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5.0/10
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In un oscuro antro dell’Asia più selvaggia vive un duo di stregoni coreani intenti a lavorare con il proprio calderone; un pizzico di goth per essere di moda, ma non troppo che i bambini sono il nostro target e pianger non debbono, un po’ di moe per far ammaliare gli stessi; orsù gettiamoci un po’ di carte di Sakura che semmai vendiam un po’ di più e qualche tetta che di sicuro mal non fa!
Il gran minestrone è pronto! Defense Devil può essere servito.

Il prodotto in sé risulterà sicuramente la solita mediocre storiellina di esorcismi e pseudo religione, intenta a sfruttare ancora un altro po’ i vecchi miti Europei e cristiani. Chi ha avuto tra le mani D-Gray man o anche il giustamente molto meno fortunato Witch Hunter non potrà fare altro che cadere in fin troppi dejavù. Ma non vi preoccupate: non siete ancora dentro Matrix.
La caratteristica più innovativa della storia consiste nel personaggio, il quale non è un guerriero ma un avvocato alla Phoenix Wright, il cui compito è di difendere le anime che cadono all’interno del limbo attendendo il giudizio degli shinigami. I quali, prontamente perché bastardi, le sbattono nei loro inferni senza pensarci troppo. Le anime in questione, per poter anelare all’aiuto totalmente privo di parcella del nostro eroe devono però essere innocenti; questo perché l’eroe è buono e non può in alcun modo essere un vero e proprio "avvocato del diavolo".
Ci si potrebbe aspettare qualcosa di meno fisico e più enigmatico, sebbene ben presto anche questa speranza decada poiché il mestiere di avvocato è molto noioso, e quindi si arriva ben presto a speziare il tutto con dei bei combattimenti. L’eroe Kucabara riesce di volta in volta a svicolare dai “perfettissimi” tranelli tesi dagli shinigami le povere anime innocenti, dimostrando la totale estraneità ai vari crimini dei propri assistiti e venendo così premiato con un bella materia nera/power-up che lo trasforma al suo aspetto di un tempo: il figlio di Lucifero. E quindi inizia a combattere. Ma non sempre le potenze dell’Anticristo bastano; pertanto Kucabara ricorre ai poteri delle carte di Sakura… dotate però di meccaniche di evocazione alla Yu-gi-oh.

L’atmosfera è pesante, i tempi comici totalmente sconosciuti all’autore; il tutto risulta essere rugginoso e lento. Si potrebbe utilizzare l’inciso, il non detto alla One Piece, invece si cade nella costate prolissa spiegazione vignetta per vignetta, per cui un personaggio per muovere un dito deve prima far capire al lettore il perché stia per muovere quel dito, quindi dopo averlo mosso deve iniziare a pensare se ha fatto bene o male a muoverlo, e quindi reagire.
L’esempio più ributtante è presentato nei panni di una “scelta” in cui il kawaii (quando non trasformato per power-up) servitore di Kucabara, Bichura si trova intrappolato in un oscuro tranello di uno shinigami. La posta in palio: la vita di poveri piccoli pucciosi bambini. Solo che Bichura non sa se lo shinigami stia bluffando, mentre il lettore può vederlo bene.
Ed è proprio questo che rovina in toto il manga: la continua, smodata ricerca della suspense nel lettore in momenti talmente ridicoli da non poterla neanche concepire; la continua voglia di rappresentare il buonismo più puccioso dell’eroe perfettino e vegetariano, amante dei bambini e delle loro faccine sorridenti. Pertanto, dopo le recenti accuse a livello mondiale, a causa dei vestiti ed ambientazioni simil-religiosi cristiani dei personaggi, il Vaticano rifiuta la distribuzione del manga sul suolo della Santa Sede.

Ma già dal secondo volume l’autore inizia a comprendere che la sua storia necessiti di un vigoroso power-up, e per questo si reca nell’anfratto più oscuro della sua grotta ad aprire il suo scrigno segreto. Sarà il mondo pronto all’aggiunta di Tette e Culi?
A dir la verità il mondo sarebbe anche pronto a tale power-up, solo che è lo stesso autore a non saperlo gestire bene. Viene introdotta Elimona, un personaggio che a detta dell’eroe stesso è una ninfomane; ma l’idea non è molto ben resa nel solo attillarne le curve con qualche vestitino da infermiera o poliziotta. E laddove essa rappresenti il lato oscuro, deve per forza uscire alla luce una casta pulzella esorcista che renda schiava delle sue curve l’altra metà del cielo. Idamaria.

Alla fine della giornata, tra le mani non ci resta che un gran minestrone fatto e concepito per dare un po’ a tutti: ai patiti dei cazzotti, agli amanti delle carte, della religione, delle tette, del bianco e del nero. L’idea di fondo è buona, ma solo per uno one-shot o per una serie veramente breve; sicuramente non prolungata nel tempo.
Laddove ci si possa soffermare ad apprezzare lo stile grafico, si deve però anche notare che è sempre la stessa solfa quasi da copia-incolla. Vista e rivista in tipi di storie simili.
E dopo aver finito un volume, non ci resta nulla tra le mani. Abbiamo avuto un po’ di occulto, un po’ di culi e tette, un po’ di battute veramente idiote; ma quando si cerca di dare così troppe cose differenti tra di loro, alla fine non ne resta assolutamente nulla. Non ci siamo pienati di nulla; ma il volume è finito e dovremmo comprarne un altro. L’autore dimostra in poco tempo di volersi vendere ma di non saperlo fare, e soprattutto di non conoscere i tempi narrativi; la storia, quando non sembrerà assolutamente ferma per 3-4 pagine, sicuramente non darà alcuna spinta degna di nota, lasciando i personaggi a dondolare nel vuoto più logorroico.
Lasciate il manga in libreria, accendete la televisione su Family Guy (Griffin) doppiato in italiano e bendatevi. Otterrete maggior divertimento.