Nekonsigli: anime terminati nella primavera 2024
Scoprite quali sono gli anime stagionali preferiti dalla redazione. E a voi quali sono piaciuti?
di Slanzard
Questa rubrica vuole anche dare l'occasione agli utenti che hanno seguito le varie serie in diretta di consigliare a loro volta i loro titoli preferiti. Pensate che qualche anime meritevole sia passato in sordina? Oppure non siete rimasti molto convinti da qualcuno dei successi stagionali? Ditecelo nei commenti.
N.B. Si è deciso di considerare quelle serie che arrivano ufficialmente in Italia in streaming con qualche mese di ritardo nella stagione del loro arrivo in Italia.
Zelgadis
In una stagione piena di ottimi titoli, devo dire che, sia per la mancanza di una licenza italiana sia per la realizzazione tecnica in CGI, avevo completamente ignorato questo titolo. Mai errore fu più grande, ed effettivamente sono contento, spinto dal passaparola, di aver recuperato la serie. Il livello tecnico è altissimo, le espressioni sono convincenti e, dopo mezzo episodio, ci si dimentica della CGI e ci si concentra sui personaggi. L'anime racconta la storia (molto romanzata) di una banda realmente esistente, i cui membri stessi prestano le voci ai personaggi. Se questa scelta mostra qualche inciampo nelle capacità attoriali, risulta invece vincente nella caratterizzazione della protagonista Nina Iseri. Abbiamo già visto anime incentrati su band di ragazze di pregevole fattura, come i capisaldi K-on! e Bocchi The Rock!, e certamente Girls Band Cry non sfigura al confronto. Tuttavia, il focus è differente dai suoi predecessori: in questo anime l'attenzione è interamente sui musicisti e su come il vero rock nasca dalla propria interiorità. In 12 episodi viene fatto un lavoro egregio nel trasmettere la rabbia, la frustrazione e i conflitti tra i membri della band, mostrando come si superano e come vengono urlati nella musica. D'altronde, il nome della band (che richiama un tipo di scarabeo giapponese) significa "con le spine, senza spine". Nina a volte è arrogante e irritante, ma la sua sofferenza arriva così potente allo spettatore che sembra quasi percepirla sulla propria pelle, tanto da poter causare qualche lacrimuccia. In definitiva, consiglio questo anime senza remore: per me è il miglior anime della stagione a mani basse, e se deciderete di recuperarlo, non ve ne pentirete.
Se non ho avuto dubbi nello scegliere l'anime della stagione, sono stato molto più indeciso nella scelta del secondo classificato. C'erano indubbiamente candidati validi, ma alla fine mi sono orientato su un anime che di base è simile al mio AOTS, ma che ha finito col perdere smalto proprio nel momento dello sprint finale. "La medusa non sa nuotare nella notte" compie un lavoro veramente egregio nel tratteggiare le sue quattro protagoniste, le loro speranze da piccole e le loro disillusioni di fronte alle aspettative della società e al giudizio altrui. Il livello tecnico della serie è molto alto, ma su tutto spicca la direzione artistica di Yūji Kaneko (Madoka Magica, Kill la Kill, Houseki no Kuni, Ranking of Kings), che risulta particolarmente ispirata.
Cosa va storto allora? In realtà, nulla va storto in senso stretto. I personaggi, come detto, sono dettagliati molto bene, e la serie mette in luce come sia importante coltivare il proprio talento e non rinunciare alla propria creatività per conformarsi alle aspettative altrui. Tuttavia, il problema è che nel momento in cui il gruppo si unisce, il messaggio è già passato. I personaggi, che funzionano benissimo quando raccontano la propria storia personale, smettono di funzionare altrettanto bene quando devono amalgamarsi come gruppo, che invece è proprio il punto di forza di "Girls Band Cry".
L'unico momento di conflitto causato da un fattore esterno appare in qualche modo molto artefatto, e ci si aspetterebbe anche una maggiore introspezione di Yukine, che questo conflitto lo va a causare. Questo non pregiudica la bellezza della serie, ma per la prima metà siamo di fronte a una perla rara, per livello tecnico, narrazione e personaggi, un'opera veramente ispirata. Tuttavia, c'è un calo narrativo nel momento di tirare le fila, che in qualche modo non riesce ad elevarla a capolavoro. Resta comunque un punto di merito della produzione aver creduto in un'opera originale piuttosto che proporre una delle mille trasposizioni da manga o novel, e rimane quindi assolutamente consigliata.
Centos
Mi sono sempre piaciuti gli anime a tema sportivo e sono partita con l'idea che sarebbe potuta essere una visione interessante. L'inizio si presenta abbastanza cringe, con uno dei protagonisti che perde la memoria e diventa un idiota di prima categoria, con gag di "capezzolini pelosi" e l'assoluto ripudio del baseball. Ma al di fuori di questa parte che può o non può piacere, l'anime si presenta come un qualcosa di più serio. Vengono affrontati i problemi di tutti i protagonisti, sconfitti dalla batteria Kyomine-Kaname, durante le loro partite alle medie.
