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"Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con la katana, quello con la pistola è un uomo morto!"

"Yojimbo", alias "La sfida del Samurai", è un caposaldo della storia del cinema e la base solida su cui Sergio Leone ("C'era una volta in America", "C'era una volta il West", "Il buono, il brutto e il cattivo") costruirà il suo stile, diventando uno dei migliori registi di tutti i tempi. Non a caso il suo primo successo, "Per un pugno di dollari", che vede un esordiente Clint Eastwood come protagonista, è un remake in salsa spaghetti-western del film di Kurosawa. Inutile dire che il ben noto Tarantino si è ispirato a Sergio Leone, come si può notare in molti dei suoi post-moderni film, quindi l'influenza di Kurosawa c'è anche in questo regista, sebbene in modo indiretto (le citazioni comunque abbondano!)

Pur essendo un film del 1961, "La sfida del Samurai" è avanti per i suoi tempi, in quanto ogni cosa è mostrata senza filtri inibitori: il degrado del Giappone feudale in fase di industrializzazione (quest'ultimo fenomeno è rappresentato dalla celebre pistola, che segna un taglio netto con la tradizione), la spacconeria e l'opportunismo del ronin senza meta e senza padrone, interpretato da un ispirato Toshiro Mifune, che sotto sotto nella sua solitudine ha maturato un'ideale di giustizia sconosciuto agli avidi mercanti e yakuza locali che incontrerà nel suo errare.

La trama del film rientra perfettamente nei canoni del western d'azione. Un samurai solitario vaga errabondo, senza meta e senza padrone, sino a quando approda in un desolato villaggio attanagliato dalla nefasta rivalità tra i due boss che se ne contendono il controllo economico. Sanjuro decide di fermarsi e di ristabilire l'ordine e la giustizia cercando di mettere i boss uno contro l'altro, sfruttando la sua astuzia e il suo temperamento da guerriero. Il finale sfocerà in un epico e indimenticabile duello.

A livello registico siamo molto vicini allo stile de "I sette samurai", che ha fatto scuola ai grandi del cinema. La caratterizzazione dei personaggi è ottima per essere un film del '61 e la sceneggiatura scorre velocemente fino alla comparsa della famigerata pistola, che determina un cambio di registro nel susseguirsi degli eventi, fino al liberatorio duello finale. Lo stile di Kurasawa è didattico: penso che qualunque aspirante regista debba passare da questa strada per imparare il mestiere.

In conclusione, invito tutti a guardarsi sia questo film che il suo alter ego "Per un pugno di dollari", entrambi intensi e affascinanti nonostante la loro semplicità (e la loro età!). A tutti quelli che magari si sono annoiati per la durata eccessiva de "I sette Samurai" ricordo che "Yojimbo" è molto più veloce e ha una durata canonica di 106 minuti circa.
Voglio infine esprimere la mia più completa ammirazione per la sequenza di apertura, una delle più epiche in assoluto nella storia del cinema.