltissime stagioni passate che in alcuni casi avevano di continuo tutta una serie di elementi davvero snervanti).

La trama è uno dei tanti elementi positivi di questa stagione. Mai complicata, è però sempre coerente ed è quasi sempre dosata con intelligenza, senza colpi di scena assurdi o inutili spiegoni, in quanto preferisce fare affidamento a tutta una serie di spiegazioni che vengono disseminate piano piano, con parsimonia - eccetto che, va detto, nel finale. La storia, incentrata principalmente su Sora, che da Skyland si ritrova a Sorashido insieme alla principessa Elle appena salvata, va poi oltre il classico slice of life (che è comunque molto presente) e ci mostra fin da subito un elemento di mistero legato alla mentore di Sora, risultando intrigante e stimolando ancora di più la visione, sebbene - come si può intuire anche dal tono giocoso di "Hirogaru Sky" - non si tratti mai di una discussione sui massimi sistemi e le spiegazioni dietro certe azioni siano piuttosto facili da capire. Tuttavia, proprio questa semplicità che spesso è un pregio per la serie, in molte occasioni impedisce anche alle storyline di spiccare il volo, evitando anche di offrire quelli che potevano essere dei bei spunti di riflessione. Ciò è evidente non solo per le protagoniste, ma anche e soprattutto per i nemici, in particolare due, gli ultimi a essere sconfitti in ordine cronologico. È un peccato non aver affrontato le varie storyline minori in una serie dove la protagonista non è nemmeno la classica Mary Sue di turno onnipresente, ma almeno è stato fatto un bel passo avanti.

In generale, tuttavia, la caratterizzazione di base dei personaggi non è fatta male, anzi è a mio avviso uno dei tanti punti di forza di questa serie, che proprio nel gruppo di protagonisti concentra praticamente tutte le novità che gli autori hanno voluto introdurre per il ventesimo anniversario: la prima leader blu, il primo Cure maschio che sia parte effettiva del team (e pure un secondo Cure maschio che compare in un episodio), la prima Cure adulta e la prima Cure neonata. In tutto questo calderone di novità, c’è anche una Cure normale… che infatti è quella riuscita meglio. Personalmente, visto quanto mi incuriosiva tutto il resto, da lei mi aspettavo poco o nulla, dunque quando poi il suo personaggio è stato sviluppato come e più degli altri sono rimasta sorpresa, essendomi trovata davanti a un’evoluzione sì semplice, ma delicata e soprattutto realistica. L’unica eccezione, ma questo vale per l’intero team, è l’episodio 27 all’interno dello specchio, una puntata chiaramente filler dall’inizio alla fine, forse l’unica della serie, in cui le ragazze e Tsubasa vivono delle esperienze bizzarre, che lo diventano ancora di più quando tutti loro iniziano a comportarsi out of character, per poi tornare normali e vivere (solo a parole, perché non viene mostrato) un’ulteriore evoluzione che però nel contesto suona ridicola. È davvero l’unica eccezione, comunque piacevole da vedere se guardata senza pretese, e anche negli episodi peggiori c’è sempre qualcosa che li salva, ad esempio non c’è mai nessun personaggio del team che viene messo veramente da parte, dato che tutti hanno sempre un ruolo nel corso delle puntate, sebbene spesso sia minore.

Ma parliamo più nello specifico delle ragazze. La protagonista principale, come già detto, è Sora, la leader blu. Molto atletica, è anche dotata di uno spiccato senso di giustizia, acquisito dopo le esperienze fatte in infanzia, che la portano crescendo a voler aiutare chiunque. Il rischio che diventasse una Mary Sue (viste anche le sue capacità fisiche sovrumane che ha senza nemmeno bisogno di trasformarsi) o comunque il classico personaggio irritante che ruba costantemente la scena alle compagne, era ovviamente molto alto, ma questo per fortuna non avviene. I risvolti problematici del suo atteggiamento sono sempre messi in discussione, cosa che non di rado porta a dei veri e propri conflitti interni al gruppo. I suoi capricci non vengono mai giustificati, e la stessa Sora, che desidera diventare come il suo idolo, si fa costantemente delle domande, arrivando a compiere un percorso di crescita non indifferente.

