Like a Dragon ~ Yakuza: multi-recensione della serie dal celebre videogioco

Il regista Masaharu Take (Il Regista Nudo) dirige l'opera tratta dal noto franchise di SEGA, facendo assaporare ai fan e ai curiosi le atmosfere di una saga leggendaria

di zettaiLara

L'annuncio di un live action del celeberrimo videogioco d'azione Yakuza, pubblicato da SEGA per la prima volta nel 2005, era giunto direttamente da Amazon Prime Video nel giugno 2024: Like a Dragon: Yakuza (Ryu ga gotoku ~ Beyond the game ~) ha infine fatto il suo debutto anche nel nostro Paese, oltre che in altri 239 nazioni e territori, con una miniserie in sei episodi resi disponibili in streaming in due tempi, per metà il 25 ottobre e per la restante metà il 1 novembre 2024.
L'opera si può visionare sia in lingua originale con sottotitoli in italiano, sia direttamente in italiano grazie al doppiaggio proposto.

Attenzione: le recensioni contengono alcuni spoiler.
 
Like-a-Dragon copertina

Prima di lasciarvi alle nostre recensioni, ricordiamo che la serie è stata diretta da Masaharu Take (100 Yen Love , Il regista nudo) e vede Ryoma Takeuchi (Kamen Rider DriveAozora Yell) nel ruolo del protagonista Kazuma Kiryu.
Accanto a lui vediamo Kento KakuHaru Tawara in House of Ninjasla brava Yumi Kawai (RooT - Route of Odd Taxi),  su Majima, Koichi Sato, e il cantautore Subaru Shibutani (La la la at rock bottom).
Non si tratta del primo adattamento dal vivo, dal momento che il videogioco aveva già goduto di una trasposizione cinematografica nel 2007, nonché di una miniserie nel 2016.
 
La serie è parzialmente basata sul primo gioco della serie "Yakuza" ed è incentrata su Kiryu e tre amici, inizialmente nel 1995, per poi passare al 2005 quando Kiryu esce da un decennio di prigione.
 
yakuza personaggi

**
 
Premetto una cosa molto importante: non conosco il videogame a cui la serie si ispira, perciò il mio giudizio su di essa è basato completamente sulle mie impressioni di pura spettatrice.
Fatta questa dovuta precisazione, inizio col dire che per me la serie Like a Dragon: Yakuza è stata particolarmente gradevole. E non solo (ma sì, devo dire anche) per il bel fisico temprato dagli allenamenti di Ryoma Takeuchi, che è il protagonista della storia. Credo sia importante specificare quali sono gli altri aspetti che hanno reso questa serie per me godibile e di piacevole visione:

La trama: la storia racconta le vicissitudini di un gruppo di quattro ragazzi orfani cresciuti insieme da un padre adottivo, i quali, nel tentativo di ottenere la desiderata libertà, mettono a segno una rapina. Peccato che il loro obiettivo sia un clan della Yakuza. Facile immaginare le conseguenze di tali azioni. E poco importa se l’unico a conoscenza di chi fosse in realtà il bersaglio sia l’ideatore del piano, Kazuma Kiryu, leader del gruppo, che si preoccupa dell’incolumità degli altri anche a costo di mettere in serio pericolo la propria vita. La frittata è fatta e la yakuza reclama il prezzo di sangue da pagare. Questo evento segnerà profondamente le vite di questi giovani sfortunati. Ognuno di essi crescerà anzitempo e verrà cambiato da questo errore fatale.

Il doppio piano narrativo: la storia si colloca in un piano temporale anteriore di dieci anni (1995) rispetto alla vicenda narrata sul piano del presente (2005).
All’inizio della serie Kazuma ci viene presentato in cella, intento a scontare in isolamento la fine della pena di dieci anni inflittagli per un omicidio. Sulla sua schiena troneggia un maestoso tatuaggio tradizionale, raffigurante uno stupendo dragone privo degli occhi.
Riottenuta la libertà, Kazuma vorrebbe solo ricominciare la propria vita altrove, ma non gli viene concesso. Gli amici con cui era cresciuto e che non vede da dieci anni hanno bisogno del suo aiuto, anche se non sembra e non lo chiedono. Ed ecco che per tutta la durata della serie questo doppio piano narrativo presente/passato si alterna, scomponendo la storia in due racconti diversi, ma complementari. Perché senza conoscere ciò che accadde in passato non si può capire il perché delle azioni del presente.

