Recensione
Princess Tutu
9.0/10
La storia di un principe che ha sacrificato il suo cuore combattendo contro il suo mortale nemico, e la storia di una principessa che desidera rendere il cuore al principe. Un preambolo molto fiabesco per quest'opera, “Princess Tutu”, che nei fatti riesce, grazie alla sua splendida struttura narrativa e ai suoi eccelsi personaggi, a trascendere il concetto di fiaba stessa per portarsi a un livello superiore.
Quindi, per nulla al mondo dovreste farvi ingannare dal disegno a rimandi infantili, dai toni leggeri delle battute iniziali e dall'uso di elementi come il balletto nello sfidare i nemici: “Princess Tutu” è un'opera tanto semplice nelle basi, ovvero l'elemento fiabesco, quanto complesso nella costruzione, e richiede un occhio attento per cogliere le numerose sfumature. Ma credetemi: l'attenzione che spenderete verrà ripagata con una splendida storia.
Ma andiamo con ordine, iniziando dalla situazione iniziale della storia: la protagonista di quest'opera, nonché l'eroina, è Ahiru, una goffa ragazzina che frequenta il corso di ballo della scuola d'arte di Kinkan Town, cittadina ove è ambientata tutta l'opera. Ella tuttavia ha un segreto: ben presto scopre, grazie a un sogno, di essere in realtà una papera che aveva desiderato poter riportare il sorriso sul volto del principe. Il suo desidero tuttavia non resta inascoltato, in quanto Dosselmeyer, un famosissimo scrittore, le dona un ciondolo in grado di renderla umana e avvicinare il principe con maggior facilità. Tale ciondolo inoltre le conferisce un ulteriore potere: oltre alla normale forma umana di Ahiru, ella può anche trasformarsi in “Princess Tutu”, principessa dotata di eccelse capacità di ballo e incaricata di raccogliere i frammenti perduti del cuore del principe e renderglieli.
Principe che, ovviamente, è presente nella città e nell'accademia sotto le spoglie di un ragazzo di nome Mytho, tanto abile nel ballo quanto inespressivo nei sentimenti (a causa della mancanza del cuore). Fondamentalmente la storia proseguirà pari pari con il recupero dei frammenti del cuore del principe, e tal compito è il motore che fa proseguire la vicenda.
Sin dalla sinossi dell'opera è facilmente constatabile quanto il personaggio di Ahiru sia strutturalmente complesso. L'artificio della trasformazione è comune nelle fiabe, ma qui il livello è addirittura duplice: da un lato vi è un essere inumano che diventa umano per avvicinarsi a un principe (proprio come la Sirenetta di Andersen, dove la similitudine prosegue anche nella figura che fornisce la possibilità di diventare umani), e dall'altro lato vi è la ragazza che diviene principessa (come per esempio Cenerentola).
Quindi, se da un lato Ahiru è caratterialmente una ragazza semplice (ma non banale) e incarna i valori di amicizia, umiltà e disponibilità verso il prossimo, in ambito “ruolistico” essa è il personaggio di gran lunga più complesso dell'opera (e probabilmente uno dei più complessi dell'animazione giapponese). Come contraltare troviamo Mytho, poco più di una bambola nelle battute iniziali e personaggio estremamente importante e attivo in quelle avanzate (specialmente dopo la metà dell'opera, in seguito a un certo avvenimento). Vi è da dire che il settore personaggi è probabilmente l'elemento più riuscito dell'intera opera e, nonostante i due precedentemente citati siano coloro che innescano la storia, gli altri non sono certamente da meno. Proprio come Ahiru e Mytho, a molti di essi può essere attribuito un ruolo tipico delle fiabe, ovviamente reso più complesso proprio come negli altri casi. Fakir, fedele e a tratti ambiguo amico di Mytho nonché compagno del corso ballo, si rivelerà ben presto come “cavaliere” dell'opera, ma la sua evoluzione nella storia sarà estremamente peculiare e difficile da prevedere per lo spettatore. Rue, ragazza che frequenta anch'essa il corso di ballo e si definisce la compagna di Mytho, assume ben presto una connotazione antagonistica simile a quella della strega (unita in modo interessante alla figura della “principessa”, e infatti ella è riconducibile al “Cigno Nero” de “Il Lago dei Cigni”). Nemmeno la sua evoluzione ha tratti convenzionali, anzi: probabilmente la sua storia è, dal punto di vista narrativo, una delle più complesse e maggiormente ammantate dal mistero, tanto che le informazioni su di essa verranno snocciolate durante tutta la narrazione fino al finale.
