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8.0/10
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Quando ero bambino (sono classe 1980), era raro che trasmettessero “Mazinga Z” in TV. Lo vidi solo una volta su Italia 7 a fine anni ‘80 e ricordo che mi prese così tanto che realizzai un Mazinga z, incluso il centro ricerche e lo Scrander, con i mattoncini Lego. Purtroppo, proprio quando stava diventando più avvincente, la serie venne interrotta di punto in bianco con l’episodio in cui Mazinga combatte con il mostro che assomiglia a Babbo Natale (Satan Claus), peraltro trasmessa senza sigla finale! Rimasi molto deluso e con il sospetto che la TV che lo stava trasmettendo avesse interrotto “Mazinga Z” per propria negligenza. Guardando la serie de “Il grande Mazinga”, mi resi conto dei legami che queste due serie avevano, nonostante i piloti avessero nomi diversi, Rio in “Mazinga Z” e Koji ne “Il grande Mazinga”, ma per motivi di adattamento. E infine, con la visione del famigerato Mazinga contro Goldrake”, raffazzonato collage di alcuni mediometraggi Toei, mi sembrò di capire che Goldrake e i due Mazinga fossero personaggi collegati. Ovvio... Rio, Koji e Alcor erano lo stesso personaggio! Ma i bambini degli anni ‘80 come potevano saperlo?
E’ così che un mese fa ho deciso di farmi una full immersion delle tre serie in sequenza, per rendere omaggio al bambino che c’è in me e al mio sogno di vedere come si concludeva “Mazinga Z”.

Finita questa premessa nostalgica, non parlerò della trama di “Mazinga Z”, già sviscerata in altre recensioni, ma farò alcune considerazioni che probabilmente saranno utili a chi vorrà guardarsi questa serie.
“Mazinga Z” è una serie televisiva del 1972 e rappresenta un caposaldo dell’animazione giapponese. Il soggetto di Go Nagai era alquanto innovativo per l’epoca e ad esso si sono ispirate praticamente tutte le serie robotiche a venire. Purtroppo bisogna ammettere che nonostante la premessa avvincente la trama non si sviluppa più di tanto, e la serie si fonda principalmente su episodi autoconclusivi.
Nella prima parte della serie il tono della narrazione è puerile e i personaggi vivono delle giocose avventure sui loro robot, quasi che l’orrore e la distruzione seminata dai cattivi non li toccassero affatto. Per fortuna col passare degli episodi la trama inizia ad avere un certo intreccio, pur se infarcita di innumerevoli episodi filler, e il finale della serie risulta avvincente con alcuni momenti, storie e personaggi memorabili.

Dal punto di vista tecnico si nota un importante evoluzione in questa serie di ben novantadue episodi (quasi tre anni di trasmissione in Giappone). I primi episodi sono pessimi, con disegni orrendi e animazioni ridicole, segnate da un uso eccessivo del riciclo delle scene. Intorno al trentesimo episodio si nota un miglioramento progressivo, fino a raggiungere via via un livello più che accettabile.
Il target della serie è quello dei bambini di otto anni, l’età del piccolo Shiro, che guarderà al protagonista della serie come a un esempio da imitare. Rio/Koji è un bravo ragazzo in cui spiccano il senso del dovere, l’amicizia e la forza d’animo. Molto interessante il personaggio dal forte istinto di responsabilità del professor Yumi, che verrà delineato meglio nel prosieguo della serie. Anche la bella Sayaka avrà qualche episodio a lei dedicato. Devo poi dire che sono molto divertenti i siparietti comici che vedono protagonista il ciccione Boss. I cattivi sono suggestivi e ben caratterizzati.
La colonna sonora è ottima, ben improntata su riff solenni di ottoni che ben simboleggiano il grido di battaglia di Mazinga, come le memorabili sigle che continueranno a riecheggiare nella testa dello spettatore anche dopo la fine della battaglia tra gli eroi e i mostri meccanici.
Purtroppo l’adattamento italiano è molto sgangherato, supportato però da un buon doppiaggio, soprattutto quello dei personaggi principali.

In definitiva, il “Mazinga Z”, creato dalla mente fervida di Go Nagai e prodotto dalla Toei Animation, è una pietra miliare dell’animazione, anche se non esente da pecche su tutti gli aspetti.
La visione della serie completa può risultare ostica per la sua lunghezza, per l’ampio uso di filler e per il tono puerile della narrazione, e può appassionare solo i nostalgici del genere come me. Tuttavia, agli occhi di un bambino di otto anni risulterà sicuramente affascinante, poiché è a questo target che è indirizzata la serie; quindi la visione di questo cartone animato può essere un modo interessante di svegliare il bambino che c’è in ciascuno di noi.