I personaggi: di Kazuma abbiamo già detto. Gli altri componenti del nucleo attorno a cui ruota la storia sono Yumi Sawamura (Yūmi Kawai), finita in affido con la sorella maggiore Akiko. Yumi è molto attaccata a Kazuma, che vede come la sua seconda famiglia. Ci sono poi i fratelli Akira (Kento Kaku) e Miho Nishikiyama (Hinano Nakayama), arrivati nella casa famiglia dopo la morte dei loro genitori, ai quali Kazuma e Yumi fanno da fratelli maggiori. Miho e Yumi diventato inseparabili e Akira stravede per Kazuma, suo punto di riferimento e di ispirazione. I tre ragazzi subiranno una metamorfosi dopo la famosa rapina. Ogni personaggio ha un suo carattere, i suoi punti di forza e debolezza, che condurranno a scelte quasi obbligate e a volte fatali. Nei momenti critici sono capaci di tirare fuori una forza inattesa e ci si chiede se questo non dipenda dall’esempio dato in passato da Kazuma, quasi volessero in qualche modo tenerlo presente inconsciamente, anche se cercano di tenerlo lontano.
 
Yakuza dualismo

Anche i personaggi secondari hanno il loro perché: il padre adottivo, Shintaro Kazama (Toshiaki Karasawa), nasconde più di quanto sembra; Akiko Sawamura (Misato Morita), che crea problemi nel passato e nel presente; il Fiorista di Sai (Tomoya Maeno) vede cose che gli altri neanche immaginano e sa tutto di tutti.
Il buon lavoro sui personaggi è sicuramente dovuto al connubio tra sceneggiatura ed interpretazione; ho molto apprezzato Kento Kaku, a mio parere riesce a rendere benissimo il dualismo di Akira.
 
L’azione: diciamolo. Se uno guarda una serie nel cui titolo è presente la parola Yakuza, certo non si aspetta che ci siano gare di haiku o composizioni di ikebana, ma che siano presenti degli scontri, fisici o a fuoco. E da questo punto di vista non si resta delusi. Si va dalle più elementari sparatorie alle lotte a mani nude all’ultimo sangue, per finire con fendenti di katana e fantasiosi pugnali, tanto particolari, quanto letali.

I cattivi: sì, lo sappiamo, in una serie di Yakuza i cattivi sono la Yakuza. Ma qui di cattivi ce ne sono diversi e non tutti sono della Yakuza. A parte i clan Tojo e Omi, che sono sull’orlo di una guerra totale e nei cui affari Kazuma deve immischiarsi ancora una volta, il nemico numero uno, il boss finale da battere è un misterioso personaggio (segue spoiler) con il gusto per il macabro e per le azioni eclatanti, che emergerà pian piano durante la narrazione (fine spoiler). Kazuma si troverà quindi a combattere su due fronti per la salvezza delle persone a cui tiene.

Per concludere, Like a dragon: Yakuza è una serie in cui l’azione non è fine a se stessa, ma corredata di una buona trama e di personaggi dalle mille sfaccettature, in parte buoni ed in parte cattivi. Perché nel mondo reale nessuno è totalmente di un bianco candido o nero come la notte. Esiste un’infinita scala di grigi.

Voto complessivo: 85
Autore: Godaime Hokage
 
Ryu_ga_Gotoku-header
 
Il mio approccio alla serie videoludica di Yakuza è partito totalmente per caso; ritrovarsi gratuitamente tra le mani un capitolo (il quarto) e iniziare a giocarci per pura curiosità, ma senza aspettative, salvo poi scoprire una delle saghe che più sono entrate nel mio cuore, per potere narrativo e per il carisma dei suoi protagonisti. Insomma, Kazuma e co. hanno un posto speciale nel mio cuore di videogiocatrice.
A fronte di questa premessa è quasi inutile dire che l'annuncio di una serie live action ispirata alle avventure del Drago di Doujima ha acceso in me entusiasmo, speranze ma anche molte paure, perché per quanto la serie Yakuza si presti perfettamente ad una trasposizione in termini live piuttosto che animati, il desiderio è sempre che il materiale originale venga rispettato quanto più possibile. Siamo però abbastanza navigati e realisti da sapere che una saga enorme e complessa come quella di SEGA, non potrà per forza di cose avere un adattamento che accontenti al 100% i fan del videogioco.

