Recensione
Look Back
8.5/10
Attenzione: la recensione contiene spoiler
"Disegnare non è tutto" (Kazuhiko Kato a.k.a. Monkey Punch)
La visione di "Look Back" mi ha ispirato (forse a causa dell'età non più verdissima...) una lettura "personale" dell'anime che forse non coincide con quella che voleva offrire l'omonima opera manga da cui trae origine, e in particolare con le intenzioni che hanno ispirato il giovane mangaka Tatsuki Fujimoto, già assurto agli onori del successo per "Chainsaw Man" e autore anche di "Fire Punch", a realizzare la storia one-shot agrodolce che, da quanto ho potuto apprendere in rete, è probabilmente anche autobiografica.
Se il manga è composto da oltre 140 pagine, tanto da assomigliare più a un volume che a un capitolo autoconclusivo, il film animato di poco meno di un'ora è riuscito a trasmettermi parecchie emozioni e considerazioni, tanto da avermi invogliato anche a leggere il manga.
Era da un po' che non mi capitava di vedere un anime tanto semplice quanto umano e realistico, segno che la trasposizione ha centrato al meglio lo spirito dell'opera, privilegiando la linearità e la semplicità della trama, dialoghi ridotti e molti momenti di comunicazione non verbale o per immagini, resi magistralmente nel corso del mediometraggio, che danno valore all'opera, tanto da portare lo spettatore a immedesimarsi nelle protagoniste e soprattutto in una delle due in un finale amaro, doloroso, con il solo messaggio di speranza che "comunque la vita continua anche senza di noi" (V. Rossi vorrà perdonarmi l'utilizzo della celeberrima canzone), ed è inutile struggersi in quella visione del "what if" e rimuginare nel ricordo di tutte quelle situazioni che univano le persone, di tutte quelle piccole emozioni che le commuovevano e di tutte quelle situazioni piacevoli che non potranno mai più rivivere.
Sotto questo peculiare aspetto, l'anime riesce a trasmettere tutte le emozioni senza inserire parole di spiegazione, anche attraverso una voce narrante: gli sguardi e le espressioni della protagonista intrisi di dolore per la perdita dell'amica sono oltremodo toccanti, e ho percepito come metaforico/visionarie le scene finali in cui la protagonista Fujino passa dal peso del rimorso che porta sulle spalle per aver convinto l'amica a uscire dall'isolamento in cui si era barricata, per re-iniziare a vivere la sua vita in modo più appagante, sono incredibilmente accurate per il simbolismo e la profondità di significato delle immagini.
Molto significativa l'allegoria delle porte, utilizzata in modo similare a quello compiuto da Makoto Shinkai nella sua ultima fatica "Suzume". Sia all'inizio del mediometraggio sia al termine la sequenza del corridoio presenta la visuale prospettica bloccata sul fondo da una porta che sembra segnare una sorta di confine tra veri e propri mondi: da un lato un "universo" contraddistinto dalla realtà con i tutti i suoi problemi e sofferenze, e dall'altro una dimensione completamente avulsa dal mondo reale in cui si vive rinchiusi in sé stessi per paura. Nel finale la porta si apre e la protagonista realizzerà definitivamente il valore della perdita e a fatica riacquisterà la forza per continuare.
E a poco serve alla protagonista l'immaginazione di una realtà alternativa a quella tragica che sta vivendo, quel "what if" che si attiva nella fervida mente della mangaka nel momento di disperazione in cui ipotizza su come avrebbe potuto salvare l'amica: una sequenza struggente in cui si alterna la salvezza dell'amica allo sguardo vitreo e perso della protagonista. Un momento di grande pathos in cui lo spettatore difficilmente non potrà non immedesimarsi con la mangaka sola nel buio e freddo corridoio antistante la stanza dell'amica.
