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A un primo impatto avevo giudicato questa serie in quattro volumi come una delicata opera giovanile che ancora molto si conformava ai classici stereotipi di shoujo manga. Una Ai Yazawa non ancora libera di esprimere se stessa come avrebbe fatto dopo. Ecco, in parte mi sbagliavo. In Marine Blue l'essenza di Ai Yazawa si sente tutta, e nonostante il tratto non sia ancora molto personale, come è diventato in seguito, ma risponda piuttosto a dei canoni estetici più classici, e la storia parta da un classico triangolo, essa evolve con profondità e delicatezza rara, un risultato incredibile per una mangaka che nelle note laterali si giudica "inesperta", chiedendo perdono per la variabilità con cui vengono disegnati i personaggi, a volte più adulti, altre volte più ragazzini. E' vero, volendo muovere delle critiche, queste si potrebbero fare, ma trovo che sarebbero, in fondo, inutili. A volte l'evoluzione della storia potrebbe risultare forzata, o i gesti dei personaggi incomprensibili ad un occhio adulto. Invece no, non voglio criticare questo: i personaggi sono adolescenti ed insicuri, non conoscono ancora le direzioni giuste da prendere e le scopriranno solo crescendo. Dietro Marine Blue vi è molto delle tradizioni di un Giappone che affaccia verso l'Occidente, un modo di intendere l'amore che è così ricco e pieno come solo in un manga riesce ad essere descritto.
Marine Blue è ricco della dolcezza di un amore a lungo negato. Il surf, l'estate, le palme, l'indecisione, le feste, gli eventi e i baci che accadono e non lasciano nulla, perché i sentimenti ancora devono diventare adulti.
Marine Blue porta in sé molto, ed è per questo che perdono ad Haruka, Ippei ed Harikawa le loro incertezze.