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8.0/10
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Il genere shoujo, mi spiace dirlo, è spesso sottovalutato o maltrattato dalle minimizzazioni che se ne fanno. Gli shoujo sono articoli particolari, che vanno presi con le pinze per alcuni, trattati con riguardo. Per altri non sono neppure da considerare, vengono scartati a priori.
Rimane ancorato a questo genere di commedia romantica a tinte pastello il pubblico, che, più che un capolavoro, più di una forma d'arte, più di una facile e rapida via di fuga dalla quotidianità che vincola, cerca in regalo un sentimento particolare, sia esso di gioia o vaga malinconia, quello un po' dolente che ci accompagna quando rivanghiamo i ricordi di quanto appartiene al passato o vediamo in chi ci è attorno il bozzolo delle crisalidi che nella realtà sono, in prospettiva di chi diventeranno come siamo stati costretti a fare noi prima di loro.
Fruibile per tutti, è alla fine il sognatore e più del sognatore l'idealista e chi vuole perdersi per un po' nei meandri della memoria ad avvicinarsi allo shoujo, che diventa per questo motivo una forma di espressione prettamente emotiva, un crescendo di immagini e rappresentazioni in cui il lettore, immedesimandosi, ritrova una parte di sé e se ne re-innamora. È il rimpianto di ciò che si è perduto, o, in casi eccezionali, di ciò che non è stato possibile realizzare o vivere, vedendolo compiersi e concretizzarsi.
Più che l'idealista, allora, è il cercatore di ricordi uno dei primi ad approcciarsi al mondo shoujo. Chi non cerca nuovi mondi o mondi alternativi a quello che conosce già. Il cercatore non ne sente il bisogno. Divora i ricordi come se fossero pane e inchiostro, briciole di stelle. Guarda un bel paesaggio, rievocandone uno simile e ricostruendoci sopra il pomeriggio di un'intera infanzia o l'alba invernale della sua adolescenza.
È al cercatore che vede e osserva e tace e trova, che sente e prova ogni emozione con la veemenza vivida di una pennellata, è a lui, a voi, a te che mi rivolgo, consigliando caldamente questo manga.
Strobe Edge è uno shoujo, sì, fiero di ciò che lo contrassegna e lo qualifica come tale.
Uno shoujo esente da difetti? Non saprei dirlo o assicurare il contrario. È a lettura calda, appena terminata, che scrivo, perciò ho ancora nella mente l'effetto fiorito che l'opera ha esercitato su di me, la pallottola tiepida che mi ha fatto provare mentre sfogliavo le pagine, il divertimento, la simpatia.
Ci sono cliché? Sì, ma questo non lo forza in schemi banali, arbitrari. Tutt'altro. Costringe l'autrice ad esplorare strade battute, ingegnando nuovi attrezzi e utensili per smuovere il lettore, fargli comprendere e assimilare le situazioni tra cui i personaggi si destreggiano, nei modi personali e a loro più congeniali e che chi legge finisce presto con il riconoscere come il loro modus operandi.
Le caratterizzazioni sono buone? I personaggi sono macchiette già viste di personaggi venuti a noia? Qui, devo aprire una breve parentesi. Quando si parla di caratteri, tutti diventiamo giudici ed esperti, puntiamo il dito contro. Basta poco per etichettare qualcuno come dolce, gentile, solare, solitario, eccentrico, introverso: un gesto sbagliato o un sorriso, un atto di indelicatezza indeliberata compiuto al momento sbagliato; e questo nella realtà. In quella di carta e china rendere le sfumature di una personalità, le variabili e le incostanze che fanno scoprire i vari e infiniti lati di una persona, sta alla bravura del mangaka. La ricerca di sé non ha fine. È così che si creano personaggi a tutto tondo, a chiasmo. Ossimori viventi di frivolezze umane e volubilità. Ed è così che un carattere come quello di Ninako, la protagonista femminile, di così semplice e immediata interpretazione, si trasforma in una scoperta continua. Una scoperta indubbiamente gradevole e spiritosa, dalle molteplici e inaspettate qualità.
