Recensione
Pandora Hearts
9.0/10
"Però, adesso, vorrei svolgere un profondo lavoro di ricerca su me stesso."
Il cuore di Pandora Hearts, seppur multiforme, variopinto, ramificato ed incredibilmente guizzante, è identificabile, di fatto, nella ricerca interiore; Pandora Hearts è una storia mossa interamente dai suoi protagonisti, raccontata dal percorso individuale di ciascuno di essi, dal suo farsi tortuoso ed intrecciato con le strade intraprese dagli altri personaggi, e sorretta da concetti, complessi, emozioni, che ciascuna figura abitante le pagine del manga di Jun Mochizuki ha il disperato bisogno di comunicare. Volendo utilizzare un'altra frase tutto sommato limitante, ma comunque significativa, si può dire che Pandora Hearts sia proprio i suoi personaggi.
Certo, mettendola così, ci sarebbe da ritenere che il topos di PH vada a rifarsi, come accade in moltissimi altri casi, all'idea più intima ed antica di racconto, di storia narrata: appunto, la ricerca. Ed è assolutamente, profondamente, magnificamente così: Pandora Hearts è una stupenda, poliedrica e commovente lettera d'amore indirizzata ad ogni storia, e che nel suo svilupparsi dimostra tutta la sua unicità, facendosi proprietaria e portatrice di infinita, travolgente bellezza.
Oz, giovane rampollo della nobile casata dei Vessalius, si avvia a compiere quindici anni, occasione in concomitanza della quale dovrà svolgere una cerimonia di maturità dai toni in apparenza puramente formali; nel corso della stessa, tuttavia, viene attaccato da misteriose figure in rosso, i Baskerville, che, condannato il ragazzo per il peccato, netto e sfocato ad un tempo, del suo semplice esistere, lo relegano nell'inquietante e caotica dimensione di Abyss. Qui, Oz si imbatterà in Alice: lei è un Chain - così vengono chiamate le creature che si aggirano in Abyss -, non ha un solo ricordo del suo passato, ed è bloccata lì. Entrambi desiderano fuggire, ma per aprire un varco che conduca fuori, è necessario che Alice liberi i suoi poteri, inibiti, purché non stringa un patto con un essere umano. I due stipulano dunque un contratto e, lasciato Abyss, si avviano insieme, accompagnati da un cast di personaggi che crescerà gradualmente, alla cerca di risposte, Alice sul proprio passato, ed Oz sul peccato di cui è accusato.
Quella di Pandora Hearts è una trama che, almeno inizialmente, offre pochissime informazioni chiare, e confonde facilmente chiunque presti poca attenzione in corso di lettura: a prima vista si potrebbe pensare che la narrazione sia imperfetta e confusionaria, ma non è affatto così. Si percepisce sin da subito la presenza, dietro le quinte, di un disegno complesso e gigantesco, il cui sviluppo si intuisce sempre più con ogni minuscolo tassello che viene sapientemente piazzato dalla Mochizuki, capitolo dopo capitolo, assieme a nuove, martellanti domande. Il lettore capace di lasciarsi trascinare dalla promettente ed onirica atmosfera di mistero che permea la prima metà del manga sarà infatti ricompensato da un'accelerazione esplosiva dell'intreccio nelle fasi più avanzate dell'opera, caratterizzata da uno svolgimento terribilmente avvincente, ricchissimo di allucinanti capovolgimenti e bombardato di momenti dalla devastante potenza emotiva, mentre tutti i nodi vengono al pettine, sfoggiando un mosaico pressoché perfetto.