La stessa cosa vale per Mashiro, presente fin dall’inizio e sempre accanto alla leader con cui stringerà un fortissimo legame. È la spalla su cui contare, la persona più dolce senza la quale quello stesso gruppo di cui fa parte si sarebbe sfaldato forse ben prima di completarsi, cosa che lei stessa fatica a realizzare: a differenza della sua amica, è infatti ritratta come il personaggio più debole della serie, fisicamente ma anche psicologicamente, complici le insicurezze che si porterà dietro per buona parte degli episodi, seppur evitando sempre di risultare stucchevole. Come nel caso di Sora, anche la sua debolezza è dunque contestualizzata e gli episodi dedicati al suo superamento, in cui i vari problemi vengono affrontati gradualmente, sono perfino più complessi di quanto possa sembrare, non risultando mai crudi, ma in almeno due casi specifici anche piuttosto pesanti considerato il target (e che quindi li rende molto apprezzabili da un pubblico più adulto). La fragilità di Mashiro, inoltre, così come il suo superamento, si riflette anche in lotta, dove Cure Prism, pur non avendo uno stile di combattimento molto fisico, si rivela sempre più decisiva, essendo in primo luogo un’abile motivatrice, e in seguito anche una buona stratega.

E poi ecco l’elefante nella stanza. Tsubasa, alias Cure Wing, alias il primo Cure maschio del franchise, il primo ragazzo a entrare a far parte in pianta stabile di un team di Cure. Originario di Skyland, è in realtà un Punibird, ovvero un uccellino in grado di assumere forma umana, che sogna di poter volare dopo che suo padre lo aveva fatto per salvarlo durante una tempesta. Grazie alla trasformazione in Cure, questo desiderio verrà realizzato praticamente subito, ma è solo il punto di partenza dello sviluppo di questo personaggio, molto intelligente nonostante la giovanissima età e per questo desideroso di studiare anche argomenti complessi. Anche lui come Sora ha un forte senso di giustizia, ma trattandosi di un personaggio piccolo e impacciato, le sue gesta talvolta vengono in parte ridicolizzate, il che da un lato può dar fastidio, ma dall’altro sicuramente intrattiene e soprattutto evita di renderlo la copia carbone della sua leader. È dunque un personaggio piacevole, anche dal punto di vista estetico, sia in abiti civili sia quando si trasforma, ma è evidente che fin dal principio gli autori stessi non si aspettassero chissà quale popolarità per lui, quindi ecco che Tsubasa viene reso ancora più marginale di quanto già non fosse, privando il personaggio di esperienze che sarebbero state utili (studiando da solo e restando sempre chiuso in casa, non va mai a scuola o in altri luoghi dove potrebbe socializzare) e privando noi spettatori di potenziali riflessioni importanti, come quella di essere un Cure maschio all’interno di un universo tipicamente visto come femminile.

Poco meglio va a Ageha, personaggio più grande del gruppo e che proprio con Tsubasa stringe un forte legame. Vista la sua maggiore età, dovrebbe essere la più matura del gruppo, ma è soprattutto approcciandosi con gli altri protagonisti che si dimostra molto immatura, a volte perfino goffa, per non dire frustrante quando provoca senza motivo Tsubasa dimenticandosi di avere a che fare con un bambino. Grave, visto che proprio lei vuole diventare una maestra (nello specifico, dell’asilo), ma dal punto di vista del suo sviluppo è fondamentale perché crea un contrasto interessante tra il ruolo di insegnante perfetta che vuole riuscire a incarnare e quella che è la sua vera personalità, che spesso la rende perfino la spalla comica di turno. Anche i suoi difetti sono dunque contestualizzati, e inoltre il fatto che sia tecnicamente adulta non le preclude affatto di avere un suo percorso di crescita, reso ancora più intrigante dal nuovo ambiente che con il suo lavoro riusciamo a vedere, che sì, è sempre un ambiente scolastico, ma perlomeno visto da un’altra prospettiva. Ovviamente, visto che l’universo narrativo di Hirogaru Sky è poco approfondito, e visto che Ageha non è la protagonista assoluta pur essendo una Cure rosa, non ne abbiamo che degli assaggi, ma tanto basta per rendere i suoi episodi interessanti.

