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Fin dall'inizio, quello che più colpisce in "Kakurenbo", corto del (per me) sconosciuto Shuhei Morita, è l'atmosfera che emana: matrice oscura e pregnante che avvolge tutto e fuoriesce dallo schermo, frutto di una scenografia che si stacca dallo sfondo per assumere il ruolo principale.
E' la città, infatti, la vera protagonista, il demone sovrano: una fantomatica Tokyo che tende altissime le sue estremità asettiche verso il cielo. Ma il suo cuore pulsante è tutto raccolto nella costruzione prima, nelle case e nei vicoli che si appiattiscono al suolo. Qui, attraverso una ragnatela di insegne rotte al neon, la città raduna i suoi bambini: unici esseri vitali e vigili in quell'enorme ammasso addormentato di palazzi-alveare. Qui, con loro, nel buio animato solo dagli occhi dei demoni, la città gioca a un Kakurenbo ("nascondino") mortale.
Chissà… forse è perché a volte i bambini non sanno distinguere il gioco dalla morte, che riescono a partecipare a questo nascondino. O forse è perché capita che al terrore che si prova nell'essere rincorsi, si mescoli progressivamente l'esaltamento folle e gioioso del gioco eccitante che prende il sopravvento sull'anestetizzante realtà.

Il ritmo cresce progressivamente e l'atmosfera si fa sempre più cupa e ambigua fino ad arrivare alla scena finale in cui la realtà perde completamente di consistenza: la città, dopo avere radunato tutti i suoi bambini nel suo centro, innesta in loro i suoi artigli meccanici e ne assorbe così il fluido vitale sprigionato dal terrore, per emettere un bagliore caldo e umano, mentre colui che resta in piedi può dare il via a un nuovo Kakurenbo.
Forse è questo che vuole rappresentare il lavoro di Morita, o forse no, ma poco importa. Dopo 25 minuti non si hanno in mano molte risposte concrete, ma solo spunti e indizi vaghi. A volte ciò può essere un problema, ma in questo caso non lo è dal momento che l'opera, fin dall'inizio, si è premunita di fornirci uno sfondo pieno d'appigli e di suggestioni su cui la fantasia può spaziare liberamente. D'altro canto il mio voto non è più alto proprio perché il lavoro in somma parte è lasciato sbrigare allo spettatore.
Unica nota realmente dolente restano le animazioni in 3D, che risultano rigide e talora fastidiose. Per il resto "Kakurenbo" è da vedere.