Ma non corriamo troppo, perché Jun Mochizuki ha saputo giocare le sue carte con esattezza, intelligenza e sensibilità, schierando sin dalle primissime battute, in connubio con un tratto inizialmente nella media e destinato a maturare in una festa di character design, abiti elaboratissimi ed iperespressività, nonché con una gestione delle tavole e delle inquadrature (tantissime le doppie pagine degne di essere incorniciate) sempre suggestiva ed avviluppante, personaggi incredibilmente belli, sfaccettati, interessanti, profondi, ma soprattutto, ed è qui che sta la massima forza dell'opera, spontanei in modo quasi spaventoso; perché in Pandora Hearts sembra non esistano escamotage, non si sente minimamente la presenza di espedienti: i dialoghi e le scene straripano di dettagli, piccole cose, parole e frasi che, sempre con notevole impatto, possono essere gravi e tristi, allegre e spensierate, malinconiche, affettuose, buttate lì, in un balloon in un angolino di una qualche vignetta, e destinate a tornare in modo sotteso, quasi ovvio e naturale, nelle azioni e nei comportamenti di questo o quel personaggio; Pandora Hearts non è un manga propriamente filosofico, ma i suoi personaggi riescono ad esserlo, semplicemente in quanto individui la cui personalità sorprendentemente profonda ed unica si svela ogni volta in aspetti spesso spiazzanti, eppure così maledettamente appropriati, così calzanti, convincenti, veri, che anche una scenetta comica non ha difficoltà a portare il lettore alla commozione; semplicemente da applausi la capacità della Mochizuki di rendere ogni figura del proprio cast leggibile, eppure sempre velata di umano, naturale ed intrigante mistero, semplicemente con l'uso di espressioni e linguaggio del corpo immensamente comunicativi, scambi di battute potenti ed edificanti, o magari anche sfoghi che sì, a volte potrebbero sembrare verbosi in quanto spesso espositivi di questo o quel complesso psicologico, ma che travolgono, perché sono appunto la manifestazione liberatoria dei sentimenti che ogni personaggio desidera con tutto il cuore che le persone a cui tiene recepiscano: è un egoismo emotivo fiero e libero, quello di Pandora Hearts, che viene man mano spogliato di ogni implicazione patologica e fluisce inarrestabile, bellissimo, lasciandosi del tutto andare nel tripudio di gesti affettuosi - tanti, tantissimi abbracci - che riempiono l'ultimo quarto dell'avventura.
A sostegno di tutto questo c'è anche una geniale metafisica fantasy incredibilmente riuscita, da identificare in tutto ciò che rappresenta Abyss all'interno del contesto narrativo: il lettore viene letteralmente educato dalla Mochizuki ad adattare il proprio approccio agli elementi fantastici dell'opera in accordo con essi, in modo da essere in grado di comprendere ed accettare, una volta che le rivelazioni iniziano ad impilarsi una sopra l'altra, concetti come la creazione di un'anima o una peculiare divisione in vari piani di esistenza, che risultano infine suggestivi ed appassionanti, lasciando in conclusione, pur chiudendo il cerchio, il giusto dubbio oltre il quale nessun essere umano, pur nella condizione di personaggio di finzione, potrebbe spingersi. Encomiabile.
Imprescindibile anche un cenno sul finale dell'opera, che in linea con tutto il resto del manga riesce a risultare perfettamente coerente nel suo essere contraddittoriamente naturalissimo ma sorprendente: una conclusione che si cala tranquilla come un sipario per quanto concerne lo svolgimento dei fatti, ma coronata da inattese, soddisfacenti e toccanti scoperte psicologiche per non pochi membri del cast, rese immensamente più potenti da una serie di tavole a dir poco stupefacenti per idee, disegno e disposizione.
L'unico, vero problema dell'opera risiede forse nel setting e nelle ambientazioni che, per quanto in precisi contesti della storia rivendichino la loro capitale importanza, potevano essere sfruttate meglio: in generale si viene a sapere molto poco sul mondo in cui vivono Oz ed i suoi compagni, e gli sfondi, tolte alcune, significative eccezioni, sono sovente inconsistenti o assenti, come se tutto si svolgesse in un mondo distaccato ed "altro"; se da una parte ciò è giustificato dal carattere profondamente intimistico dell'opera, è indubbio che la carne al fuoco non mancasse, e che da questo punto di vista si sarebbe potuto fare anche solo un pochino di più.
Ecco, in chiusura, una nota personale che per il sottoscritto risulta necessaria, a costo di apparire inappropriata: Pandora Hearts è per me stato una rivoluzione, e contemporaneamente ha rappresentato quel che per lungo tempo ho cercato. Sarà per il fatto che, per un caso che fatico a definire tale, mi ha accompagnato nel periodo della mia vita in cui ho potuto viverlo di più, e trarne veramente tanto, così tanto che non mi sento capace di contenerlo, e per via della massiccia presenza di concetti presenti nell'opera, immaginifici o verbali, nella forma e nel contenuto, che sembravano essere lì per essere rivolti esattamente a me. Senza dubbio, per altri lettori non sarà una lettura altrettanto significativa, e sicuramente parte di ciò che a PH ho attribuito in questo testo ad alcuni potrebbe apparire eccessivo e pretenzioso. Nondimeno, non smetterò mai di credere che Pandora Hearts sia una lettura importante e bellissima, consigliata senza riserve a chiunque.