A completare il team c’è, almeno per una volta, un personaggio presente fin dall’inizio e che quindi riesce a entrarne a far parte in maniera assolutamente non forzata… più o meno. Perché in realtà il risvolto di trama non ha il minimo senso, ma è così assurdo, e così in linea con il tono poco serio di "Hirogaru Sky", che non capisci mai se applaudire per la genialità della cosa o se ridere per quanto sia fuori di testa. Sto infatti parlando di Elle, la mascotte del team, la classica bambina miracolosa con dei poteri assurdamente forti che a metà serie diventa adolescente e si trasforma, solo che nel caso di Elle si tratta sempre di qualcosa di temporaneo, e perfino alla fine non riuscirà mai a controllarlo del tutto, un espediente già visto e rivisto ma comunque sfruttato bene, visto che Elle seppur intelligente è pur sempre una neonata. Ed è proprio nelle parti precedenti alla sua crescita che questa serie fa del suo meglio, mostrandone tutti i vari aspetti, partendo da personaggio fragile da proteggere a tutti i costi fino a che non sarà proprio lei a diventare la guerriera più forte che protegge tutti gli altri. Purtroppo andando avanti la sua forza verrà molto ridimensionata, come accade sempre a personaggi simili, e allo stesso modo è forse l’unica del team che, una volta cresciuta (anche in senso letterale), non avrà più nulla da dire, complici gli ultimi episodi frettolosi, ma perlomeno la sua presenza non risulta mai ingombrante e, anzi, non arriva mai a rubare la scena alle sue amiche.

E ora passiamo ai personaggi secondari, che, esclusi i nemici, sono veramente pochi. Certo, meglio pochi ma buoni, e sicuramente questi personaggi non sono fatti male, ma è proprio il minimo sindacale. Tra i più rilevanti ci sono sicuramente Yoyo, nonna di Mashiro che offre vitto e alloggio a tutto il team di protagoniste, e il capitano Shalala, ovvero la mentore di Sora. Sono entrambe importanti per la trama in quanto le informazioni sul loro conto ci sono utili a comprendere meglio la storia di Skyland e il passato di Sora, ma sono dei personaggi estremamente passivi, che limitandosi spesso solo a parlare non raggiungono minimamente l’iconicità di passati mentori come Akane di Futari Wa o Kaoru di Fresh. Ci sono poi anche delle comparse occasionali a mio parere degne di nota: uno è Takeru, bambino a cui Ageha si affeziona e primo custode del segreto delle Cure, mentre l’altra è Veryberry, rivale di Sora della quale è fin troppo gelosa, lasciando intendere un certo sottotesto yuri. Veryberry è il classico stereotipo del personaggio fastidioso e maleducato che però devi compatire perché all’ultimo gli autori ti infilano una backstory pseudo tragica, e allora via con le lacrime. Inutile dire che a me questo genere di strategie suscita solo la reazione opposta. Per Veryberry tra l’altro mi aspettavo molto più screentime visto il suo ruolo, ma non è stato così. Male per la storia, bene per chi guarda perché così ci si risparmia l’ennesima lagna poco caratterizzata.