Like a Dragon: Yakuza si pone come una vera e propria sfida agli occhi dei fan, e probabilmente regista, sceneggiatore, attori e tutte le persone coinvolte nel progetto, lo hanno sempre tenuto bene a mente.
Se una trasposizione 1:1 è impossibile, e probabilmente nemmeno desiderata, una delle strade percorribili è "ispirarsi", prendere parti sparse di quel prodotto e confezionarne uno nuovo, che richiami l'originale ma che al contempo offra altro, così da attirare un pubblico diverso, pur rischiando di inimicarsi i fan storici. Una scelta decisamente difficile.

Per quanto possa aver storto il naso a causa delle grosse differenze con la saga videoludica, soprattutto nei primi due episodi, da un certo punto in poi ho iniziato a guardare Like a Dragon da un'altra angolazione, non come una trasposizione ma più come un tributo, come una storia che ha preso personaggi, location e sprazzi di trama per rivisitarli a modo suo, non sempre riuscendoci al meglio ma nemmeno in maniera sempre disastrosa.
I due piani temporali su cui si muove la storia, il 1995 e il 2005, ci raccontano le vicende di personaggi uguali ma profondamente diversi, che come in altre serie/film del genere, non fanno altro che mostrare quanto la vita da Yakuza cambi le persone, distruggendo parti del loro cuore, della loro mente e della loro anima. È il caso eclatante di Akira Nishikiyama, ma anche di Yumi, Miho e Kazuma, che se nel primo episodio aspirano alla libertà in maniera pura e ingenua, si ritrovano 10 anni dopo schiavi delle loro scelte, intrappolati in un mondo che non lascia via di scampo e che segna in maniera infausta il destino dei quattro giovani amici.

La narrazione sui due binari temporali non è sempre chiara, soprattutto all'inizio, e si fa fatica a capire le relazioni tra clan, famiglie interne, amici e nemici, anche perché la Yakuza non è una vera "famiglia": essa gioca su tale concetto per comodità, per imprigionare e illudere, ma l'unico vero legame che resta è quello dei quattro amici d'infanzia, che hanno sperimentato insieme la vita senza i propri genitori, e che in orfanotrofio hanno avuto modo di conoscere il calore di una vera famiglia. Andando avanti con gli episodi però il quadro diventa sempre più chiaro, il passato rende comprensibile il presente, le scelte dei protagonisti e i fantasmi da cui non riescono a liberarsi. 

Gli attori si comportano piuttosto bene nelle loro parti, e seppur non ricalchino in maniera fedele le loro controparti videoludiche, creano personaggi abbastanza interessanti e calzanti nella trama. Kazuma e Nishiki sono molto diversi da quelli del gioco, se ne colgono sfumature, modi di fare e vivere o atteggiamenti, ma si tratta di caratterizzazioni lontane dalle originali. A dispetto di ciò, nel loro essere personaggi differenti da quelli che ogni fan conosce, si inseriscono bene nel nuovo contesto, creano un legame come le loro controparti videoludiche, raccontano comunque una storia di affetti e speranze perdute, ritrovate e forse nuovamente perdute.

Ryoma Takeuchi non è il miglior Kazuma possibile a livello di fisicità, poiché nonostante il corpo muscoloso e perfettamente allenato, è lontano dalla stazza possente del Kiryu originale. Anche caratterialmente le differenze sono molte, ma anche il Kazuma di Takeuchi riesce ad avere quell'aura da duro e puro, quel cuore fragile e oppresso da senso di colpa e rimpianto. Non ho potuto fare a meno di notare che, a volte, nelle espressioni facciali, nel modo di muovere la testa o inarcare le sopracciglia del Kazuma di Takeuchi c'è molto del personaggio originale; impossibile non ritrovarlo in certi frangenti.

