Le divinità giapponesi: scopriamo com'è composto il pantheon nipponico
Come districarsi nell'intricato mondo delle religioni nipponiche
di Hachi194
La prima cosa da sottolineare è la differenza fra i termini santuario e tempio.
I santuari sono i luoghi di culto dello shintoismo, vera religione autoctona. In giapponese sono chiamati 神社 (jinja) e sono dedicati all'adorazione dei kami, le divinità appunto shintoiste.
I templi sono i luoghi di preghiera per il buddismo, religione importata dall'India circa 1.500 anni fa e sono chiamati お 寺 (otera)
Infatti le due religioni con più fedeli sono lo shintoismo e il buddismo, spesso praticati entrambi dalla stessa persona.
Lo shintoismo (神道, "la via degli dei") è nato in Giappone. È incentrato sull'adorazione dei "kami", termine che ha un ampio significato: dei, spiriti, ma anche forze della natura. Sono solitamente venerati nelle migliaia di santuari che punteggiano le isole del Giappone e che possono essere anche minuscole capanne lungo la strada oppure grandi complessi all'interno di boschi tentacolari.
Non esiste un'autorità centrale, né testi sacri. Si tratta piuttosto di una fusione di migliaia di credenze locali che tendono ad avere temi e forme di culto simili. Chi segue lo shintoismo non crede in un solo kami ma ne "sceglie" uno in base all'esigenza del momento.
Il buddismo invece è un po' più strutturato. Nato in India, arrivò in Cina durante il I e il II secolo d.C. e poi in Giappone intorno al 500 d.C. durante il periodo Kofun.
Ma fu solo nel periodo Kamakura, diverse centinaia di anni dopo, che si affermò in maniera preponderante. Il buddismo in Giappone è suddiviso in diverse scuole e ognuna differisce nel modo in cui interpreta i fondamenti del credo. Alcuni, come "Amida" (Buddismo della Terra Pura), esplorano le componenti celesti del Buddha attraverso le scritture, altri, come "Zen", si concentrano sull'addestramento della mente alla consapevolezza attraverso la meditazione.
Originariamente il buddismo non prevedeva il culto degli dei ma alla fine fu influenzato dalle credenze shintoiste e così furono aggiunte varie divinità.
Secondo l'Agenzia giapponese per gli affari culturali, il 69% dei giapponesi segue lo shintoismo mentre il 66% segue il buddismo. Se sommate le due cifre, vi renderete facilmente conto che superiamo il 100%, ma questo non è dovuto ad un errore di calcolo. In realtà spiega bene come i giapponesi si approccino alla religione.
Nelle fedi monoteiste come il Cristianesimo o l'Ebraismo si ha fede in un solo dio e quindi o sei un credente nell'uno o nell'altro. La religione e la cultura giapponesi invece hanno un approccio diverso: la fede non è il fulcro della religione, ciò che è al centro della scena sono i rituali e le azioni delle persone.
Le domande al centro della vita spirituale di un giapponese sono: Segui i rituali che ti sono stati insegnati? Ti comporti in modo appropriato? Realizzi la tua vita nel modo corretto? Da qui si può vedere come la religione e la cultura giapponesi siano fortemente intrecciate. La religione in Giappone non è bianca o nera: i giapponesi prendono liberamente in prestito aspetti sia dal culto tradizionale shintoista che dalle varie scuole del buddismo giapponese e li applicano alle loro vite, mescolandoli e abbinandoli senza problemi.
Tutto questo ha ovviamente portato alla nascita di un enorme pantheon di dei.
Prima dell'arrivo del buddismo, i kami erano più simili a "spiriti" o forze della natura. Ogni kami era associato a un certo potere naturale, come il vento o ad un luogo, come una montagna. Erano adorati per le loro qualità, fossero esse buone o cattive. In quanto forze della natura, c'è un kami per ogni cosa e sono ovunque. Non è necessario cercare i kami per trovarli, perché fanno parte del mondo che ci circonda. Se è vero che alcuni santuari sono dedicati in particolare a certi kami, quello non è il solo ed unico posto in cui poterli trovare e venerare.
Con l'avvento del buddismo, i kami furono antropomorfizzati, assumendo forme e sentimenti umani (non dissimili dal pantheon greco). Il buddismo, d'altra parte, ha sviluppato il proprio pantheon di dei ispirandosi molto sia alle forze shintoiste della natura che all'associazione spirituale con certe qualità.