È però quando si parla di nemici che "Hirogaru Sky" raggiunge i suoi picchi, sia in positivo sia in negativo. Sulla carta, a parte uno che risulta davvero anonimo, sembrano tutti piuttosto interessanti (eccetto che nel design che non è chissà quanto memorabile), ma è soltanto con i primi due che la serie fa del suo meglio, andando solo dopo a scendere sempre più nel delirio. Il primo che ci troviamo davanti è Kabaton, un irriverente maiale che si fa largo a suon di scorregge, una delle tante spalle comiche della serie, che aiuta a impostare il mood giocoso e tamarro che poi percepiremo nel resto degli episodi. Essendo un personaggio anch’esso goffo e ingenuo, durante gli scontri punta tutto sulla fisicità, seppure ogni tanto si cimenti con qualche strategia per ingannare le Cure, puntualmente con scarsi risultati. Il secondo nemico, Battamond, è il suo esatto opposto: si presenta come spavaldo, nonché subdolo, e in effetti subdolo lo è veramente, ma basta un attimo e subito si rivela la sua natura di nemico codardo. Questa sua debolezza, che già sembrava interessante perché tra le tante cose era originale e non faceva affatto pesare le sue lotte molto meno dinamiche, a un certo punto viene inaspettatamente approfondita dal punto di vista psicologico, facendo raggiungere al franchise uno dei suoi apici. Battamond viene contrapposto volutamente a Kabaton, molto più spensierato, mostrandoci le conseguenze della loro sconfitta definitiva durante la vita di tutti i giorni, affrontate con una maturità impressionante. Inoltre, i due personaggi, oltre a scontrarsi (metaforicamente) tra di loro, si ritrovano spesso ad avere a che fare rispettivamente con Mashiro e Sora, creando delle rivalità interessanti che, adattandosi di volta in volta al contesto, intrattengono e offrono degli importanti spunti di riflessione utili anche per un fan adulto.

Come spesso accade, però, a circa metà serie si passa dalle stelle alle stalle, e ciò si riflette anche nel team di nemici. Dopo la sconfitta di Battamond, arrivano dei nemici che dire inutili è dire poco, essendo questi tra l’altro rappresentati anche male - il che è un enorme peccato perché in realtà degli spunti interessanti li avevano pure anche loro. Ma andiamo in ordine: il primo che ci viene mostrato è Minoton, un dimenticabilissimo nemico tappabuchi che non apporta nessun contributo alla serie, se non quello di prepararci ai momenti dedicati al cattivo successivo, Skearhead. Che andrebbe anche bene, più o meno, se solo ci trovassimo di fronte al nemico fortissimo che dice di essere. Il problema è che, passando da Minoton a Skearhead, passiamo dalle stalle alle… stalle. Di nuovo. Però peggio. Se infatti da un Minoton già in partenza non ti aspetti moltissimo, da Skearhead invece sì. O meglio, io ero memore di tutte le altre delusioni nel franchise da parte di queste autoproclamatisi divinità scese in terra, quindi già ero preparata in parte al disastro che sarebbe arrivato, ma questo non giustifica affatto il modo in cui Skearhead (non) è caratterizzato. Eccetto sporadiche occasioni, finisce sempre per risultare ben più ridicolo di Kabaton, ma per i motivi sbagliati. I suoi piani malvagi fanno acqua da tutte le parti, dunque le lotte in cui li applica sono tutte prive del pathos che dovrebbero avere specialmente a questo punto della serie. E che dire allora di Kaiserin, la boss finale che però finisce per essere anonima quanto Minoton? Disastro totale. Eppure la situazione di partenza era leggermente migliore, perché ha un bel design rock e la sua backstory è interessante e soprattutto coerente, ma per come è rappresentata si ritrova a essere come i colori dei suoi abiti: spenta. Morta. Anche perché, come spesso accade nel franchise, quasi tutta la lore ci viene vomitata addosso di fretta negli ultimi episodi, perciò alla fine tutto quello che mi è rimasto di lei è stata una domanda: e quindi?

