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Sicuramente con questa mia recensione susciterò non poche perplessità, dato che fra tante opinioni entusiastiche mi ritroverò ad essere una voce fuori dal coro, ma andiamo con ordine. Innanzitutto una piccola premessa: trovo difficoltà a far comprendere alcune mie osservazioni senza fare spoiler, ma per non rovinare troppo la sorpresa a chi odia le anticipazioni spoilererò il minimo indispensabile, restando a disposizione per maggiori spiegazioni tramite messaggi pubblici o privati.
"A Silent Voice" è un manga di Yoshitoki Ooima, vincitore di vari prestigiosi premi. Narra la storia di Shoya, un piccolo bullo, come purtroppo ce ne sono nelle scuole giapponesi, che per ammazzare il tempo non trova nulla di meglio da fare che impegnarsi, con un gruppo di compagni, in giochi molesti e/o pericolosi. Un giorno nella sua classe arriva Shoko, una bimba sorda, che subito diventa il bersaglio delle prepotenze degli altri, che arrivano anche a romperle più volte l'apparecchio acustico. Finché la madre di lei non si lamenta con gli insegnanti e ritira la figlia, ed allora la situazione si ribalta: i compagni ed anche gli insegnanti scaricano tutte le colpe su Shoya, che si ritrova a sua volta ad essere oggetto di bullismo e si isola sempre più. Anni dopo, al liceo, il destino fa incontrare nuovamente Shoko e Shoya, e quest'ultimo è più che deciso a farsi perdonare da lei per il passato.
Questa è l'interessantissima trama di questo manga, che aveva tutte le premesse per diventare un capolavoro, innanzitutto per la sua originalità: il bullismo è un tema alquanto comune, ma generalmente la storia è vista dagli occhi della vittima; Ooima invece punta i riflettori sull'aguzzino, cercando di mostrare in qualche modo le sue ragioni, che cosa lo spinga a comportarsi in una maniera fin troppo riprovevole agli occhi di chiunque. Inoltre ci mostra che chi lo circonda non è poi tanto migliore di lui, e che in buona parte la responsabilità è del sistema scolastico giapponese, in cui l'unica vera priorità degli insegnanti è non macchiare il buon nome dell'istituto e non educare ed istruire gli studenti.
Purtroppo però quello che avrebbe avuto tutte le carte in regola per diventare un capolavoro mostra man mano che la storia procede tutte le sue pecche: in breve, a parte la madre di Shoya, sono tutti mostri! Fra gli ex-compagni della scuola elementare non si salva praticamente nessuno, a parte una ragazza che all'epoca delle elementari era sparita dalla circolazione per motivi non ben precisati. Invece Shoko è praticamente la santa martire della situazione: tutti possono sbeffeggiarla, derubarla, maltrattarla in qualsiasi modo e lei mantiene sempre la stessa espressione angelica, quasi imbarazzata in una continuo tentativo di scusarsi in quanto colpevole di aver disturbato gli altri con la sua presenza; farebbe qualsiasi cosa per farsi perdonare, e sottolineo qualsiasi... Bello, bellissimo, peccato che questa perfezione e quest'aura di santità siano troppo marcate per essere realistiche, perché per quanto una persona normale possa essere piena di buoni sentimenti ogni tanto un pizzico di rancore, un dubbio sul fatto che probabilmente siano anche gli altri a sbagliare con il loro comportamento deve pur sorgere!!! Come ho già precisato il manga è scritto dal punto di vista di Shoya, però secondo me sarebbe stato molto opportuno soffermarsi meglio anche sulla protagonista femminile, invece in pratica è stata approfondita molto di più di lei la sorellina, personaggio che perciò appare ben più interessante e ricco di sfaccettature, anche nell'evoluzione finale.
Ma le assurdità non si fermano certo qui: probabilmente ad un certo punto l'autore si è annoiato esattamente quanto me che ho letto la sua storia, perché ho avuto l'impressione che dopo aver perso troppe tavole e pazienza con le barbose uscite di gruppo e con il film del nanerottolo egli abbia voluto poi risolvere le cose in fretta, soprattutto a partire da una scena scioccante alla fine del volume 6, che avrebbe dovuto essere spiegata con più pagine, magari anche con un altro volume. Una persona sorda non parla bene, certo, ma prova comunque dei sentimenti e pensa, ma in quest'opera questo non ci è dato di constatarlo.
Per non parlare poi delle follie del volume 7, con mostri che diventano angioletti all'improvviso senza una spiegazione sufficientemente plausibile (salto temporale troppo brusco?) e soprattutto una scena che a prima vista appare molto toccante, ma che è del tutto irrealistica, oserei dire offensiva per l'intelligenza dei lettori (purtroppo non posso spiegarla qual è altrimenti spoilererei troppo).
Tutto per arrivare rapidamente allo zuccheroso finale, troppo zuccheroso per un'opera del genere e buonista come pochi: in parte ne sono stata felice, perché ci voleva dopo tante sofferenze, ma devo dire che non mi ha soddisfatta quanto speravo, perché penso che si sarebbe potuti arrivare allo stesso risultato in maniera molto diversa ed efficace.
Insomma, avevo comprato il numero 1 di questo manga con enormi aspettative ed invece ne ho ricavato una grossa delusione per un'ottima occasione che non è stata adeguatamente sfruttata.
Un vero peccato per una storia con così grandi premesse, anche perché nemmeno i disegni sono da disprezzare ed ho trovato azzeccata l'idea di coprire i volti dei compagni di classe di Shoya e di altri personaggi con grosse X, che non stanno lì solo per dare fastidio, ma hanno un ruolo ben preciso, destinate a sparire a tempo debito.
Mi spiace molto, ma per quanto riguarda il mio giudizio complessivo non posso andare oltre il 7.