Ahiru, Mytho, Fakir e Rue sono sicuramente i personaggi principali della storia, e possiedono una caratterizzazione eccelsa, eppure anche i secondari sono trattati in modo più che dignitoso. L'insegnante di ballo “Neko-Sensei” (professor gatto) incarna sicuramente il riuscitissimo elemento comico dell'opera; Lilie e Pike, le due amiche di Ahiru, oltre a partecipare alla parte comica/commedia, fungono da supporto alle disavventure quotidiane dell'eroina e sono partecipi delle parti più rilassate dell'anime; Edel, misteriosa suonatrice ambulante che nelle prime battute funge da supporto a Ahiru/Princess Tutu, è protagonista anch'essa di importanti rivelazioni e un'interessante evoluzione. E infine il Corvo, ovvero il crudele antagonista della storia nonché nemico giurato del principe, che fa da contraltare a quest'ultimo come fulcro narrativo.
Vi sono inoltre numerosi personaggi episodici che, sebbene meno caratterizzati di altri per ovvi motivi di tempo, possiedono comunque una buona funzionalità all'interno della storia.
Nel trattare i personaggi ne ho volutamente tenuto fuori uno, Dosselmeyer, al fine di introdurre il secondo elemento decisamente riuscito di quest'opera. Ebbene, Dosselmeyer non è altri che il narratore di tutta questa storia, nonché personaggio della storia stessa (è lui a dare il ciondolo alla papera e a introdurre Princess Tutu nell'intreccio). Egli aggiunge un nuovo strato narrativo alla storia, permettendo alla semplice narrazione di divenire una vera e propria “metanarrazione”.
Infatti “Princess Tutu” non è la storia di un principe senza il cuore e di una principessa che tenta di renderglielo, ma è la storia di una storia, e tale possibilità è data dall'aver reso il narratore un personaggio reale e attivo: i protagonisti non dovranno solo assolvere al loro compito, ma dovranno anche fare i conti col fatto di essere i personaggi della storia di qualcun altro.
Dal punto di vista formale/visivo, la struttura dell'opera è mista, con puntate maggiormente autoconclusive alternate a momenti di maggior continuità narrativa. Ma, se badiamo al discorso precedentemente fatto sulla metanarrazione, l'opera narra la narrazione degli elementi precedentemente enumerati, con un narratore che guida i suoi personaggi e i personaggi che influenzano la storia stessa e il narratore, tanto da portare a una vera e propria decostruzione dell'elemento di stesura della storia. Un'idea sicuramente brillante.
Inoltre, la presenza di una storia nella storia fornisce una progressiva ambiguità sul livello di realtà dei diversi elementi (fanno parte della storia o della storia nella storia?), dando vita a un panorama a tratti onirico, merito degli elementi fiabeschi, e a tratti angosciante (con qualche punta di amaro), per via della presenza di un deus ex machina che agisce sulle sorti di altri e tenta di imbrigliarle al suo volere.
Per quanto riguarda la tecnica, l'opera è diretta molto bene dal regista Jun'ichi Sato, già famoso per aver diretto le prime stagioni di “Sailor Moon” (e che ritroverà diversi colleghi di tale opera a lavorare su “Princess Tutu”). Sicuramente il regista si trova a sua agio nel suo elemento, in quanto l'opera presenta una forte componente “maho shojo”, e il ritmo risulta sempre ottimo e mai noioso in qualsiasi sua parte. Davvero azzeccata l'idea di inserire un frammento narrato a mo' di fiaba come prologo a ogni episodio, fattore che aumenta ancor di più il fattore “fiabesco” presente nell'opera anche grazie agli splendidi disegni di fondo, che sembrano effettivamente usciti da un libro di fiabe e racconti.
