Poverina. Però il lato positivo è che ora sono interessato al suo manga. Non posso dire di non aver già sentito una trama simile ma credo che viste le sue condizioni di salute e le sue passate esperienze l'autrice possa rendere la convivenza della sua protagonista con una condizione difficile in maniera più "vera" e più interessante di quanto non succeda in decine di altri manga. Almeno lo spero.
Naturalmente auguro anch'io una pronta e completa guarigione alla bravissima Shoko Conami che ha saputo conquistarmi (e anche un pò stordirmi ) con Ninja Life (e i suoi continui salti temporali), ma facendo una riflessione più generica mi viene da dire che il mondo dei manga dev'essere davvero tremendo: a parte che "miete vittime" in continuazione (ogni 3x2 ci sono notizie di autori che muoiono/stanno male), mi danno da pensare anche certe pause lunghissime e poi BAM! Si riparte a pieno regime! Cioè o tutto o niente! Sarà che per me scrivere e disegnare è un passatempo, una cosa che faccio per rilassarmi e spesso lo faccio proprio quando non mi sento bene, per riposarmi e se dovessi stare a fissare un muro mi sparerei, ma mi sembra impossibile che (prendo l'esempio di questa autrice) una possa stare ferma 2 ANNI senza battere un chiodo, salvo poi ripartire con una serializzazione in piena regola (con tutto lo stress e la fatica che a quel punto ne deriverebbe). Quindi io mi domando: ma perchè una povera disgraziata che fa questo di mestiere, nel momento che si sente male non può semplicemente andare avanti col suo lavoro in maniera più "easy", una tavola ora, una poi, quando ne ho voglia, quando me la sento, non mi va di fare disegni dettagliati? Va beh, intanto scarabocchio il name ecc. ecc. e quando è pronto un capitolo (che sia dopo un mese, sei o un anno) nel primo buco che c'è nella rivista lo pubblichiamo? No, sembra che sia un'idea a dir poco inconcepibile o muori lavorando o muori e basta! Ecco questa è forse l'unica cosa che non mi piace, anzi peggio mi spaventa, della mentalità giapponese: non si lavora per vivere, si vive per lavorare! (e di troppo lavoro spesso si muore)