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Solitamente, quando si cerca di reinterpretare un grande classico i risultati possono essere due: la nascita di un grande capolavoro (come può essere il caso di Pluto) o un totale disastro. In tutto questo, Saint Seiya the Lost Canvas di Shiori Teshirogi è un'eccezione alla regola: non è una disfatta completa, né tantomeno un capolavoro.

Sicuramente la prima cosa che colpisce è la grafica: realistica e ben curata (anche se non eccezionale), finalmente Saint Seiya ha trovato un disegnatore (o meglio una disegnatrice) degno di questo nome. E oggettivamente, Kurumada in quanto ad abilità artistiche e stile narrativo deve letteralmente inchinarsi di fronte alla Teshirogi che, forse anche grazie all'avere più modelli a cui ispirarsi, può vantare uno stile molto più fresco e scorrevole di quello del sensei, oltre ovviamente a un tratto che surclassa totalmente quello piatto e quasi stilizzato dell'autore originale.
E così, grazie alla buona matita dell'autrice, possiamo finalmente goderci le armature dei Saints in tutto il loro splendore.

Un altro punto a favore di Lost Canvas rispetto alla serie classica sono i personaggi: la Teshirogi riesce a dare alle sue creature (soprattutto i gold saint, le vere star di quest'opera) più spessore rispetto a quanto riesce a fare Kurumada. I cavalieri d'oro che tanto avevamo adorato nelle loro spoglie classiche, riproposti e migliorati, con almeno un punto della storia focalizzato su di loro. Su tutti, spicca sicuramente Manigoldo di Cancer: una spanna sopra tutti i suoi colleghi in fatto di caratterizzazione. Bisogna però dire che, quasi a rendere omaggio alla serie classica, i personaggi meno riusciti sono proprio i protagonisti: come Seiya, Tenma appare incredibilmente vuoto e piatto, e così i suoi compagni Yato e Yuzuriha.

Quello che può essere considerato il maggior difetto dell'opera è forse la poca fedeltà all'originale. Saint donne che non indossano la maschera, l'apparizione dei talismani di Atena, la parte dedicata ad Atlantide, lo stesso Lost Canvas e diversi altri. Questi sono piccoli particolari che l'autrice ha probabilmente voluto inserire per dare un tocco di originalità al suo manga, ma che, per quello che dovrebbe essere un omaggio al Saint Seiya classico, si sarebbero dovuti evitare.

Un'altra pecca è sicuramente l'ambientazione poco curata: la Teshirogi non si è minimamente sforzata di fare almeno una piccola ricerca sul panorama europeo settecentesco reale. Così, alcuni dettagli molto poco realistici (ad esempio, chiese usate come orfanotrofi, o la presenza di un bambino giapponese in Italia) rendono sgradevole e molto approssimativa la ricostruzione storica. Oltre al fatto che i personaggi viaggiano dalla Grecia, all'Italia, allo Yamir in un battito di ciglia.

Parliamo ora della storia: essa viene vivacizzata facendo cominciare il manga già nel pieno della Guerra Santa, e la lettura viene resa più scorrevole. Nonostante ciò, lo svolgersi degli eventi presenta alcuni evidenti difetti: avendo le mani legate su chi far morire e chi lasciare in vita, sembra che la Teshirogi abbia cercato qualsiasi pretesto per togliere di mezzo i dieci gold saints già condannati da Kurumada, risultando spesso poco convincente (su tutti, la fine dei cavalieri dell'acquario e dello scorpione), e lo stesso succede con gli inutili santi di bronzo e d'argento; inoltre, molte scelte dell'autrice vengono evidentemente prese senza premeditazione (ad esempio, la comparsa dell'Arca della Speranza sembra messa lì solo per aggiustare la trama).

Concludendo, Saint Seiya the Lost Canvas è sicuramente qualcosa in più di una semplice fan fiction. Un tentativo, per molti versi riuscito, di far rivivere ancora una volta il mito dei cavalieri che hanno tanto animato l'infanzia di tutti noi. Ma a causa dei difetti che ho citato sopra, non posso dargli più di un buon sei. Comunque fortemente consigliato.