Riguardo al comparto video, le animazioni sono di altissimo livello e sempre fluide, e stile grafico e character design si sposano benissimo con le velleità fiabesche dell'opera. Questi potrebbero tuttavia ingannare il possibile spettatore, facendogli erroneamente ritenere di essere di fronte a un'opera puerile e/o banale: sarebbe un gravissimo errore, in quanto quest'opera non è mai banale. E, se sembra diventarlo, dietro l'angolo c'è sempre un avvenimento capace di sorprendere lo spettatore.
Questo è merito del sapiente lavoro fatto nella pianificazione dell'opera, nonché delle eccellenti fonti.
E ora il comparto audio, altra componente estremamente solida. Visto che si tratta di un'opera fortemente incentrata sul balletto, è facilmente preventivabile una forte componente di musica classica. E infatti “Princess Tutu” espone un vastissimo e splendido repertorio classico, chiamando in causa compositori del calibro di Čajkovskij, Mussorgsky, Debussy e molti altri.
Particolarmente importante è Čajkovskij, colui che ha musicato il già citato balletto “Il Lago dei Cigni”, del quale troviamo numerosi riferimenti, in quanto è una delle fonti essenziali di ispirazione di “Princess Tutu” (pur uniti a elementi della fiaba “Il brutto Anatroccolo” di Andersen): infatti le due principesse presenti nella storia non sono altro che il Cigno Bianco e il Cigno Nero, con l'antagonista Corvo che rappresenta il malvagio Rothbart.
L'ho già espresso, ma desidero ripeterlo in questa conclusione: “Princess Tutu” è un'opera decisamente complessa, e necessita di un giusto grado di attenzione per comprenderne appieno la struttura, la complessità dei personaggi e gli innumerevoli riferimenti insiti in essa. Quindi, nonostante l'indubbia assenza di “pesantezza” in sé, è assolutamente sconsigliata come visione leggera (sarebbe un vero spreco), ma è decisamente consigliata a coloro che cercano qualcosa di memorabile e che amano la buona animazione. Quest'anime (datato 2002) rientra di diritto nell'olimpo della prolifica produzione dei primi anni 2000, fortemente imparentata (e continuativa, almeno nella prima metà del decennio) alla grandiosa produzione degli anni novanta.
Voto: 9 +
Quindi, per nulla al mondo dovreste farvi ingannare dal disegno a rimandi infantili, dai toni leggeri delle battute iniziali e dall'uso di elementi come il balletto nello sfidare i nemici: “Princess Tutu” è un'opera tanto semplice nelle basi, ovvero l'elemento fiabesco, quanto complesso nella costruzione, e richiede un occhio attento per cogliere le numerose sfumature. Ma credetemi: l'attenzione che spenderete verrà ripagata con una splendida storia.
Ma andiamo con ordine, iniziando dalla situazione iniziale della storia: la protagonista di quest'opera, nonché l'eroina, è Ahiru, una goffa ragazzina che frequenta il corso di ballo della scuola d'arte di Kinkan Town, cittadina ove è ambientata tutta l'opera. Ella tuttavia ha un segreto: ben presto scopre, grazie a un sogno, di essere in realtà una papera che aveva desiderato poter riportare il sorriso sul volto del principe. Il suo desidero tuttavia non resta inascoltato, in quanto Dosselmeyer, un famosissimo scrittore, le dona un ciondolo in grado di renderla umana e avvicinare il principe con maggior facilità. Tale ciondolo inoltre le conferisce un ulteriore potere: oltre alla normale forma umana di Ahiru, ella può anche trasformarsi in “Princess Tutu”, principessa dotata di eccelse capacità di ballo e incaricata di raccogliere i frammenti perduti del cuore del principe e renderglieli.
Principe che, ovviamente, è presente nella città e nell'accademia sotto le spoglie di un ragazzo di nome Mytho, tanto abile nel ballo quanto inespressivo nei sentimenti (a causa della mancanza del cuore). Fondamentalmente la storia proseguirà pari pari con il recupero dei frammenti del cuore del principe, e tal compito è il motore che fa proseguire la vicenda.