Infatti l'anime parla di cinque ragazzi che si incontrano in una scuola pubblica, che non ha nemmeno una squadra di baseball seria, proprio per lasciarsi alle spalle le sconfitte subite alle medie, che hanno lasciato un trauma dentro di loro. Peccato che tra questi cinque ragazzi ci siano anche i due che hanno causato questi traumi, e Kei Kaname è il nostro capitano che ha perso la memoria. Ognuno di loro quindi affronterà questi problemi, descritti anche in chiave più psicologica, fino a riuscire finalmente a ritrovare la gioia di giocare a baseball.
Ho trovato davvero un peccato che questo anime sia stato visto da poche persone perché merita. Anche se il baseball non dovesse piacervi, non è quello su cui si focalizza l'anime, anzi. Dovrete solo ignorare qualche "capezzolini pelosi" e vi ritroverete un anime davvero bello.
Ho iniziato questo anime senza troppe pretese. Mi aspettavo qualcosa di episodico, comico, dove si vede del cibo (che ci piace sempre parlare di cibo) e da guardare con leggerezza. E INVECE. Invece proprio no. Mi sono trovata davanti dei primi episodi che rispecchiavano le aspettative, fino ad arrivare ad una trama super complessa, pesante e che non ti fa staccare dallo schermo. I personaggi sono super tridimensionali. Vengono approfonditi anche alcuni personaggi secondari per dare il più possibile un'idea più ampia dell'universo in cui siamo catapultati. Nonostante l'angoscia e la serietà con cui mi hanno lasciato certi episodi, non vedevo l'ora di vedere il successivo. Episodio dopo episodio si passa da una comicità in linea con i personaggi stessi, ad una "spranga nei denti" di sentimenti. Non sono brava come altre persone qui dentro ad esprimermi, soprattutto a livello tecnico, ma anche lì si può vedere la qualità con cui è stato realizzato questo anime. Abbiamo uno studio Trigger anomalo, come ha sottolineato più volte Alessandra in live, ma in alcuni momenti si vede proprio la loro impronta. Le soundtrack sono fantastiche e il chara di ogni singolo personaggio è "carataristico". Insomma, se non si fosse capito l'ho adorato dall'inizio alla fine. Per me questo è stato AOT sia per la stagione invernale, che per quella primaverile col suo secondo cour. Può non piacere a tutti, ma io adoro quando una parte comica si unisce ad una seria, facendoti anche venire il magone. Per me è un must da vedere.
Kotaro
Definire Astro Note è in realtà piuttosto facile: prendete Maison Ikkoku, conditelo con una spruzzatina di Lamù e il character design di Carole & Tuesday (ma si tratta di un elemento secondario) e il piatto è pronto. Maison Ikkoku ma Kyoko e Soichiro sono alieni, si portano dietro tutta una serie di strampalati personaggi extraterrestri alla ricerca della risoluzione di un mistero nascosto nella pensione, mentre Godai è un cuoco provetto ma spiantato, Yotsuya adesso è fuso con Ichinose ed è un altrettanto misterioso padre single, Akemi è una idol dalla doppia personalità, Kozue una hikikomori e Mitaka un bellone extraterrestre col bonus amico d'infanzia che però non funzionerà perché è Maison Ikkoku e non Touch. Astro Note non ha nulla di originale, pesca a piene mani da serie del passato per miscelare comicità demenziale, fantascienza, slice of life e romanticismo- Tuttavia, nel suo essere fondamentalmente una serie d'altri tempi trapiantata al giorno d'oggi funziona, intrattiene, diverte, non ha mai momenti di noia ed è sostenuta da personaggi scoppiettanti a cui è molto facile affezionarsi. Soprattutto, cosa estremamente rara al giorno d'oggi dove domina il fanservice ed è molto difficile innamorarsi dei recenti personaggi femminili perché troppo bambineschi o troppo isterici, è una serie realmente romantica, dove si sviluppa una storia d'amore fra i due protagonisti uomo e donna che diventa centrale nella narrazione e vediamo progredire via via che il loro rapporto diventa più intimo e i due prendono coscienza dei rispettivi sentimenti, ostacolati stavolta anche e soprattutto dalle origini estraterresrtri di lei. Ma è molto facile identificarsi anche nelle tribolazioni del nostro Miyasaka, ultimo di una lunga stirpe di sfigatelli che conquistano il cuore della loro bella rubandolo a fighetti, ricconi e belloni vari per via della loro bellezza interiore e della loro determinazione. Un tipo di commedia romantica di cui si erano un po' perse le tracce dopo gli anni '80 ma che ci aveva fatto sognare molto, perciò è bello essere inaspettatamente tornati a farlo con questa miniserie, che non è nulla di speciale e non resterà negli annali, ma ci ha fatto ridere e il cuoricino ce l'ha fatto battere, e non è poco.
