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8.0/10
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Quanti di voi non hanno mai pensato di mentire a fin di bene? A volte dire la verità è doloroso, si rischia di ferire gli altri e soprattutto se stessi.

Su questo sottile conflitto psicologico vive il giovane Utsuho, protagonista del manga eponimo, che a seguito della morte del suo protettore a opera degli Itsuwaribito, furfanti menzogneri disposti a tutto pur di nuocere al prossimo, decide di divenire anch'egli un Itsuwaribito allo scopo però di fare il bene,mentendo.

La trama è apparentemente bambinesca e leggera, una sensazione alimentata dal carattere vivace e spensierato del giovane protagonista. In effetti per la maggior parte dei capitoli la trama offre una serie ininterrotta di episodi auto-conclusivi, sulla falsa riga degli exempla cristiani, similitudine quanto mai calzante dal momento che lo scopo dell'autrice è quello di fornire uno spunto di riflessione e un importante insegnamento. Tuttavia è lecito obbiettare che, almeno inizialmente, la trama segue solo una sorta di filo rosso senza tuttavia fornire alcuna continuità, e ciò rischia di stancare il lettore, digiuno di questo tipo di opere, più frequenti negli anni 80-90.

Il disegno è fluido, senza linee superflue, pulito in una parola. Tuttavia può lasciare sconcertati lo stile grafico dei personaggi, soprattutto del protagonista, che tiene inspiegabilmente gli occhi costantemente chiusi, eppure ci vede magnificamente; oppure la presenza delle fasce esageratamente pompose che gli cingono i fianchi. Più sobrio invece lo stile del comprimario, il giovane medico, e delle varie comparse, che pur senza brillare singolarmente, aumentano la varietà dei costumi.

In definitiva è un manga apparentemente semplice, che abbandona in parte la componente "action", più consona a questo tipo di manga, a favore di una costante ricerca psicologica dei personaggi, molto ben riuscita e punto di forza di quest'opera. Consiglio questo manga a chiunque sia interessato al tema proposto dalla giovane mangaka, nonostante i difetti e i limiti da me evidenziati.