Sin dalla sinossi dell'opera è facilmente constatabile quanto il personaggio di Ahiru sia strutturalmente complesso. L'artificio della trasformazione è comune nelle fiabe, ma qui il livello è addirittura duplice: da un lato vi è un essere inumano che diventa umano per avvicinarsi a un principe (proprio come la Sirenetta di Andersen, dove la similitudine prosegue anche nella figura che fornisce la possibilità di diventare umani), e dall'altro lato vi è la ragazza che diviene principessa (come per esempio Cenerentola).
Quindi, se da un lato Ahiru è caratterialmente una ragazza semplice (ma non banale) e incarna i valori di amicizia, umiltà e disponibilità verso il prossimo, in ambito “ruolistico” essa è il personaggio di gran lunga più complesso dell'opera (e probabilmente uno dei più complessi dell'animazione giapponese). Come contraltare troviamo Mytho, poco più di una bambola nelle battute iniziali e personaggio estremamente importante e attivo in quelle avanzate (specialmente dopo la metà dell'opera, in seguito a un certo avvenimento). Vi è da dire che il settore personaggi è probabilmente l'elemento più riuscito dell'intera opera e, nonostante i due precedentemente citati siano coloro che innescano la storia, gli altri non sono certamente da meno. Proprio come Ahiru e Mytho, a molti di essi può essere attribuito un ruolo tipico delle fiabe, ovviamente reso più complesso proprio come negli altri casi. Fakir, fedele e a tratti ambiguo amico di Mytho nonché compagno del corso ballo, si rivelerà ben presto come “cavaliere” dell'opera, ma la sua evoluzione nella storia sarà estremamente peculiare e difficile da prevedere per lo spettatore. Rue, ragazza che frequenta anch'essa il corso di ballo e si definisce la compagna di Mytho, assume ben presto una connotazione antagonistica simile a quella della strega (unita in modo interessante alla figura della “principessa”, e infatti ella è riconducibile al “Cigno Nero” de “Il Lago dei Cigni”). Nemmeno la sua evoluzione ha tratti convenzionali, anzi: probabilmente la sua storia è, dal punto di vista narrativo, una delle più complesse e maggiormente ammantate dal mistero, tanto che le informazioni su di essa verranno snocciolate durante tutta la narrazione fino al finale.
Ahiru, Mytho, Fakir e Rue sono sicuramente i personaggi principali della storia, e possiedono una caratterizzazione eccelsa, eppure anche i secondari sono trattati in modo più che dignitoso. L'insegnante di ballo “Neko-Sensei” (professor gatto) incarna sicuramente il riuscitissimo elemento comico dell'opera; Lilie e Pike, le due amiche di Ahiru, oltre a partecipare alla parte comica/commedia, fungono da supporto alle disavventure quotidiane dell'eroina e sono partecipi delle parti più rilassate dell'anime; Edel, misteriosa suonatrice ambulante che nelle prime battute funge da supporto a Ahiru/Princess Tutu, è protagonista anch'essa di importanti rivelazioni e un'interessante evoluzione. E infine il Corvo, ovvero il crudele antagonista della storia nonché nemico giurato del principe, che fa da contraltare a quest'ultimo come fulcro narrativo.
Vi sono inoltre numerosi personaggi episodici che, sebbene meno caratterizzati di altri per ovvi motivi di tempo, possiedono comunque una buona funzionalità all'interno della storia.
Nel trattare i personaggi ne ho volutamente tenuto fuori uno, Dosselmeyer, al fine di introdurre il secondo elemento decisamente riuscito di quest'opera. Ebbene, Dosselmeyer non è altri che il narratore di tutta questa storia, nonché personaggio della storia stessa (è lui a dare il ciondolo alla papera e a introdurre Princess Tutu nell'intreccio). Egli aggiunge un nuovo strato narrativo alla storia, permettendo alla semplice narrazione di divenire una vera e propria “metanarrazione”.
Infatti “Princess Tutu” non è la storia di un principe senza il cuore e di una principessa che tenta di renderglielo, ma è la storia di una storia, e tale possibilità è data dall'aver reso il narratore un personaggio reale e attivo: i protagonisti non dovranno solo assolvere al loro compito, ma dovranno anche fare i conti col fatto di essere i personaggi della storia di qualcun altro.
