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7.0/10
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Attenzione: contiene spoiler

Un aspetto de "Le rose di Versailles" che, mi sembra, abbia molto colpito il pubblico italiano sono i gruppetti di nobildonne che, mentre Oscar presta servizio a Corte, si assembrano nei suoi paraggi, quasi sempre sullo sfondo, e con cartelli e gridolini da fan cercano l'attenzione della bella eroina. Credo che questo elemento, insieme al comportamento transgender della famosa Oscar che è biologicamente donna ma si comporta come un uomo, metta in difficoltà il pubblico, per lo meno quello italiano, perché è difficile da inquadrare e valutare secondo i precisi canoni consueti.
Cosa vedono esattamente quelle donne in Oscar? Una persona caparbia e capace da imitare a prescindere dal sesso e dal genere? Una persona da ammirare proprio perché è una donna forte e indipendente in un periodo in cui le donne, tutto considerato, sono subordinate agli uomini? Che forse il loro atteggiamento implica un interesse erotico? Oppure magari tutte queste cose insieme? Le "Rose di Versailles" non dà molto spazio alla questione. Le nobildonne fan di Oscar restano sempre dei crocicchi sullo sfondo e il rapporto con queste donne non è mai approfondito.

A farsi carico di esplorare le diverse sfumature del rapporto fra donne, invece, si occupa "Claudine". In particolare, il sentimento su cui la narrazione si concentra è quello, in perfetto stile ikediano, più passionale e struggente di tutti: l'amore.
La storia dell'omonima protagonista è infatti un susseguirsi di rapporti amorosi intrecciati con persone dello stesso sesso. Nel corso della sua breve ma intensa esistenza, Claudine si scambia promesse d'amore con tre donne: Maura, Cecilia e Selene.
Ma, malgrado tutto l'amore che Claudine dà e il suo innegabile valore personale, le sue storie d'amore - ovviamente, altrimenti non sarebbe la Ikeda - terminano immancabilmente in tragedia.

La causa primaria è la famiglia di Claudine, nella cui rete di rapporti, che lei sia volente o nolente, si gioca tutta la sua vita. A partire dalla motivazione del suo interesse per le donne, che più volte è ricondotta - come da classica teoria psicanalitica - al rapporto con il padre: Claudine amerebbe tanto suo padre da amare le persone che lui amerebbe per sentirsi ancora più vicina a lui.
Allo stesso tempo, se la famiglia è l'elemento che avvicina Claudine alle donne, è anche quello che da loro la allontana. Infatti, troppo spesso le sue innamorate tradiscono Claudine con esponenti maschili del suo cerchio familiare.
Questo elemento mi ha ricordato tantissimo "Teleny" di Oscar Wilde, dove l'amante del protagonista lo tradisce con sua madre.
A voler riconoscere un'ulteriore citazione letteraria, quando Claudine scopre che il fratello di una sua innamorata è l'amante segreto di suo padre - intollerabile beffa per lei, perché se il padre ama gli uomini e Claudine le donne, i due invece si avvicinarsi si distanziano - mi ha ricordato "Alla ricerca del tempo perduto" di Proust, nel quale diversi personaggi non possono vivere delle storie d'amore con le persone di cui sono innamorate perché i loro orientamenti sessuali non coincidono.

Accanto a queste citazioni riutilizzate un po' acriticamente, l'aspetto forse più originale della narrazione è che essa viene scandita dai commenti di uno psicanalista, a cui la madre di Claudine affida la figlia perché preoccupata per la sua condotta sentimentale. Contrariamente alle aspettative e al comportamento gretto della stessa madre di Claudine, lo psichiatra rimarca sempre che l'amore di Claudine è sincero e genuino, che il suo amore per le tre donne della sua vita è assolutamente più puro e forte di quello che proverebbe un qualsiasi uomo. Ma, con fatalità, ammette anche che se la giovane donna non è libera di seguire il proprio cuore è esclusivamente per via della malvagità e dei pregiudizi della società, ai quali è impossibile sfuggire.
Claudine è dunque destinata a essere una vittima innocente della cecità delle persone.

L'opinione dello psicanalista è interessante per controbilanciare il comportamento dei personaggi, tuttavia la sua voce è un po' debole contro l'elemento della sessualità della protagonista influenzata dal padre, che è davvero troppo ricalcato da un manuale di psicologia freudiana. E così anche per le citazioni a Wilde e Proust: se da un lato sono pregevoli, dall'altro imbrigliano la storia in un modo che la Ikeda non possa svilupparla in maniera originale, e la narrazione ben presto prende una svolta fin troppo scontata per il peggio.

Il resto del volumetto è occupato da due racconti indipendenti, segnalati come dei gaiden', degli extra, de "La Finestra di Orfeo". Rispetto a "Claudine", sono delle narrazioni di gran lunga più tradizionali, tutte incentrate sulle vite di nobili che, sospesi tra orgoglio e sfighe assortite, vivono struggenti storie d'amore. E questi due racconti li ho trovati davvero pesanti e stereotipati come tematiche, in diversi punti ero tentato di interrompere la lettura ma ho resistito perché ero sicuro che non li avrei più ripresi in mano. E dopo averli letti, sono sicuro che non li rileggerò, a modo di non cadere in depressione cosmica autolesionista. Di certo non meritano lo stesso interesse di "Claudine".

Per quanto riguarda l'edizione, si tratta del consueto formato Goen. Sovraccoperta, pagine a colori, rilegatura un po' rigida e pagine un po' trasparenti ma di un buon bianco. Per chi conosce i volumetti Goen, non c'è nulla di rilievo da segnalare.
Piuttosto, vorrei commentare il comportamento della casa editrice che, come con "Ayako", altro titolo minore della Ikeda, ha annunciato l'acquisizione dei volumi ma li ha lasciati nel limbo senza più parlarne, rimarcare l'intenzione a pubblicarli, fornire date provvisorie, nulla, finché i volumi non hanno fatto capolino in fumetteria. Personalmente lo ritengo un comportamento per niente professionale, i lettori hanno il diritto di essere aggiornati sul destino delle serie annunciate.

In sostanza, "Claudine" è un buon manga sullo stile della Ikeda tradizionale, che esplora la difficile tematica dell'amore tra due donne, ma se da una parte è ammirevole il coraggio dell'autrice nell'operare questa scelta, dall'altro bisogna a malincuore ammettere che non è riuscita a confezionare un'opera complessa e originale come le sue altre più celebri, nonostante interessanti influenze dovute alla psicanalisi freudiana, a Wilde e a Proust. Di conseguenza, temo che "Claudine" si possa considerare soltanto un manga minore della Ikeda, che consiglierei ai lettori più veraci dell'artista o a chi è interessato a leggere dell'amore tra due donne.