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Sono un pò invidioso.
Sì, invidioso ti quel tizio strano che cammina spensierato con un sorriso ebete stampato in faccia.
Invidioso della spensieratezza, serenità e spontaneità quotidiana che manifesta. Certo è un sentimento passeggero e positivo in quando quello che ho provato maggiormente durante e dopo la lettura di questo volume autoconclusivo del maestro Taniguchi è stato un grande senso di pace e leggerezza.
Sono reduce da una impegnativa scadenza professionale che mi ha praticamente fatto perdere una splendida stagione qual'è l'autunno, e leggere l'uomo che cammina è stato bellissimo! Tante cose che il protagonista fa, alcune delle quali senza senso come il correre su per le scale esterne di un condominio, sono quelle piccole cose, pensieri, idee istantanee di compiere azioni (innocue) che possono tranquillamente venire in mente ai più ma che praticamente nessuno mette in pratica. Una sciocchezza penserà qualcuno, una manifestazione di spontaneità, leggerezza e semplicità penso io. Leggere, anzi sfogliare ed osservare questo manga, spesso povero di dialoghi, mi ha trasmesso una profonda serenità, contestuale alla consapevolezza che troppo spesso i ritmi della vita non sono a misura di uomo ma imperniati essenzialmente sull'aspetto quantitativo e produttivo. Bisogna godere maggiormente del mondo che ci circonda, scuotendosi via di dosso quella frenesia che ci circonda. … o almeno è opportuno ricordarlo e provare a mettere in pratica questa semplice ma utile buona norma di vita. Io vivo in campagna, se tale può essere chiamata quella prolungata periferia che è la pianura padana (...altro che paesaggio rurale!), ma nonostante ciò i ritmi sono frenetici. Però, come ci dimostra l'uomo che cammina, non è il solo contesto ambientale, più o meno antropico, a fare pendere la bilancia verso un atteggiamento di maggiore consapevolezza rispetto a noi stessi ed a quanto ci circonda, ma, prima di tutto, l'apertura interiore, intima e personale.
Taniguchi sensei è estremamente abile nel trasmettere sensazioni ed emozioni solo attraverso i suoi meravigliosi disegni, chiari, dettagliati ma eccezionalmente puliti e sobri, lontani dallo stile bello ma pesante utilizzato da quei mangaka che usano (a volte abusano) abbondantemente i retini.
Comprendo che un'opera come l'uomo che cammina non sia adatta a tutti, del resto questo è un "limite" in parte generalizzato del maestro Taniguchi, autore internazionale ma di nicchia per il carattere estremamente intimista e nostalgico che permea la maggioranza delle sue opere.
In conclusione un manga, anzi, romanzo a fumetti, che non posso consigliare a tutti, ma che suggerisco caldamente come "libro da comodino" (termine antico? eheh, io sono diversamente giovane) a tutti coloro che si ritrovano spesso a rincorrere l'orologio, i mezzi di trasporto, il collega, etc. Mostrandoci il comportamento atipico (certamente esagerato o quantomeno fuori dalle righe) del protagonista, Taniguchi ci suggerisce di evitare di cadere in comportamenti velocizzati di routine che rendano tutto eccessivamente scontato o banale.
L'uomo che cammina non si limita a vedere, cioè ad utilizzare il primo "livello" della vista, ma guarda e fissa quello lo circonda, imprimendo situazioni, cose, persone ed animali nella propria mente. Questo fà di lui un attento osservatore.
L'invito dell'autore a camminare (cosa che fa sempre bene, tra l'altro) osservando in profondità quello che ci circonda per potere gustare appieno la vita, fatta in maggior parte di cose semplici e quotidiane che comunque possono diventare esperienze interessanti se non meravigliose, é esplicito, e secondo me è un ottimo suggerimento.

... alla fine di questa piccola recensione, ripensando all'innominato uomo che cammina, anche sulla mia faccia è spuntato un sorriso un pò ebete ... e non credo sia un male.