Dal punto di vista formale/visivo, la struttura dell'opera è mista, con puntate maggiormente autoconclusive alternate a momenti di maggior continuità narrativa. Ma, se badiamo al discorso precedentemente fatto sulla metanarrazione, l'opera narra la narrazione degli elementi precedentemente enumerati, con un narratore che guida i suoi personaggi e i personaggi che influenzano la storia stessa e il narratore, tanto da portare a una vera e propria decostruzione dell'elemento di stesura della storia. Un'idea sicuramente brillante.
Inoltre, la presenza di una storia nella storia fornisce una progressiva ambiguità sul livello di realtà dei diversi elementi (fanno parte della storia o della storia nella storia?), dando vita a un panorama a tratti onirico, merito degli elementi fiabeschi, e a tratti angosciante (con qualche punta di amaro), per via della presenza di un deus ex machina che agisce sulle sorti di altri e tenta di imbrigliarle al suo volere.
Per quanto riguarda la tecnica, l'opera è diretta molto bene dal regista Jun'ichi Sato, già famoso per aver diretto le prime stagioni di “Sailor Moon” (e che ritroverà diversi colleghi di tale opera a lavorare su “Princess Tutu”). Sicuramente il regista si trova a sua agio nel suo elemento, in quanto l'opera presenta una forte componente “maho shojo”, e il ritmo risulta sempre ottimo e mai noioso in qualsiasi sua parte. Davvero azzeccata l'idea di inserire un frammento narrato a mo' di fiaba come prologo a ogni episodio, fattore che aumenta ancor di più il fattore “fiabesco” presente nell'opera anche grazie agli splendidi disegni di fondo, che sembrano effettivamente usciti da un libro di fiabe e racconti.
Riguardo al comparto video, le animazioni sono di altissimo livello e sempre fluide, e stile grafico e character design si sposano benissimo con le velleità fiabesche dell'opera. Questi potrebbero tuttavia ingannare il possibile spettatore, facendogli erroneamente ritenere di essere di fronte a un'opera puerile e/o banale: sarebbe un gravissimo errore, in quanto quest'opera non è mai banale. E, se sembra diventarlo, dietro l'angolo c'è sempre un avvenimento capace di sorprendere lo spettatore.
Questo è merito del sapiente lavoro fatto nella pianificazione dell'opera, nonché delle eccellenti fonti.
E ora il comparto audio, altra componente estremamente solida. Visto che si tratta di un'opera fortemente incentrata sul balletto, è facilmente preventivabile una forte componente di musica classica. E infatti “Princess Tutu” espone un vastissimo e splendido repertorio classico, chiamando in causa compositori del calibro di Čajkovskij, Mussorgsky, Debussy e molti altri.
Particolarmente importante è Čajkovskij, colui che ha musicato il già citato balletto “Il Lago dei Cigni”, del quale troviamo numerosi riferimenti, in quanto è una delle fonti essenziali di ispirazione di “Princess Tutu” (pur uniti a elementi della fiaba “Il brutto Anatroccolo” di Andersen): infatti le due principesse presenti nella storia non sono altro che il Cigno Bianco e il Cigno Nero, con l'antagonista Corvo che rappresenta il malvagio Rothbart.
L'ho già espresso, ma desidero ripeterlo in questa conclusione: “Princess Tutu” è un'opera decisamente complessa, e necessita di un giusto grado di attenzione per comprenderne appieno la struttura, la complessità dei personaggi e gli innumerevoli riferimenti insiti in essa. Quindi, nonostante l'indubbia assenza di “pesantezza” in sé, è assolutamente sconsigliata come visione leggera (sarebbe un vero spreco), ma è decisamente consigliata a coloro che cercano qualcosa di memorabile e che amano la buona animazione. Quest'anime (datato 2002) rientra di diritto nell'olimpo della prolifica produzione dei primi anni 2000, fortemente imparentata (e continuativa, almeno nella prima metà del decennio) alla grandiosa produzione degli anni novanta.
Voto: 9 +