Il ritorno di "Urusei Yatsura", pilastro del fumetto, dell'animazione e della societa giapponese tutta d'epoca Showa. La serie di Rumiko Takahashi è stata trattata coi guanti bianchi dalla sempre ottima David Production, che ha realizzato una selezione delle storie più amate del fumetto col suo classico stile schizofrenico e sotto acidi che avevamo già ammirato in Jojo e Captain Tsubasa 2018. Qui David Production gioca col Giappone Showa (e non solo, certi scorci della Tokyo notturna e certi disegni delle ending sembrano usciti da Sailor Moon) creando una serie dall'estetica vaporwave, dove riarrangiamenti della storica sigla della vecchia serie, popolari canzoni degli anni '80, videoregistratori e videogiochi a 8 bit si mescolano con colori fluo, onomatopee e scariche elettriche volanti, animazioni al fulmicotone e un nuovo cast di doppiatori superstar spigliato e divertentissimo che mescola mostri sacri a nuovi talenti. I pregi di "Urusei Yatsura" ci sono tutti: il folto cast di personaggi fuori di testa, le gag, i battibecchi, le gelosie, il romanticismo e il percorso di crescita di un protagonista farfallone che vorrebbe uscire con tutte ma pian piano finisce per ammettere a se stesso che la ragazza che vorrebbe per sempre al suo fianco in realtà è solo una. Purtroppo, ci si porta dietro anche i difetti dell' "Urusei Yatsura" originale, tipo l'eccessiva presenza di personaggi poco ispirati come Asuka, Tobimaro e Ryoko, che risalta ancora di più dato il ridotto numero di episodi, il quale finisce per togliere spazio a personaggi più importanti o meglio riusciti come Kurama, Benten o Oyuki. L'eccessiva pausa tra un blocco di episodi e l'altro ha ridotto un po' la magia (ad esempio, facendoci scordare se quell'episodio del manga c'era o no, se ce lo ricordiamo perché l'abbiamo visto nel remake o lo abbiamo letto nel manga uscito nuovamente per Star Comics di recente), ma anche così è un ottimo omaggio a una delle serie più iconiche del passato.
Dasandwich
Sarò molto schietto. L'inizio non mi aveva proprio rapito come avrei voluto. Metto le mani avanti, sicuramente non sarebbe finito nella lista dei cartoni droppati, ma avevo il timore che lo schema riproponesse le stesse scene puramente demenziali legate esclusivamente allo strampalato modo di fare cucina, per poi iterarsi nel resto della serie. Il motivo per cui ha conquistato il primo posto tra i miei anime preferiti della stagione primaverile 2024 è proprio questo: il resto delle vicende non si presentano esclusivamente come l'introduzione. Proprio così, Dungeon Food ha saputo innovarsi e rinnovarsi costantemente nel prosieguo delle puntate. Dungeon Food ha saputo essere tanto più di questo. In tal senso, l'episodio 11 rappresenta una svolta decisamente importante per lo strampalato gruppo di avventurieri, cadenzando man mano toni più misteriosi e cupi, dai risvolti narrativi che personalmente hanno saputo accendere sempre di più la mia curiosità. Anche le situazioni si sono fatte più bizzarre e strampalate: tra doppelganger, l'immissione negli incubi altrui e la rimaterializzazione dei corpi, se ne vedono proprio di tutti i colori! Per non parlare di un'aggiunta al cast principale, se gradita o meno lascio a voi stabilirlo. L'output visivo mi stimola sensazioni gradevolissime: la sorprendente cura per il character acting, il design dei colori, la sfondistica e la direzione artistica nella sua totalità sono solo alcuni dei motivi. Neppure i 6 dei 24 episodi esternalizzati ad altri studi di animazione, quali Studio Colorido (ep 2), Yostar Pictures (ep 4), ENISHIYA (ep 6), Wit Studio (ep 14), Studio KAI (ep 18) e CygamesPictures (ep 20), devono necessariamente apparire tra i più deboli, per niente affatto. In un'epoca in cui fare outsourcing è tristemente diventato sintomo di condizioni precarie e di scarsa qualità nel risultato finale, è bello vedere come si riesca addirittura ad innalzare ulteriormente il livello, consentendo al team in-house di concedersi un po' più di sollievo.