Anche altri attori svolgono un lavoro egregio pur discostandosi dai personaggi di riferimento, vedasi Kazama, Doujima o il detective Date, che rendono molto bene il loro ruolo all'interno della narrazione. Mi piacerebbe poter dire lo stesso di Majima, interpretato da Munetaka Aoki, che purtroppo compare così poco da non poter dare un contributo reale alla storia e mostrare tutta la bizzarria ed esplosività del "cane pazzo di Shimano".
Ritengo che uno dei difetti della serie sia proprio il poco spazio dato ad alcuni personaggi, vedasi i sopraccitati Majima, Date ma anche Haruka, che sembrano messi lì più per "citazione" che non per farne un concreto utilizzo.
Non si tratta quindi di criticare (esclusivamente) la scelta di cambiare caratterizzazioni e background dei personaggi, ma più il fatto che non trovino il giusto spazio per esprimersi e far addentrare così il pubblico nel fitto mondo di Yakuza, un mondo fatto di inganni, morte, violenza, ma anche di legami forti e sinceri (a volte anche morbosi, vedasi Majima con il suo "Kiryu-chan").
Qualche episodio in più avrebbe risolto il problema? Forse non del tutto, ma a fronte di una sceneggiatura dal respiro più ampio, avrebbe restituito al pubblico almeno una minima parte del grande universo narrativo della saga di videogiochi.
 
Ryu_ga_Majima

Le ambientazioni spaziano tra Tokyo e Osaka, con il quartiere di Kabukicho riadattato a seconda del piano temporale narrato. Rispetto al gioco però, le location non diventano parte integrante dell'avventura, poiché per ovvi motivi il Kazuma della serie live action non può certo andarsene in giro per locali a mangiare piatti tipici, o al karaoke a cantare canzoni enka, né tantomeno negli Hostess Club a flirtare con le ragazze. Viene così a mancare una parte importante che caratterizza i giochi di Yakuza: la vita di Kabukicho, le sottoculture, il mood di un quartiere unico.
Inoltre, la serie ha un tono altamente e perennemente drammatico, cosa che nel gioco viene invece smorzata dalla presenza di subquest assurde e ridicole ma che servono comunque a far entrare il videogiocatore nel cuore di un paese, e in particolare di un quartiere così peculiare.

Insomma, seppur il confronto con l'originale sia inevitabile, e questa versione live ne esca sconfitta nel momento in cui la si considera come una vera e propria trasposizione, la serie presa a sé funziona, almeno una volta che si è entrati nel meccanismo della narrazione e si iniziano a comprendere i personaggi.
Le storie che parlano di Yakuza sono comunque particolari, non tutti le trovano interessanti e riescono a coglierne il fascino; e attenzione, per "fascino" non intendo quello della Yakuza in sé ma quell'interesse dal punto di vista socio-psicologico per un fenomeno che esiste ed è parte della storia e della cultura del Giappone.
È chiaro anche da come sta proseguendo la saga videoludica, che Yakuza voglia offrire qualcosa di nuovo e attirare anche un pubblico più ampio e fresco, motivo per cui forse questa serie live è stata pensata non tanto per i fan ma per i potenziali nuovi fan, pur offrendo agli affezionati storici nuovo materiale su cui passare delle ore.

Dal mio punto di vista di videogiocatrice, e da persona che ha eletto ormai da molti anni Kazuma Kiryu ad husbando intoccabile, Like a dragon - Yakuza non è la miglior trasposizione possibile, poiché una storia praticamente già perfetta non aveva motivo di essere modificata così tanto nelle sue fondamenta. Nonostante ciò, non posso negare di aver guardato la serie con interesse, facendomi trascinare nelle vicende di questo "nuovo Kazuma" e dei suoi amici e nemici, riuscendo in qualche modo ad assaporare ancora una volta le atmosfere di una saga che è ormai leggenda.


Voto complessivo: 75
AutoreArashi84
 
Ryoma Kazuma
Da un lato, sulla carta, sembra abbastanza facile trasporre in live action la saga di Yakuza/Like a dragon (da qui in poi soltanto Yakuza per comodità).
Le ambientazioni ci sono già, quelle del gioco sono più o meno identiche alle vere zone di Kabukicho a Tokyo, Dotonbori a Osaka, Sakae a Nagoya, Minato Mirai a Yokohama; l’ambientazione è realistica, e alcuni degli elementi più esagerati non è necessario riproporli pedissequamente.
Ho sempre pensato che fosse decisamente più facile e redditizio di farci un anime, dato che i personaggi di Yakuza sono anche, tra le altre cose, fortemente ispirati a personaggi famosi reali che hanno prestato loro la voce quando non direttamente anche il volto, e quindi teoricamente sarebbe bastato far recitare loro. 
La saga ha una trama estremamente complessa e stratificata, con un cast foltissimo, intrighi e rapporti fra i personaggi che si costruiscono ed evolvono nell’arco di una decina di giochi. Il primo titolo della serie, pur avendo anch'esso un sacco di intrighi e colpi di scena, è abbastanza fattibile per essere giocato in una dozzina di ore, se non si vogliono approfondire tutte le quest secondarie, perciò penso fosse possibile trasporlo facilmente in un film singolo, ancora meglio con una serie a puntate da un’ora ciascuna. 