Andando oltre questa chilometrica analisi dei personaggi, è quindi ora di parlare più nel dettaglio delle lotte, che generalmente sono belle. Alleluia. Anche quelle più brutte, infatti, hanno sempre qualcosa di salvabile che le rende superiori a certi altri obbrobri visti in passato, sebbene come già evidenziato a metà serie ci sia un notevole calo, per poi riprendersi sul finale. Innanzitutto, dal punto di vista grafico c’è un bel salto di qualità, dato che lo stile di animazione di "Hirogaru Sky", che inizialmente può far storcere il naso, nelle lotte riesce a creare il giusto dinamismo che da tanto mancava. Inoltre, se in passato capitava spesso di trovarsi di fronte a un distacco a volte anche molto netto tra questa parte e quella slice of life, che fosse per un semplice cambio di tono della narrazione o addirittura per un cambio di location (basti pensare a "Delicious Party", o a "Futari Wa" dove chi non serviva sveniva pure), qui le lotte sono sempre parte integrante dell’episodio. Non dà mai fastidio vederle, sono usate sempre con molta intelligenza, e se non serve che ci siano… non ci sono. Andando infatti a rompere un cliché stra-abusato del genere, "Hirogaru Sky" ha il coraggio di non inserire un vero nemico non in uno, non in due, bensì in ben tre episodi, dato che una lotta avrebbe spezzato il ritmo, preferendo dunque mostrarci scene magari più soft di quelle a cui siamo abituati, ma sempre capaci di coinvolgere. Non bisogna poi dimenticare l’uso continuo di strategie da parte delle Cure: nulla è mai casuale (e se lo è, è contestualizzato), e quindi le lotte hanno sempre un loro perché, venendo risolte solo dopo che le ragazze hanno trovato la tattica corretta, che riflette in molti casi la loro personalità. Questa parte si lega infatti a quel dualismo già menzionato che si crea tra Sora e Kabaton e Mashiro e Battamond, dove lo scontro anche psicologico porta a una crescita di tutti i personaggi in questione. A giudicare dal numero di Cure e nemici, cinque in entrambi i casi, intuisco che ognuno dovesse instaurare una rivalità con il “proprio” nemico, cosa che per Majesty e Kaiserin un po’ si vede, data anche la loro backstory, ma nel caso di Wing e Butterfly i legami con Minoton e Skearhead sono veramente stiracchiati, quindi peccato.

È palese, in ogni caso, che le lotte in "Hirogaru Sky" abbiano una certa importanza, dato che sono proprio uno dei pilastri di questa serie, parte integrante della trama. È per questo che protagoniste e nemici migliorano attraverso di esse, mostrandoci tra l’altro molte scene dedicate agli allenamenti di Sora. Andando a toccare dunque il vero tema principale della storia, ovvero l’eroismo, presente nello stesso titolo che può essere letto anche come “Hero Girl”, ogni personaggio è animato da un forte senso di giustizia, rappresentato di volta in volta nella maniera più congeniale: si passa infatti dal sogno dichiarato di Sora, che si esercita duramente per raggiungere il livello della sua mentore, a Tsubasa che sfrutta la sua intelligenza per proteggere il suo paese natale, nonché la sua principessa. Ognuno vuole qualcosa di più… “punta al cielo”, si potrebbe dire, e infatti proprio il cielo è un altro tema ricorrente di "Hirogaru Sky", guarda caso anche questo presente nel titolo. Ma attenzione, perché se questo tema può suggerire un’atmosfera bucolica e colori pastello, la serie è l’esatto opposto. Alternando scene ambientate a Skyland, tipiche di un mondo fantasy, a quelle ambientate nella città in cui le ragazze vivono, il risultato è come già detto un universo piuttosto tamarro, teatro di vicende molto spesso ironiche o comunque volutamente esagerate. C’è poi il tema dell’amicizia, onnipresente nel franchise, che in un primo momento è ristretto al solo duo Sora-Mashiro, il cui rapporto viene sviscerato, e poi si allarga al resto del cast, ma tutta questa zuccherosità, che già in "Hirogaru Sky" è molto meno stucchevole del solito, a un certo punto viene condita da tematiche davvero insolite e delicate, come il mobbing e la depressione. Inaspettate, soprattutto in un franchise dal target molto basso, e infatti non vengono mai nominate esplicitamente, ma non per questo vengono banalizzate, anzi la sensibilità usata dagli autori rende struggenti le scene dedicate a esse.