Avevo moderate aspettative per Kaiju No. 8. Questo non per ciò che riguarda la storia, ma il comparto tecnico. Non s'è fatto altro che parlare di 'sti design di Nishio, con anche abbastanza ignoranza e sfottò sull'argomento. A meno che non vi troviate un po' tanto fuori dal mondo dei cartoni, è impossibile che non abbiate sentito parlare di tutta la critica che è girata attorno ai design dell'anime, fin dall'uscita dei settei. Chi bazzica nei meandri dell'animazione giapponese con discreto riguardo del dietro le quinte, non ha potuto non riconoscere che dietro a quei settei c'era proprio quella persona, ricordando che i nomi del core staff sono stati rivelati solo molto dopo dall'annuncio. I design non esageratamente ricchi di dettagli vorrebbero poter consentire nella resa finale meno problemi a chi nell'effettivo si occupa di animare i personaggi. Se quindi le presentazioni dei design potevano non sembrare belli a vedersi come nel fumetto, è chiaro che ciò che interessava alla fin fine era la resa in animazione. Perché quei personaggi vanno fatti muovere. Il fatto che Nishio sia stato alla direzione generale delle animazioni della serie non ha potuto consentire di virare differentemente da quello stesso modo di disegnare i personaggi. E se quindi la coerenza, da questo punto di vista, è rimasta intatta per tutta la durata della serie. Ricordavo di essere particolarmente in hype per la premessa: Production I.G, e quindi lo studio di animazione per il quale nutro più interesse, con la supervisione di Studio Khara per il design dei Kaiju e poi anche il fatto che la linea produttiva del titolo era stata affidata a Masashi Ohira, la stessa di quella gemma che è Heavenly Delusion. Il mio hype è scemato dal momento in cui uscì il secondo video promozionale: a quanto pare un secondo regista si aggiunse a quello già precedentemente di conoscenza pubblica. E aggiungiamoci anche che la prima regista nemmeno accedeva più a Twitter da qualche mese, quando portava costantemente all'attenzione l'anime di Kaiju. Ad oggi non ci è stato reso noto che fine abbia fatto quella persona e perché ora il suo account di Twitter non esista più. Era chiaro che qualcosa non andasse. Appare chiaro, in ogni caso, che oramai una base fortemente consolidata era stata messa in atto dalla prima regista, a cui poi ha messo mano il secondo regista. Come di consueto, infatti, il primo episodio andrebbe diretto e storyboardato dal regista della serie, in questo caso Tomomi Kamiya, la prima regista. Solitamente anche l'ultimo, che in questo caso ha visto una parte di storyboard a cura di Shigeyuki Miya, il secondo regista. Ciò che secondo me ha lasciato un po' il fianco ricadrebbe secondo me alla direzione artistica. Nonostante il buon nome che è Shinji Kimura, ho trovato quello di Kaiju No. 8, con molto dispiacere, il suo lavoro più debole. Mi chiedo cosa possa non aver funzionato, se la comunicazione tra il comparto artistico e la direzione generale, oppure altri aspetti ovviamente a noi conosciuti. Ciò che è sicuro è che l'introduzione di un secondo regista a produzione inoltrata potrebbe sicuramente non essere stato un buon presagio. Se in ogni caso non ho ritrovato in questa serie l'estrema pulizia che vi era in quella precedente della stessa linea produttiva, Heavenly Delusion, trovo che in generale i suoi pregi li abbia avuti. La direzione in alcuni episodi era sicuramente più forte che in altri, così come di buone sequenze d'azione non ne sono mancate. Trovo l'episodio 7 quello più debole della serie, e quello con maggiore pressure di tutta la serie. La lista di animatori chiave era piena zeppa di gaigen animators, sicuramente quindi presi da Twitter. Che sia stato fatto in mancanza di tempo, questa è una possibilità non da escludere, visto che probabilmente non era il più prioritario degli episodi. La storia di quell'episodio creò anche dissapori, per i quali animatori interni a Production I.G ebbero cattiva impressione sui layout. La storia invece, per quanto lineare, ha suscitato in me discreto interesse. Senza ovviamente eccedere chissà che in profondità nella psicologia dei personaggi, e seppure il plot non mi sia apparso così nuovo, le relazioni intrapersonali e la simpatia di qualche pischello mi ha sicuramente reso la visione più piacevole del solito. Sono curioso sicuramente del mistero che c'è dietro. Una serie che ha sicuramente tanto appeal per la massa e che ha saputo giustamente sfruttare il marketing per essere portata all'attenzione di quante più persone. Non pienamente soddisfacente come mi aspettavo dal punto di vista del comparto tecnico, ma sicuramente siamo al di sopra dell'ennesimo anime stagionale di cui ci dimenticheremo una volta finito. Mi auguro solo che per il prossimo installment del franchise si possa mettere anche qualcosa a posto nel dietro le quinte, e soprattutto che la prima regista stia bene. Sono un po' preoccupato per lei... Fino a quel momento, Apple Music mi verrà molto comodo per poterne riascoltare le sigle!