Per questo motivo si dice che ci siano 8 milioni di dei ("yaorozu no kami") dove l'espressione 8 milioni indica tradizionalmente la non numerabilità, come a dire che c'è un numero infinito di kami.
Ma di questi otto milioni, ci sono alcune divinità che spiccano sulle altre. Ognuno ha la propria personalità, i propri punti di forza e molti sono in realtà parenti l'uno dell'altro. Nella mitologia, gli dei interagiscono spesso fra di loro, facendo amicizia e combattendosi l'un l'altro.
Iniziamo a conoscere meglio quelli che costituiscono la spina dorsale dello Shintoismo.
Izanagi e Izanami
Izanagi e sua sorella (nonché moglie) Izanami hanno creato assieme l'arcipelago giapponese, grazie ad una lancia tempestata di gioielli con cui hanno mescolato le acque fangose della Terra, formando la prima isola, chiamata Onogoro.
Su di essa hanno costruito un pilastro gigante: da lì ognuno avrebbe camminato nella direzione opposta, fino ad incontrarsi dopo aver fatto il giro completo. A quel punto avrebbero procreato e dato vita ad altre isole. Il loro primo tentativo fallì, poiché Izanami fu la prima a salutare Izanagi dando alla luce Ebisu una "sanguisuga" senza ossa. La seconda volta Izanagi salutò per primo Izanami e così ebbero successo: lo fecero molte altre volte fino a quando non furono create tutte le isole giapponesi e vari altri kami.
Amaterasu-Omikami
Quando si parla di kami maggiori nel pantheon shintoista, nessuno è più importante di Amaterasu, la dea del sole. Originariamente personificato come un "lui" e gradualmente trasformato in una "lei", Amaterasu è considerato il kami "primario". È la dominatrice del sole e, per estensione, dei cieli e dell'universo. Il suo nome significa (tradotto letteralmente) "il grande dio che risplende dal cielo", ponendola al centro di tutto. La linea imperiale in Giappone, a partire dal leggendario imperatore Jimmu, rivendica la discendenza da Amaterasu.
Inari Okami
Inari Okami è una delle divinità giapponesi più popolari sia nella tradizione shintoista che in quella buddista. Oltre un terzo di tutti i santuari shintoisti in Giappone (quasi 32.000) sono dedicati al culto di Inari Okami. Se all'inizio era solo la patrona degli spadaccini, man mano è arrivata ad essere venerata per tantissime cose, dalla fertilità all'industria a tutte le forme di successo e ricchezza.
A differenza degli altri kami, Inari non ha una forma specifica: è stato rappresentato in molti modi, come uomo, donna o un Buddhavista androgino, serpente, drago e persino ragno. In alcuni casi, Inari è addirittura la fusione di più divinità in una sola. Spesso la forma assunta dipende dal santuario e dalla regione in cui si trova. Tuttavia, l'associazione di Inari con le volpi è la più comune perché questo animale è visto come il suo messaggero nel nostro mondo. Stessa cosa vale per il colore rosso: la maggior parte dei santuari dedicati ad Inari sono dipinti di un bel rosso brillante.
E nel buddismo, quali sono gli dei più quotati?
Nonostante il forte sincretismo e la condivisione di alcune divinità con lo shintoismo, le scuole buddiste giapponesi hanno i loro dei specifici. Molti di essi prendono ispirazione sia dall'Asia meridionale che dai kami shintoisti indigeni e la maggior parte nasce da accadimenti della vita reale o da monaci semi-leggendari.
Amida Nyorai
Amida è uno dei Buddha celesti, cioè persone o spiriti che hanno raggiunto la Buddità e perciò sono adorati.
La sua origine sconfina nel mito e vi sono varie versioni ma è quasi certo che fosse un un monaco buddista che viveva in Asia meridionale. Ad un certo punto della sua vita decise di diventare un Buddha e di creare una terra perfetta in cui rinascere sia per se stesso che per gli altri. Quindi la descrisse attraverso 48 voti, che hanno in comune l'idea che chiunque desideri rinascere in questa terra perfetta deve semplicemente evocare il nome di Amida credendoci veramente. Se il suo desiderio sarà stato davvero puro e intenso, al momento della loro morte, Amida lo chiamerà a sè e condurrà nella Terra Pura dove gli verrà insegnato a diventare bodhisattva e Buddha.