Ninako è alla prese con il suo primo amore, primo passo nel cammino che porta ad essere grandi, ad aprire gli occhi su tante e tante cose. Se a primo acchito l'impressione è quella di trovarsi di fronte una ragazzina ingenua e puerile, fatua e un po' sciocca, con la testa tra le nuvole, in pochi capitoli bisogna ravvedersi. Ed è qui che l'autrice mostra l'insospettabile: la tenacia, la costanza, una vena di bambina nel modo onesto che Ninako ha di avvicinarsi agli altri, il coraggio e le speranze di una ragazza che dopo un rifiuto non prova rabbia, rancore o si lascia travolgere dall'amarezza del disincanto, decidendo non di lottare per l'impossibile, ma di conservare finché può la bellezza e la grazia di quello che prova.
È un personaggio positivo e dinamico, che acquista maggiore spessore pagina dopo pagina, un suo perché. È allora che vien da pensare che anche i bambini, soprattutto i bambini, nella loro purezza, nella curiosità e nell'ignoranza delle prime esperienze, nella perspicacia pulita e vivace della loro innocenza, provino le stesse emozioni degli adulti, i loro stessi impulsi e desideri, ma meno distruttivi e devastanti. I bambini provano ciò che prova un adulto e dalla loro hanno cuori più grandi e limiti ristretti, corpi in miniatura.
Il protagonista maschile, Ren, è una controparte bilanciata e ben riuscita e lì dove la maggior parte dei compagni di scuola vede in lui un ragazzo laconico e "duro", Ninako indovina la vena gentile e pacata che solo noncuranza al giudizio altrui, desiderio di tranquillità e in buona dose riservatezza gli impediscono di rivelare. Per ritornare in tema di ossimori viventi e personaggi a chiasmo, fatti di contrasti e dolcezze e asprezze comuni alla realtà.
Potrei parlare per ore e ore degli altri personaggi, non mero contorno, ma anche loro protagonisti. Gli amici, i compagni, gli "avversari": tutti reali, eloquenti, incisivi, forti, nitidi come certe screziature di colore.
Mi astengo.
Troviamo amicizie e amori, primi, secondi, di ogni genere. Che poi che senso ha parlare di tipi, di classificarli? L'amore è amore e basta, così dovrebbe essere. Si ama e si vive e se si smette di amare si continua a vivere, sperando di avere la fortuna di amare un'altra volta o di conservare abbastanza quel primo da riuscire a ricordarlo in seguito senza troppo dolore.
L'autrice ce ne convince senza quasi averne l'intenzione. L'aria che si respira è quella scolastica, adolescenziale, in cui tutto è possibile perché tutto deve ancora succedere e i primi errori non gravano poi così tanto sul cuore e sulla coscienza.
I disegni rispecchiano le note serene dell'ambientazione. Tratti sicuri, occhi espressivi ed enfatizzati e visi poco ordinari, ma carichi di vigore e intensità.
Che dire della trama? E qui cado io nelle banalizzazioni. È uno shoujo. È ovvio che affronti e mostri di petto determinate situazioni, certi argomenti, ma lo fa con dolcezza, naturalezza, disarmante schiettezza e una qual certa delicatezza, proprio per rimanere nell'ottica dei primi passi in un mondo del tutto nuovo, terra inesplorata. Tutto acquisisce una nota autentica e intima, genuina. Non ci sono storie impossibili e fosche che vanno per le lunghe o grandi e intricate sottotrame, ma una linearità coerente che non viene a stancare e che, contrariamente a quanto si possa pensare, finisce con il sedurre, quasi, fa respirare e non trepidare come troppo spesso accade. Ammorbidisce il viso in un sorriso che alla fine è costretto ad aprirsi, vasto e sconfinato.