Tornando però a quello che è il mood della serie, è innegabile che si rifletta in ogni suo aspetto anche nelle trasformazioni e negli attacchi delle Cure. Tutto è estremamente pomposo, a tratti pacchiano ma non troppo, e soprattutto c’è tanta dinamicità anche qui. Eccetto la trasformazione di Prism, che in singolo, nella sua versione estesa, non è affatto al pari delle altre, vediamo sempre le Cure muoversi da una parte all’altra dello schermo, anche qui aiutate da ottime animazioni che in parte (complici gli sfondi scuri) riportano ai fasti delle Suite. C’è tanto da vedere, tutto è ricco di dettagli e i colori sono sempre molto accesi, il che non annoia mai. Nel caso degli attacchi, poi, c’è anche un altro elemento che me li ha fatti apprezzare molto più di altri: la loro relativa semplicità. Ci si accorge ben presto che specialmente quelli iniziali sono davvero banali, se ci si ferma a riflettere, ma la regia li fa sempre sembrare la cosa più grandiosa mai vista, trasformando ad esempio il semplice pugno di Cure Sky in qualcosa di spettacolare, e anche gli attacchi venuti dopo non sono mai così pacchiani e infiniti come quelli di altre serie. A volte sono assurdi, come quello di coppia di Wing e Butterfly dove a un certo punto lui si trasforma in un Punibird gigante che lei si mette a cavalcare, ma è "Hirogaru Sky" e va benissimo così. Ciliegina sulla torta infine per qualche chicca inserita nella seconda metà della serie: sebbene siano realizzate con un budget palesemente più basso, abbiamo anche l’occasione di vedere trasformazioni di ben due Cure aggiuntive, Pumpkin e Noble, quest’ultima anche dotata di un attacco, e devo dire che ho apprezzato molto queste piccole aggiunte, nonostante siano durate soltanto una puntata.

Dulcis in fundo, la musica. Quando si tratta di brani strumentali piazzati nel bel mezzo degli episodi, purtroppo faccio fatica a ricordarmene se già di per sé non sono particolarmente memorabili, e in questo "Hirogaru Sky" non fa eccezione. Non metto in dubbio che abbia influito anche il periodo in cui sto scrivendo questa recensione, dato che sono passati mesi da quando ho visto gli episodi, ma anche durante la visione non ricordo di essere rimasta colpita da nulla in particolare. Da un lato è anche un bene, perché significa che quei brani non facevano nemmeno schifo, ma sorvoliamo. L’unico più in grado di rimanere impresso è per fortuna quello delle sequenze di trasformazione, per niente anonimo e anzi in linea con il mood della serie, ma comunque niente a che vedere con altri che lo hanno preceduto. Discorso simile vale per opening ed ending: anche se non dei capolavori sono tutte molto orecchiabili, soprattutto l’opening, e nel caso della seconda ending non abbiamo nemmeno la classica canzoncina pop ballabile (per quanto abbia lo stesso una sua coreografia, come sempre), dato che ci troviamo di fronte a un brano più soft e raffinato. Capisco perché ad alcuni non sia piaciuta, perlomeno a un primo ascolto, ma apprezzo la volontà di differenziarsi. Inoltre, anche se non è strettamente legato all’aspetto musicale, tutte le sigle sono visivamente molto curate: vengono aggiornate con nuovi dettagli ogni volta che la serie introduce una novità, e nel caso delle ending abbiamo finalmente dei modelli 3D delle Cure animati come si deve, dopo anni in cui la grafica era piuttosto discutibile.

Tirando le somme, dunque, è evidente che non si tratti della serie migliore del franchise. Per ogni momento bellissimo ce ne sono almeno dieci assolutamente nella norma, dove le varie storie e tematiche sono sì ben rappresentate, ma non in maniera così impattante da lasciare davvero il segno, un bel peccato se si considera che "Hirogaru Sky" è arrivata in occasione di un anniversario importante. Soggettivamente è una delle mie stagioni preferite, ho apprezzato quasi tutti i suoi episodi e ho adorato ogni protagonista, compresa la leader e anche un nemico, con cui più di una volta sono pure riuscita a empatizzare, ma ci sono oggettivamente dei problemi, che più che veri difetti sono delle mancanze, che non posso proprio ignorare. Il mio voto è dunque un bel 7+.