Il cuore di Pandora Hearts, seppur multiforme, variopinto, ramificato ed incredibilmente guizzante, è identificabile, di fatto, nella ricerca interiore; Pandora Hearts è una storia mossa interamente dai suoi protagonisti, raccontata dal percorso individuale di ciascuno di essi, dal suo farsi tortuoso ed intrecciato con le strade intraprese dagli altri personaggi, e sorretta da concetti, complessi, emozioni, che ciascuna figura abitante le pagine del manga di Jun Mochizuki ha il disperato bisogno di comunicare. Volendo utilizzare un'altra frase tutto sommato limitante, ma comunque significativa, si può dire che Pandora Hearts sia proprio i suoi personaggi.
Certo, mettendola così, ci sarebbe da ritenere che il topos di PH vada a rifarsi, come accade in moltissimi altri casi, all'idea più intima ed antica di racconto, di storia narrata: appunto, la ricerca. Ed è assolutamente, profondamente, magnificamente così: Pandora Hearts è una stupenda, poliedrica e commovente lettera d'amore indirizzata ad ogni storia, e che nel suo svilupparsi dimostra tutta la sua unicità, facendosi proprietaria e portatrice di infinita, travolgente bellezza.
Oz, giovane rampollo della nobile casata dei Vessalius, si avvia a compiere quindici anni, occasione in concomitanza della quale dovrà svolgere una cerimonia di maturità dai toni in apparenza puramente formali; nel corso della stessa, tuttavia, viene attaccato da misteriose figure in rosso, i Baskerville, che, condannato il ragazzo per il peccato, netto e sfocato ad un tempo, del suo semplice esistere, lo relegano nell'inquietante e caotica dimensione di Abyss. Qui, Oz si imbatterà in Alice: lei è un Chain - così vengono chiamate le creature che si aggirano in Abyss -, non ha un solo ricordo del suo passato, ed è bloccata lì. Entrambi desiderano fuggire, ma per aprire un varco che conduca fuori, è necessario che Alice liberi i suoi poteri, inibiti, purché non stringa un patto con un essere umano. I due stipulano dunque un contratto e, lasciato Abyss, si avviano insieme, accompagnati da un cast di personaggi che crescerà gradualmente, alla cerca di risposte, Alice sul proprio passato, ed Oz sul peccato di cui è accusato.
Quella di Pandora Hearts è una trama che, almeno inizialmente, offre pochissime informazioni chiare, e confonde facilmente chiunque presti poca attenzione in corso di lettura: a prima vista si potrebbe pensare che la narrazione sia imperfetta e confusionaria, ma non è affatto così. Si percepisce sin da subito la presenza, dietro le quinte, di un disegno complesso e gigantesco, il cui sviluppo si intuisce sempre più con ogni minuscolo tassello che viene sapientemente piazzato dalla Mochizuki, capitolo dopo capitolo, assieme a nuove, martellanti domande. Il lettore capace di lasciarsi trascinare dalla promettente ed onirica atmosfera di mistero che permea la prima metà del manga sarà infatti ricompensato da un'accelerazione esplosiva dell'intreccio nelle fasi più avanzate dell'opera, caratterizzata da uno svolgimento terribilmente avvincente, ricchissimo di allucinanti capovolgimenti e bombardato di momenti dalla devastante potenza emotiva, mentre tutti i nodi vengono al pettine, sfoggiando un mosaico pressoché perfetto.