"Look Back" sembra pertanto voler mostrare tutto il peso della responsabilità e il rimorso che la protagonista prova per aver coinvolto l'amica nella sua avventura di scrittura di manga (poi di successo), e pertanto a uscire dal suo isolamento in cui era reclusa fino al tragico epilogo finale. Ma rappresenta anche una bella storia di un legame profondo di amicizia che trascende la momentanea separazione dovuta a scelte professionali divergenti. Una storia in cui regia e sceneggiatura riescono nell'intento di raccontarla senza l'abuso di dialoghi e voci narranti, e lasciando alla potenza delle immagini il compito di trasmettere i sentimenti e le sensazioni su cui Fujimoto ha costruito egregiamente il suo one-shot.
Leggendo in rete alcuni commenti al manga, mi sono reso conto che Fujimoto ha inserito molti riferimenti autobiografici e alla realtà. Il manga è stato pubblicato a due anni esatti dalla tragedia dell'eccidio nella sede della Kyoto Animation (ed è facile intuire il parallelismo con quanto descritto in "Look Back"); i nomi delle protagoniste contengono una parte del suo cognome (Fujino e Kyomoto); il titolo del manga potrebbe fare riferimento a una famosa canzone degli Oasis ("Don't look back in anger"), di cui la prima parola "Don't" è rappresentata sulla lavagna alle spalle dell'insegnante all'inizio del manga, e "anger" su uno dei manga che sono sparpagliati sul pavimento nella scena finale con la protagonista ripresa di spalle china sulla scrivania, intenta a disegnare. Un chiaro messaggio a superare i dolori e i dispiaceri del passato e guardare avanti senza acredine o rabbia.
"Il rimorso punisce la colpa"
Al di là delle possibili interpretazioni e del possibile messaggio neanche tanto evidente nelle intenzioni di Tatsuki Fujimoto, "Look Back" è un'opera sulla vita e sulla sua caducità. In fondo, "Il valore della felicità è insito proprio nella caducità. Se durasse anche solo quell’attimo in più ci abitueremmo, e non sapremmo più riconoscerla". (A. Gazzola - "Non è la fine del mondo")
"Disegnare non è tutto" (Kazuhiko Kato a.k.a. Monkey Punch)
La visione di "Look Back" mi ha ispirato (forse a causa dell'età non più verdissima...) una lettura "personale" dell'anime che forse non coincide con quella che voleva offrire l'omonima opera manga da cui trae origine, e in particolare con le intenzioni che hanno ispirato il giovane mangaka Tatsuki Fujimoto, già assurto agli onori del successo per "Chainsaw Man" e autore anche di "Fire Punch", a realizzare la storia one-shot agrodolce che, da quanto ho potuto apprendere in rete, è probabilmente anche autobiografica.
Se il manga è composto da oltre 140 pagine, tanto da assomigliare più a un volume che a un capitolo autoconclusivo, il film animato di poco meno di un'ora è riuscito a trasmettermi parecchie emozioni e considerazioni, tanto da avermi invogliato anche a leggere il manga.
Era da un po' che non mi capitava di vedere un anime tanto semplice quanto umano e realistico, segno che la trasposizione ha centrato al meglio lo spirito dell'opera, privilegiando la linearità e la semplicità della trama, dialoghi ridotti e molti momenti di comunicazione non verbale o per immagini, resi magistralmente nel corso del mediometraggio, che danno valore all'opera, tanto da portare lo spettatore a immedesimarsi nelle protagoniste e soprattutto in una delle due in un finale amaro, doloroso, con il solo messaggio di speranza che "comunque la vita continua anche senza di noi" (V. Rossi vorrà perdonarmi l'utilizzo della celeberrima canzone), ed è inutile struggersi in quella visione del "what if" e rimuginare nel ricordo di tutte quelle situazioni che univano le persone, di tutte quelle piccole emozioni che le commuovevano e di tutte quelle situazioni piacevoli che non potranno mai più rivivere.