LismyXD
Se mi chiedessero perché ho iniziato a vedere questa serie e rispondessi che sono fan del baseball, mentirei spudoratamente, perché non ne ho visto una sola partita in vita mia. Le verità sono due: primo, perché le sigle spaccano; secondo, perché avevo trovato interessante la somiglianza di uno dei protagonisti ad Haruka di Free! (con cui, fatto ancora più divertente, condivide pure il nome). Fatto sta che mi sono imbarcata nella visione di questa serie a scatola chiusa, e con mia sorpresa, in breve tempo è diventata quella che ho seguito con più piacere durante la stagione primaverile. La trama gira intorno alla perdita di memoria di un famoso giocatore di baseball del campionato delle medie, Ken Kiyomine, che avendo ora poco interesse per uno sport che non ricorda manco di aver mai praticato quanto più al trovarsi una ragazza e vivere la sua giovinezza, ignora tutti gli istituti prestigiosi che morivano dal volerlo nella sua squadra e si iscrive invece in un'anonimissima scuola superiore pubblica vicino casa. A seguirlo, il suo migiore amico e giocatore altrettanto forte con cui forma una formidale batteria lanciatore-ricevitore. Questa situazione porta a tutta una serie di fraintendimenti a dir poco ilari che si ripetono per tutta la durata della serie, conditi dal fatto che Ken ha una personalità totalmente diversa rispetto al passato e dal fatto che questa scuola è frequentata da un piccolo gruppo di ex talenti del baseball che tutto avrebbero voluto tranne che rivedere le facce del duo che li aveva convinti a laciare lo sport. La storia è raccontata proprio dal punto di vista di uno di questi ex giocatori, scelta che ho trovato azzeccata perché essendo un personaggio con tratti non troppo distintivi che viene improvvisamente coinvolto con delle personalità straordinarie, ci si può facilmente immedesimare. Diventa un po' un parallelo con lo spettatore che viene coinvolto dalla visione di questo anime: è lui che da voce ai pensieri dello spettatore commentando le bizzarrie degli altri personaggi, così come è sempre lui a chiarire ogni dubbio quando ci sono situazioni più complesse legate al baseball. Tutto questo, insieme al bel cameratismo che si forma tra i ragazzi della squadra ed un comparto tecnico veramente impeccabile made by Mappa, che ha avuto proprio un salto di qualità rispetto all'ova con il prototipo del primo episodio della serie rilasciato quattro anni fa, rende la visione di questa serie piuttosto piacevole. Unica pecca, se proprio devo dirne una, è che nonostante vengano date molte informazioni sul baseball, la serie da per scontato che chi la guarda abbia una minima idea di come si faccia punto. Sicuramente conoscere qualcosa di più su questo sport prima di iniziare la serie aiuta ad apprezzarne ulteriormente il valore.
Sarò sincera, inizialmente questa serie non mi aveva convinta del tutto, complice una protagonista non esattamente nelle mie corde e il fatto che sia perlopiù animata in CGI. Tuttavia, la serie è stata un vero crescendo, merito di una storia che sa emozionare ed intrattenere e ad un comparto musicale più che ottimo. Spesso quando guardo anime che seguono il tema delle band musicali, attendo con impazionenza il momento in cui cantano o comunque ci sono concerti per sentire cosa le protagoniste siano riuscite a produrre dopo episodi su episodi di duro lavoro, per poi rimanere un po' delusa o non particolarmente impressionata dal risultato. Ciò non succede in Band Girls Cry, dove al contrario sono rimasta sorpresa, merito probabilmente del fatto che le protagoniste suonino un genere musicale più affine con i miei gusti e che ci sta un'evidente maggiore cura nella produzione dei brani, cosa che non sorprende considerato che le ragazze che interpretano i membri della band siano delle talentuose musiciste selezionate tramite audizione e che ora formino una band nella vita reale. Apprezzata anche la storia che viene raccontata, che si concentra a mano a mano su ognuno dei membri della band, esplorandone il passato e ponendo sotto i riflettori i problemi, l'ostinazione e le dure decisioni che deve affrontare una band esordiente per riuscire a sfociare nel mondo della musica. Se mai dovessero farne una seconda stagione, la seguirei volentieri, anche solo per la musica.