Ma non corriamo troppo, perché Jun Mochizuki ha saputo giocare le sue carte con esattezza, intelligenza e sensibilità, schierando sin dalle primissime battute, in connubio con un tratto inizialmente nella media e destinato a maturare in una festa di character design, abiti elaboratissimi ed iperespressività, nonché con una gestione delle tavole e delle inquadrature (tantissime le doppie pagine degne di essere incorniciate) sempre suggestiva ed avviluppante, personaggi incredibilmente belli, sfaccettati, interessanti, profondi, ma soprattutto, ed è qui che sta la massima forza dell'opera, spontanei in modo quasi spaventoso; perché in Pandora Hearts sembra non esistano escamotage, non si sente minimamente la presenza di espedienti: i dialoghi e le scene straripano di dettagli, piccole cose, parole e frasi che, sempre con notevole impatto, possono essere gravi e tristi, allegre e spensierate, malinconiche, affettuose, buttate lì, in un balloon in un angolino di una qualche vignetta, e destinate a tornare in modo sotteso, quasi ovvio e naturale, nelle azioni e nei comportamenti di questo o quel personaggio; Pandora Hearts non è un manga propriamente filosofico, ma i suoi personaggi riescono ad esserlo, semplicemente in quanto individui la cui personalità sorprendentemente profonda ed unica si svela ogni volta in aspetti spesso spiazzanti, eppure così maledettamente appropriati, così calzanti, convincenti, veri, che anche una scenetta comica non ha difficoltà a portare il lettore alla commozione; semplicemente da applausi la capacità della Mochizuki di rendere ogni figura del proprio cast leggibile, eppure sempre velata di umano, naturale ed intrigante mistero, semplicemente con l'uso di espressioni e linguaggio del corpo immensamente comunicativi, scambi di battute potenti ed edificanti, o magari anche sfoghi che sì, a volte potrebbero sembrare verbosi in quanto spesso espositivi di questo o quel complesso psicologico, ma che travolgono, perché sono appunto la manifestazione liberatoria dei sentimenti che ogni personaggio desidera con tutto il cuore che le persone a cui tiene recepiscano: è un egoismo emotivo fiero e libero, quello di Pandora Hearts, che viene man mano spogliato di ogni implicazione patologica e fluisce inarrestabile, bellissimo, lasciandosi del tutto andare nel tripudio di gesti affettuosi - tanti, tantissimi abbracci - che riempiono l'ultimo quarto dell'avventura.
A sostegno di tutto questo c'è anche una geniale metafisica fantasy incredibilmente riuscita, da identificare in tutto ciò che rappresenta Abyss all'interno del contesto narrativo: il lettore viene letteralmente educato dalla Mochizuki ad adattare il proprio approccio agli elementi fantastici dell'opera in accordo con essi, in modo da essere in grado di comprendere ed accettare, una volta che le rivelazioni iniziano ad impilarsi una sopra l'altra, concetti come la creazione di un'anima o una peculiare divisione in vari piani di esistenza, che risultano infine suggestivi ed appassionanti, lasciando in conclusione, pur chiudendo il cerchio, il giusto dubbio oltre il quale nessun essere umano, pur nella condizione di personaggio di finzione, potrebbe spingersi. Encomiabile.
Imprescindibile anche un cenno sul finale dell'opera, che in linea con tutto il resto del manga riesce a risultare perfettamente coerente nel suo essere contraddittoriamente naturalissimo ma sorprendente: una conclusione che si cala tranquilla come un sipario per quanto concerne lo svolgimento dei fatti, ma coronata da inattese, soddisfacenti e toccanti scoperte psicologiche per non pochi membri del cast, rese immensamente più potenti da una serie di tavole a dir poco stupefacenti per idee, disegno e disposizione.
L'unico, vero problema dell'opera risiede forse nel setting e nelle ambientazioni che, per quanto in precisi contesti della storia rivendichino la loro capitale importanza, potevano essere sfruttate meglio: in generale si viene a sapere molto poco sul mondo in cui vivono Oz ed i suoi compagni, e gli sfondi, tolte alcune, significative eccezioni, sono sovente inconsistenti o assenti, come se tutto si svolgesse in un mondo distaccato ed "altro"; se da una parte ciò è giustificato dal carattere profondamente intimistico dell'opera, è indubbio che la carne al fuoco non mancasse, e che da questo punto di vista si sarebbe potuto fare anche solo un pochino di più.
Ecco, in chiusura, una nota personale che per il sottoscritto risulta necessaria, a costo di apparire inappropriata: Pandora Hearts è per me stato una rivoluzione, e contemporaneamente ha rappresentato quel che per lungo tempo ho cercato. Sarà per il fatto che, per un caso che fatico a definire tale, mi ha accompagnato nel periodo della mia vita in cui ho potuto viverlo di più, e trarne veramente tanto, così tanto che non mi sento capace di contenerlo, e per via della massiccia presenza di concetti presenti nell'opera, immaginifici o verbali, nella forma e nel contenuto, che sembravano essere lì per essere rivolti esattamente a me. Senza dubbio, per altri lettori non sarà una lettura altrettanto significativa, e sicuramente parte di ciò che a PH ho attribuito in questo testo ad alcuni potrebbe apparire eccessivo e pretenzioso. Nondimeno, non smetterò mai di credere che Pandora Hearts sia una lettura importante e bellissima, consigliata senza riserve a chiunque.