Sotto questo peculiare aspetto, l'anime riesce a trasmettere tutte le emozioni senza inserire parole di spiegazione, anche attraverso una voce narrante: gli sguardi e le espressioni della protagonista intrisi di dolore per la perdita dell'amica sono oltremodo toccanti, e ho percepito come metaforico/visionarie le scene finali in cui la protagonista Fujino passa dal peso del rimorso che porta sulle spalle per aver convinto l'amica a uscire dall'isolamento in cui si era barricata, per re-iniziare a vivere la sua vita in modo più appagante, sono incredibilmente accurate per il simbolismo e la profondità di significato delle immagini.
Molto significativa l'allegoria delle porte, utilizzata in modo similare a quello compiuto da Makoto Shinkai nella sua ultima fatica "Suzume". Sia all'inizio del mediometraggio sia al termine la sequenza del corridoio presenta la visuale prospettica bloccata sul fondo da una porta che sembra segnare una sorta di confine tra veri e propri mondi: da un lato un "universo" contraddistinto dalla realtà con i tutti i suoi problemi e sofferenze, e dall'altro una dimensione completamente avulsa dal mondo reale in cui si vive rinchiusi in sé stessi per paura. Nel finale la porta si apre e la protagonista realizzerà definitivamente il valore della perdita e a fatica riacquisterà la forza per continuare.
E a poco serve alla protagonista l'immaginazione di una realtà alternativa a quella tragica che sta vivendo, quel "what if" che si attiva nella fervida mente della mangaka nel momento di disperazione in cui ipotizza su come avrebbe potuto salvare l'amica: una sequenza struggente in cui si alterna la salvezza dell'amica allo sguardo vitreo e perso della protagonista. Un momento di grande pathos in cui lo spettatore difficilmente non potrà non immedesimarsi con la mangaka sola nel buio e freddo corridoio antistante la stanza dell'amica.
"Look Back" sembra pertanto voler mostrare tutto il peso della responsabilità e il rimorso che la protagonista prova per aver coinvolto l'amica nella sua avventura di scrittura di manga (poi di successo), e pertanto a uscire dal suo isolamento in cui era reclusa fino al tragico epilogo finale. Ma rappresenta anche una bella storia di un legame profondo di amicizia che trascende la momentanea separazione dovuta a scelte professionali divergenti. Una storia in cui regia e sceneggiatura riescono nell'intento di raccontarla senza l'abuso di dialoghi e voci narranti, e lasciando alla potenza delle immagini il compito di trasmettere i sentimenti e le sensazioni su cui Fujimoto ha costruito egregiamente il suo one-shot.
Leggendo in rete alcuni commenti al manga, mi sono reso conto che Fujimoto ha inserito molti riferimenti autobiografici e alla realtà. Il manga è stato pubblicato a due anni esatti dalla tragedia dell'eccidio nella sede della Kyoto Animation (ed è facile intuire il parallelismo con quanto descritto in "Look Back"); i nomi delle protagoniste contengono una parte del suo cognome (Fujino e Kyomoto); il titolo del manga potrebbe fare riferimento a una famosa canzone degli Oasis ("Don't look back in anger"), di cui la prima parola "Don't" è rappresentata sulla lavagna alle spalle dell'insegnante all'inizio del manga, e "anger" su uno dei manga che sono sparpagliati sul pavimento nella scena finale con la protagonista ripresa di spalle china sulla scrivania, intenta a disegnare. Un chiaro messaggio a superare i dolori e i dispiaceri del passato e guardare avanti senza acredine o rabbia.
"Il rimorso punisce la colpa"
Al di là delle possibili interpretazioni e del possibile messaggio neanche tanto evidente nelle intenzioni di Tatsuki Fujimoto, "Look Back" è un'opera sulla vita e sulla sua caducità. In fondo, "Il valore della felicità è insito proprio nella caducità. Se durasse anche solo quell’attimo in più ci abitueremmo, e non sapremmo più riconoscerla". (A. Gazzola - "Non è la fine del mondo")