Arashi84
Chi è cresciuto avendo come modello di studente teppista un qualsiasi personaggio frequentante l'istituto Suzuran, probabilmente riderà davanti a un anime come Wind Breaker (e altre risate le aveva fatte già davanti a Tokyo Revengers), perché il teppista moderno proposto oggi da anime e manga è ben diverso da quello di un tempo. I protagonisti di Wind Breaker sono tutti bei ragazzi, dal fisico delicatino e dall'aspetto da idol più che da combattente di strada. Il succo di questa storia però è quello che ritroviamo spessissimo nella narrativa anime e manga: trovare un luogo a cui appartenere, una famiglia con cui stringere legami, qualcuno da difendere o supportare, insomma, fare squadra e superare tutto, insieme. Haruka Sakura vuole diventare il numero 1, scalare la vetta ed essere il più forte, ma non ha mai davvero riflettuto su cosa significhi essere il più forte, e il legame che volente o nolente stringe con i compagni dell'istituto Fuurin, cambierà pian piano le sue prospettive. La serie non presenta nulla di particolarmente originale, e spesso riempie la bocca dei suoi personaggi di retorica e discorsi buonisti, ma è difficile non simpatizzare per i ragazzi del Fuurin, in particolare per Haruka, che con i suoi continui rossori scopre a poco a poco cosa significhi essere accettato e supportato, e al contempo scoprirà l'importanza di accettare e supportare a sua volta quelle stesse persone.
Tadaima, Okaeri racchiude nel suo stesso titolo il suo senso più profondo: "Sono a casa, bentornato", una formula di saluto tanto cara ai giapponesi ma di cui possiamo facilmente riconoscerne l'importanza anche noi. Tornare a casa, salutare chi ci aspetta e sentirci a nostra volta salutati e accolti in quello che dovrebbe essere il luogo sicuro della nostra esistenza quotidiana. La famiglia Fujiyoshi, due papà e due figli, quel luogo lo ha creato e trasuda di amore e affetto.
La famiglia è fatta di persone e le persone portano sulle proprie spalle un passato, traumi, paure, speranze che possono essere disattese. Masaki è un omega, Hiromu un alpha, ma per quanto la serie si collochi all'interno del complesso sistema dell'omegaverse, Masaki e Hiromu sono in primis due persone che si amano e hanno deciso di passare la vita insieme mettendo al mondo due splendidi bambini, come potrebbe succedere in qualunque serie romantica o anche nella vita reale.
Le difficoltà della coppia sono le stesse che potrebbe incontrare qualunque essere umano, omegaverse o meno: la paura di essere discriminati, le difficoltà di comunicazione con la famiglia, l'imparare ogni giorno a conoscere nuovi aspetti dei propri figli rispettandone la personalità e le inclinazioni e tanto altro.
Partendo dalla nozione di omega, tramite il personaggio di Masaki la serie offre lo spunto per riflettere sul più generale concetto di accettazione di se stessi, come persone in sé, come padri e come partner. Ci invita a pensare in maniera concreta all'idea, tanto semplice quanto complessa, di famiglia, un ecosistema fatto di persone portatrici di una propria individualità che insieme si fondono e diventano un tutt'uno.
Focasaggia
Haruka Sakura si è trasferito in una scuola davvero particolare, una di quelle che sembra essere uscita da uno dei film folli di Takashi Miike. Nei vari episodi mi pare di non aver visto nessuno studiare, nessuno aprire un libro, non ho visto alcun insegnante. In questa scuola, direi, perennemente autogestita, insegnano qualcosa che sui libri di scuola non si impara, sono lezioni di vita di chi cresce per strada. Per Sakura, un duro capace di vivere senza contare sugli altri, è un qualcosa di completamente nuovo, inaspettato. A chi non ha nessun numero in rubrica parole come “amici” o “gruppo” hanno uno strano suono. I pugni in questa serie parlano, raccontano del proprio modo di essere, nei pugni si dialoga anche tra due persone completamente diverse. Non ci sono nemici, ma serve qualche bel pugno ben assestato per farlo ricordare. Degno di nota la presenza del grande Hajime Umemiya, un amico su cui contare. Una serie molto interessante senza grandi pretese capace di intrattenere, degne di nota le belle coreografie nei combattimenti davvero piacevoli da seguire.
Una serie rilassante capace di intrattenere. Grazie alla professionalità del protagonista viene dato allo spettatore la sensazione di trovarsi realmente dentro il locale (e visto i prezzi è davvero preferibile una visita virtuale a quella reale) e pensare a quale drink chiedere. Non preoccupatevi per la scelta, sarà lui a decidere per voi, trovando sempre il giusto cocktail da servire. I clienti sono i più svariati come le situazioni a cui assisteremo. L’efficace narrazione manterrà sempre viva l’attenzione dello spettatore. Mi ha ricordato la vecchia serie, quella del 2006. Un peccato non poter assistere, come un tempo a fine puntata, della preparazione del cocktail oggetto dell'episodio da parte di un vero "Bartender". Quando un’opera è fatta con classe e cura è sempre un piacere guardarla e rilassarsi.
ladynera
Da lettrice del manga sono veramente soddisfatta da questa trasposizione. Kaiju ha una storia abbastanza classica con un protagonista all'apparenza debole ma con una forza d'animo non indifferente, ben prima di diventare il mostro n.8. Questa storia nonostante cliché e quant'altro riesce a catturarmi e ad intrattenermi, sicuramente è dovuto anche al fatto che Kafka è un personaggio che mi piace molto, un trentenne (sì è un punto assolutamente a favore) simpatico e caciarone, ma dal grande senso di responsabilità. Quest'ultimo però non lo rende un pg irraggiungibile, rimane sempre terra terra caratterialmente.