La serie Like a Dragon: Yakuza recentemente distribuita da Amazon Prime mi ha invece dimostrato il contrario, presentandomi un prodotto che di Yakuza ha solo il nome, l’ambientazione, qualche nome di personaggi e un rigo della trama di base, ma per il resto stravolge tutto: riscrive la genesi del protagonista Kazuma Kiryu e del suo amico/rivale Nishikiyama, il loro rapporto con l’amica d’infanzia Yumi e col patrigno Kazama e praticamente qualsiasi altra cosa, compresi i nomi dei personaggi (Yuko, l’eterea sorellina di Nishikiyama nel gioco, è qui ribattezzata Miho senza alcun motivo particolare) o l’arco temporale della vicenda.
La produzione ha vietato agli attori di giocare ai giochi per prepararsi alla parte, in modo da permettere loro di interpretare i personaggi secondo la loro personale visione. La cosa si vede eccome, dato che il tutto sembra scritto da una persona che ha letto di sfuggita qualche pagina di Wikipedia con le trame dei giochi e ne ha estrapolato qualche nome o vicenda per poi rifare tutto a propria discrezione. 

Si salta di continuo fra il 1995, anno della giovinezza dei protagonisti, al 2005, per una vicenda ricca di intrighi ma narrata in maniera confusa.
L’aver giocato ai giochi non aiuta a capirci qualcosa, dato che la trama è stata quasi completamente riscritta ed è molto incentrata su un personaggio che nel gioco non esiste (e che peraltro è interpretato in maniera talmente odiosa che ci si chiede di continuo che bisogno ci fosse di inserirlo).
La trama del gioco viene stravolta di continuo anche nel finale, con (spoiler) personaggi che dovrebbero essere morti ma sono vivi o personaggi che non hanno interagito fra loro né avuto alcuna rilevanza (Haruka) (fine spoiler); ciò parrebbe non permettere l’eventuale produzione di future stagioni fedeli ai giochi successivi.
In difesa della serie, va detto che pian piano poi ci si riesce un po’ ad appassionare e a empatizzare col povero Nishiki nella sua discesa verso la “sasukata”, ma se al lungo flashback con la giovinezza dei personaggi ci si fa pian piano il callo, la parte ambientata nel “presente” è narrata in maniera molto confusa e non permette di empatizzare con nessun personaggio, perdendo tempo a raccontare drammi, sparatorie e uccisioni invece di far agire più a tutto tondo i personaggi. Kiryu, ad esempio, nella parte ambientata nel 2005 non fa quasi nulla, ed è il protagonista! 

A nulla serve cercare di mettere quanti più personaggi e dettagli possibili simili a quelli del gioco, andando addirittura a pescare da capitoli successivi, se questi non vengono sfruttati o vengono riscritti in maniera totalmente differente: a che pro inserire Date, Haruka, Majima e Saejima, se poi spoiler non fanno nulla? fine spoiler
A che pro far andare i personaggi a Osaka (location assente nel primo gioco della serie) quando già la trama a Tokyo arranca?
Solo per mostrare qualche bella location, che in effetti sono la cosa più riuscita della serie?
“Kamurocho” è ricostruita in maniera fedelissima a quella del videogioco, addirittura con una certa cura nel mostrare le differenze fra le città del 1995 e quella del 2005 tramite l’uso di cellulari o le locandine dei film in programmazione al cinema.
Si perde però tempo a fare altro e anche l’ambientazione non spicca come dovrebbe: l’intimo bar Serena, location cardine del gioco, è qui un enorme cabaret club frequentato dai mafiosi; le canzoni che passano in sottofondo alle scene, la metà delle volte sono occidentali, invece che enka; il cinema di Kamurocho nel 1995 proietta Forrest Gump invece che Ghost in the shell
Si tenta di fare il verso ai vecchi film di yakuza, ma il risultato non convince.
 

