logo AnimeClick.it

6.5/10
-

"Okja" del 2017 è il primo film che mi capita di visionare di Bong Joon-ho, regista sud-coreano capace nel film successivo del 2020, l'acclamato "Parasite", di vincere "la Palma d'oro" al festival di Cannes e successivamente tre Premi Oscar: alla migliore sceneggiatura originale, al miglior regista e al miglior film. "Parasite", votato anche come miglior film straniero, risulta inoltre il film più premiato della serata (Fonte: Wikipedia).

Pertanto sono portato a pensare che si tratti di uno dei registi più talentuosi, non solo del sud-est asiatico, ma anche a livello mondiale. E, in effetti, con "Okja" Bong Joon-ho mi ha dato l'impressione che sia riuscito a creare un film, che sotto le mentite spoglie di un film fantasy e a tratti comico-parodistico, voglia trasmettere degli spunti di riflessione sulla complessità e i temi trattati.

Premessa doverosa: non sono un fan accanito dei film fantasy/avventura simil fiabe un po' puerili, con la pseudo-morale, e pertanto non nascondo che "Okja" non mi abbia proprio fatto impazzire o gridare al miracolo.

"Okja" mi ha interessato più per la "forma" (le modalità con cui ha narrato la trama) che per il "cosa" (i contenuti): mi è sembrata un'opera che sembra voglia sfidare gli stereotipi del genere, diventando una sorta di "crossover" che mescola elementi di film drammatico (in alcuni passaggi anche molto crudo), avventura e fantasy, per i più piccoli, per creare un'esperienza visiva particolare e originale, ben supportata da effetti speciali realizzati con cura e ben amalgamati con le classiche riprese.
Credo che a livello di "ibridazione" Bong Joon-ho abbia voluto dimostrare la sua originalità anche nella scelta di andare contro i classici canoni distributivi della sua opera, che è stata prodotta dalla nota piattaforma mondiale di streaming video (con un budget da 50 milioni di dollari) e distribuita solo sul canale streaming evitando le classiche sale.

Ametto che Bong Joon-ho, da quanto appreso in rete, noto per il suo approccio innovativo e la sua capacità di fondere diverse tematiche sociali all'interno delle sue opere, sembra aver voluto presentare un film che è allo stesso tempo un grido d'allarme contro l'industria alimentare (e i suoi pasticci con l'elaborazione genetica di piante e animali per la massimizzazione dei profitti), un "j'accuse" contro il capitalismo più becero, e soprattutto ipocrita, che sotto le mentite spoglie del raggiungimento del benessere non esita a compiere atrocità, un racconto toccante di amicizia e coraggio e, soprattutto, il recupero di un rapporto tra uomo e natura più paritario e di rispetto (se non di amore) reciproco, in cui l'umanità non si deve ergere a essere un "Dio" sprezzante e onnipotente che possa disporre a piacimento di tutto ciò che lo circonda sul nostro pianeta.

Bong Joon-ho riesce a colpire con il suo stile anticonformista perché con la storia di "Okja" rende così umano (nel senso positivo del termine) una sorta di maiale/ippopotamo protagonista del film e rende i personaggi umani delle ridicole macchiette senza scrupoli come delle grottesche marionette. Purtroppo lo stile satirico-parodistico del film scade in qualche frangente nel demenziale quando il regista spinge i costumi, le battute e la recitazione a livelli fumettistici/manga/anime e quasi carnevaleschi: comportamenti isterici, puerili, forzati ed eccessivi, abbigliamenti improponibili, accostamenti tra scene da parodia con altre di una crudezza inusitata, che sarebbero giustificate dal delirio di onnipotenza umana ormai fuori controllo e senza alcun minimo rispetto per gli esseri viventi, animali o umani che siano.
Personalmente, "Okja", nei frangenti in cui cerca di contrapporre la vita sana/contemplativa in armonia con la natura delle scene iniziali a quella folle e scriteriata del mondo cittadino (anche un po' polemicamente "americano"), si perde e non mi ha entusiasmato: certe forzature come le gesticolazioni da clown di Jake Gyllenhaal e di Paul Dano non mi hanno convinto. Discorso a parte per Tilda Swinton di cui sono già abituato (e ho apprezzato) performance tra le più disparate e che la rendono una delle attrici più poliedriche ed eclettiche contemporanee al pari del primo Johnny Depp (quello di "Edward mani di forbice" o de "La fabbrica di cioccolato", film a cui "Okja" potrebbe essere facilmente accostato per lo stile virtuoso).

Bong Joon-ho cerca di stupire con una sorta di virtuosismo creativo un po' fiabesco e contemplato, e un po' action e drammatico, utilizzando la allegoria per fornire allo spettatore un quadro della cruda realtà che lui apertamente rifiuta, in cui arriva a scene di violenza raccapricciante come quelle in cui l'ibrido maiale/ippopotamo Okja viene fatta accoppiare mentre il cattivone folle di turno gode della violenza cui assiste.

Sebbene possa sembrare una favoletta della eterna lotta tra bene e male, proprio per certi passaggi forti, "Okja" non è un film per bambini al di sotto di una certa età. Si resta ammaliati dagli scenari, dalle ambientazione e dall’originalità e maestria dello stile, ma non credo che si possa annoverare "Okja" tra le migliori opere del regista coreano. Tuttavia mi è rimasta la curiosità di vedere altre sue opere tra cui "Parasite" in modo da comprendere se Bong Joon-ho abbia realizzato film meno "impegnati" dal punto di vista sociale e politico, e più poetici, in cui sia riuscito ad esprimere il suo talento con maggior classe, introspezione, profondità emotiva senza eccessivi orpelli manieristici.