In generale mi piacciono tutti i personaggi, persino Shinomiya che all'inizio pare solo la classica e odiosa tsundere. Con il coinvolgimento di artisti internazionali abbiamo una bellissima opening, che amo alla follia, e una ending molto carina. Entrambe si sposano benissimo con la serie. Le OST sono calzanti e le animazioni ben fatte, unico neo: il chara design, enormemente semplificato. Ovviamente eguagliare la bellezza delle tavole del manga e rispettarne i dettagli sarebbe stato troppo esoso però è un peccato.
Tonari no Yōkai-san è una serie dal sapore agrodolce. In un mondo dove umani e yokai convivono, si vengono a creare situazioni di ogni tipo, e non sempre sono piacevoli. Viene tirato in ballo anche la sempreverde questione dell'immortalità rapportata alla breve vita degli esseri umani. La diversità, la perdita, il mutamento, la convivenza e il rispetto reciproco, tutti fattori presenti e importanti in questa storia estremamente corale, dove si intrecceranno le vite ed i sentimenti di tanti personaggi. Mi sono piaciuti quasi tutti, in particolar modo Jirobo. Buchio invece è stato per me l'anello debole. In generale comunque è una serie ben fatta, magari non imperdibile, ma se piace il genere può essere un buon intrattenimento (sempre se siete pronti ad asciugarvi qualche lacrima).
Albrechtseele
Altri hanno menzionato la validità del comparto tecnico di questa serie, perciò sarebbe ridondante insistere ulteriormente sul tema. Ha tanti altri meriti, Dungeon Food, oltre alla maestria dello staff dello Studio Trigger, che soprattutto in certi episodi ha dato il meglio. Si tratta di un'opera in cui - quasi senza stacco - da scene esilaranti (ed è impossibile in questo caso non menzionare, per la prima parte, la scena con le sirene, mentre per la seconda mi sento di evidenziare gli episodi con i changeling e i loro effetti) si passa a momenti drammatici e particolarmente coinvolgenti, in una serie che man mano amplia il suo world building per incorporare non soltanto il dungeon, luogo chiaramente di maggior rilievo, ma anche il mondo circostante e come gli altri si relazionino con i dungeon stessi. In simile contesto vengono calati numerosi personaggi, i principali particolarmente caratterizzati e con personalità spiccate. E alla fine, assieme al dungeon, a sua volta "personaggio", sono proprio Laios e compagnia a prendere la scena, e a rendere quest'opera estremamente godibile, e per quanto mi concerne, da consigliare assolutamente.
Un isekai. Se ne vedono pochi... scherzi a parte, ho trovato questa serie tra le più piacevoli della stagione di riferimento, con un comparto tecnico adeguato e che non è imploso verso la fine come sovente accade con anime del genere (alcuni nascono già implosi, ma non divaghiamo). La storia è godibile, un po' troppo "telefonata" all'inizio, e con la ripetitività difficilmente evitabile dello schema legato ai nuovi incontri, quelli che poi costituiranno il nucleo principale del cast. Tuttavia, una volta chiuso il preambolo, quando il gruppo è ormai consolidato, la storia prende una sua buona strada, con un protagonista insicuro, non over-powered e la cui abilità lo porta a far ciò che è per lui necessario: fare affidamento sugli altri, cercando continuamente nuovi talenti. Questa è la difficile strada che vedrà coinvolto Ars, un percorso che solo alla fine si intuisce fino a quali vette potrebbe portare, per una serie che ha già il suo seguito annunciato.
Artax
Quello che spesso mi frena dall'apprezzare davvero un fantasy, tra le varie cose, è la predominanza del singolo protagonista sugli altri comprimari. Uno degli aspetti che invece mi ha fatto più contenta di Dunegon Food è la natura corale della sua narrazione: è proprio il gruppo di avventurieri che si inoltra nel dungeon. In più il concept della storia è una riflessione poco fatta nei vari gdr online e non ambientati nei dedali di sotterranei o caverne, cioé "mi porto l'armatura o da mangiare?". Idea che ho trovato bellissima e sfruttata molto bene. E' vero, la serie sembra un po' scissa in due, con una prima parte che raggiunge un apice tensivo intorno alla prima metà degli episodi per poi andare a scemare leggermente nella seconda parte, tuttavia gli elementi divertenti, d'azione e di trama sono nel complesso ben distribuiti lungo gli episodi della serie. Tecnicamente Dungeon Food appaga, realizzato dal quello Studio Trigger che non ti aspetti, quello dell'Amemiya di Gridman, dallo studio Trigger non per foza pieno di lampi, esplosioni, flat colors e alieni. Il tutto immerso in un ottimo worldbuilding che strizza l'occhio alle tematiche ecologiste e incorpora i personaggi in un ambiente che è quasi esso stesso un personaggio, che nasconde, rivela, evidenzia personaggi,situazioni, sorprese e minacce.