Si viene a perdere completamente il legame fra Yakuza e le sottoculture per cui gli adulti in Giappone vanno pazzi: i film, il wrestling, la musica, i locali. 
Legame che nei giochi è invece sempre presente perché vengono utilizzati come modelli o doppiatori dei personaggi, degli attori che hanno fatto la storia del cinema di genere, wrestler famosi (dalle leggende dell’era Showa ai recenti campioni degli anni 2010), attrici di film per adulti, celebri proprietari di catene di ristoranti che fanno ormai parte della cultura popolare e via dicendo.
La serie non ha nulla di tutto questo, gli attori scelti sono quasi sempre fuori parte e anche quando c’è una vaga somiglianza col personaggio originale lo si fa comportare in maniera totalmente diversa (spoiler: a che serve presentarmi il Fioraio vestito esattamente come quello del gioco, se poi risulta un personaggio completamente diverso a livello di comportamento? fine spoiler). 

In un certo senso, i personaggi di Yakuza sono inscindibilmente legati agli attori che prestano loro il volto e/o la voce. E’ difficile riconoscere Date se lo fai più giovane e lo privi della caratteristica voce di Kazuhiro Yamaji, è difficile riconoscere qua e là personaggi buttati dentro come nomi di passaggio ma che non hanno le fattezze degli originali (Shimano, sul serio?), ma soprattutto è difficilissimo accettare un Kiryu privo delle fattezze e del vocione di Takaya Kuroda. Non basta vestirlo con un completo identico a quello del gioco per fare Kiryu, se poi Ryoma Takeuchi è troppo giovane per interpretare un personaggio che già nel primo gioco ha 37 anni (e Takeuchi ne ha 31, che per un giapponese significa dire che ne dimostra 15 di meno!) e che è sempre stato caratterizzato da un vocione profondo e da un aspetto fisico adulto e maturo, tanto che chiunque altro nel gioco lo chiama “ojisan” o “ossan”, tutte cose che a Takeuchi mancano, per quanto possa andare in palestra a farsi i muscoli o farsi la barbettina.
Kiryu poi compare talmente poco nella serie che non si percepisce affatto la sua perenne malinconia per aver perso tutto, ma nemmeno il suo buon cuore che gli permette di farsi amici ovunque, perciò il personaggio appare estremamente piatto… e, di nuovo, è il protagonista!

Andava fatto almeno dieci anni fa, uno Yakuza in live action, in modo da poter usare il protagonista perfetto, Tomoya Nagase, e altri attori iconici dei film di genere che oggi non ci sono più o sono troppo vecchi per poter recitare in maniera efficace, come Tetsuya Watari o Riki Takeuchi.
Questa miniserie è confusa e superficiale.
Ogni tanto ha i suoi momenti, quando si arriva alla fine del lungo flashback e si riesce a tirare le fila della storia passata, ma la storia del 2005 non appassiona e anzi confonde.
Non è difficile ritrovare le atmosfere della serie di Yakuza in moltissimi film o serial del passato, due nomi a caso Tiger & Dragon (che riesce ad essere più Yakuza di Yakuza stesso) e Minami no Teiou, perciò credevo non sarebbe stato difficile riproporle oggi, che la serie è sdoganata in occidente e ci sono i mezzi per poterla rendere facilmente.
Mi sbagliavo, ahimè, poiché quello che ho trovato qui è un adattamento da anni ‘90 in stile Mortal Kombat: Distruzione totale o Street Fighter: Sfida finale, dove pensavano bastasse piazzare qua e là gente a caso chiamata come i personaggi del gioco per fare una buona trasposizione.

Like a dragon: Yakuza non è fedele al materiale di partenza, ma non ha nemmeno il carisma necessario per diventare una cosa totalmente a sé come fu per il film di Super Mario.
Si fa guardare, ma non ti resta nulla; per un fan che vuole vedere uno Yakuza live action è probabilmente più soddisfacente una passeggiata a Kabukicho o uno spuntino in un izakaya di Dotonbori, piuttosto che guardare questo adattamento. 

Voto complessivo: 50
Autore: Kotaro 
 
 
 
Like a Dragon ~ Yakuza: Trailer completo doppiato in italiano
 
Like a Dragon ~ Yakuza: "Bakamitai" by Kazuma Kiryu (Ryoma Takeuchi)


Versione originale della notizia