Daruma
Daruma era un monaco semi-leggendario dell'Asia centrale, il cui nome in sanscrito significa risveglio. Aveva grandi occhi azzurri e una barba selvaggia. Viaggiando in tutta la Cina durante il V secolo, diffuse le idee del buddismo Chan, che arrivato in Giappone un secolo o due dopo sarebbe diventato il buddismo zen.
Una delle leggende più famose che lo riguardano e che lo ha elevato da semplice monaco a divinità nella tradizione Zen è quella della contemplazione della parete. Si dice infatti che Daruma avesse chiesto di entrare in un monastero Shaolin nel sud della Cina, ma l'ingresso gli fu rifiutato. Così, per mostrare la sua dedizione, si trasferì in una grotta vicina e per nove anni fissò un muro.
Da qui in poi esistono varie versioni di cosa sia successo in quei nove anni: alcuni dicono che si addormentò durante il settimo anno e che per evitare che potesse ricapitare si tagliò le palpebre. Altri dicono che smise di fissare il muro solo dopo essere stato finalmente ammesso al monastero. Altri ancora che morì lì, seduto con le gambe atrofizzate.
Al giorno d'oggi, Daruma è sinonimo di una bambola che raffigura il volto barbuto e selvaggio di Daruma e che i fedeli acquistano quando vogliono esprimere un desiderio o un obiettivo da raggiungere. Si colora quindi un solo occhio del daruma e solo quando il proprio progetto vedrà la sua conclusione si potrà colorare anche l'altro occhio. In questo modo il daruma con un occhio solo funge da motivatore e promemoria.
Jizo
Anche Jizo nasce come monaco prima di diventare una divinità. Le sue statue si trovano solitamente sui bordi delle strade e vicino ai cimiteri, perché è protettore dei viaggiatori e dei bambini morti piccoli. Leggenda vuole infatti che se le anime dei bambini sono lasciate da sole, esse saranno tormentate dagli "oni" (demoni) e costrette a impilare pietre in torri che saranno sempre distrutte. Jizo protegge questi bambini nascondendoli nei suoi vestiti.
Pertanto le statue di Jizo si trovano spesso decorate con fazzoletti e cappelli. Allo stesso modo è facile trovare piccole torri di ciottoli accanto alle statue di Jizo, perché si ritiene che in questo modo si possano aiutare i bambini a finire le torri più velocemente e ad entrare così nella protezione di Jizo.
I sette Kami della fortuna
Dopo le divinità shintoiste e buddiste vediamo ora i shichifukujin, cioè sette divinità legate alla fortuna, venerate per la loro capacità di proteggere e favorire determinate professioni o persone. Ad eccezione di Ebisu, tutte hanno avuto origine al di fuori del Giappone e si rifanno a divinità indiane o cinesi.
Ebisu è il patrono dei pescatori. Daikokuten protegge cuochi, agricoltori e banchieri, oltre ad essere un cacciatore di demoni. Bishamonten porta fortuna nelle battaglie, mentre Benzaiten veglia sui creativi, artisti, scrittori e ballerini. Jurojin prolunga la vita e Hotei è il protettore di bambini e indovini. Fukurokuji è un eremita e Kichijoten veglia su bellezza e felicità.
Il motivo per cui sono sette è che il sette è tradizionalmente visto come un numero fortunato.
Concludendo, gli dei giapponesi non sono onnipotenti o onniscienti come gli dei di altre religioni. Ogni kami esiste per rappresentare una singola forza o più forze correlate e di solito sono solo una personificazione di quella forza. Per questo sono quasi sempre accompagnati anche da debolezze.
Non si può determinare il più forte o il più veloce tra le molte migliaia di kami esistenti, perché proprio come in natura, nessuna forza domina. Tutti svolgono il proprio ruolo nel plasmare il mondo. Il sole è necessario tanto quanto la luna e, sebbene il giorno e la notte siano separati, condividono comunque lo stesso cielo.
Proprio come lo shintoismo e il buddismo, i kami si completano a vicenda, e anche se possono esserci conflitti tra fra loro, alla fine tutto finisce dove è iniziato, poichè ognuno segue il ruolo che gli è stato assegnato.
Fonte consultata:
TsunaguJapan