Kafka Hibino è un fallito perché non è ancora riuscito a realizzare il suo sogno di combattere accanto alla compagnetta di scuola che nel frattempo è diventata uno degli umani più forti sul Pianeta per la lotta contro i Kaiju. La trama, di fatto, mi lascerebbe totalmente indifferente perché uguale ad altre tremila: lui che vuole fare cose perché l'ha promesso nell'infanzia a lei. Wow. Però lui ha trent'anni e vive in una società che premia soltanto i giovani talentuosi oltre lo scibile. Lui ha trent'anni e ancora non ha concluso niente, anzi, va a pulire laddove i più giovani sporcano (cioè dove massacrano i Kaiju e lasciano lì le carcasse). I cartoni stanno crescendo con il loro pubblico, signori. Come Spy X Family che si basa su un coetaneo di Kafka che di fatto si fa una famiglia, Kaiju N.8 fa un'operazione simile e cerca di dare un po' di speranza ai vegliardi che come il protagonista non sono ancora geni della matematica, della musica, CEO di dodici startup o campioni mondiali kendo. La presenza del giovane che fa da spalla a Kafka, infatti, è l'elemento "d'ingresso" delle generazioni più giovani che con lui si ritrovano a commentare le azioni strane di questo "vecchietto" che, per la sua età, si comporta in modo strambo. Di fatto poi è uno shonen normalissimo e molto telefonato: lui che riesce ad entrare per il rotto della cuffia nelle forze di difesa per via del suo "segretuccio", che si sacrifica per il bene della squadra e tante altre cose che già abbiamo sentito. Ma per questo piccolo spostamento anagrafico, penso sia un titolo da tenere sott'occhio per vedere come, nel tempo, affronta certe tematiche.
Swordman
Anime tratto da uno shounen manga di stampo piuttosto classico ma calato nell'epoca moderna.
Protagonista il 30enne Kafka Hibino, "pulitore" dei resti dei mostri Kaijuu invasori che ha l'ambizione non soddisfatta di risucire a entrare nelle forze di difesa che li combattono. Una serie di incontri e circorstanze però lo riporteranno in gioco.
Sapientemente confezionato dalla Production I.G. basandosi su uno dei manga più in voga della scuderia Jump, Kaijuu N°8 è un titolo che può divertire parecchio se incontra le corde dello spettatore nonché una trasposizione piuttosto fedele, al punto che ne eredita la foga da consumo che fa tirare un capitolo dopo l'altro rendendo la versione animata un'ottimo esempio da binge watching, forma in cui forse renderebbe anche di più.
Da un punto di vista personale, il segreto del buon Kafka avrebbe potuto restare tale anche più a lungo. Magari la storia avrebbe avuto uno sviluppo anche migliore e più corposo.
Siamo incredibilmente giunti alla terza stagione di questa serie tratta dal seinen manga scritto e disegnato da Afro.
Il tempo passa e anche le nostre appassionate campeggiatrici si fanno più intraprendenti: Nadeshiko si avventura insieme a Rin e alla loro amica Ayano in una provante escursione nel Giappone interno, tra boschi, vallate e sfidanti ponti sospesi; Chiaki e Aoi alla prima occasione, se ne vanno per conto loro per brevi escursioni solitarie; Ena si avventura in passeggiate con il suo fedele Chikuwa e ha diversi e nuovi incontri. Non si faranno mancare la "campeggiata" finale tutte insieme con annessa mangiata al barbeque.
L'atmosfera è come sempre placida e rilassante, ma soprattutto non si può non ammirare gli affascinanti scenari tardo invernali che si fanno da sfondo alle varie escursioni che avranno pure i tipici colori spenti della stagione, ma che trasmettono anche realismo e bellezza al tempo stesso. Dei veri e propri quadri con la serie che fa da museo.
Qualche contro però lo registriamo comunque: il campeggio sembra un po' relegato a un angolino e il tutto a tratti sembra il promo di una pro-loco; Rin che in una delle sue campeggiate in solitaria, compie una certa azione per la quale molto del pubblico italiano potrebbe prendersela a male assai. Io l'ho perdonata, ma altri non so.
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