Recensione
Denpa Teki na Kanojo
6.5/10
Personalmente, quando decido di incominciare un anime come "Denpa Teki na Kanojo", consapevole di quali siano le sue caratteristiche peculiari e di quali categorie possono rappresentare la serie, lo faccio principalmente per un motivo: sono attratto dalla morbosa e patologica trattazione emotiva e psicologica dei personaggi. E' più forte di me, quando si tratta di serie horror o thriller trovo entusiasmante ed appassionante avere a che fare con personaggi peculiari, al limite del anormale, del malsano, del malato, con idiosincrasie spiccate e particolari; aiutano ad immergermi meglio nel prodotto, aiutano a farmela vivere con più passione e li trovo effettivamente adatti e necessari a questo genere di anime.
Sotto questo fattore, quindi, "Denpa Teki na Kanojo" non mi ha deluso affatto. Ho apprezzato in entrambi gli episodi la presenza di personaggi innaturali e squilibrati contraddistinti da patologie psicologiche distinte ed importanti; condizioni che influenzavano le scelte dei singoli permettendo però loro di nascondersi dietro una maschera socialmente accettabile per non essere smascherati fin da subito, aiutando a creare un carattere ancora più complesso ed azzeccato. Un aspetto che ho quindi trovato di mio gradimento.
Non è tutto oro quel che luccica, però. La serie, complessivamente, mi ha dato una sensazione di insoddisfazione generale. E' un certo "je ne sais quoi" che non riesco a condensare e trasformare in parole, ma che devo dire mi ha un po' smorzato l'entusiasmo.
Probabilmente è una questione di durata e di contesto: quando si ha a che fare con prodotti così brevi (due episodi da novanta minuti complessivi) c'è il rischio di dare poco contesto e spessore a vicende e personaggi per concentrarsi sul presente narrativo, creando un edificio con fondamenta non propriamente stabili. Questo è il caso di "Denpa Teki na Kanojo": a vicende e personaggi è stata data un'infarinatura un po' approssimativa e sbrigativa in termini di passato personale, non del tutto assente ma secondo me troppo ridotta per essere considerata valida e funzionale al 100% al progetto.
Non ho apprezzato questo modo spiccio di trattare i personaggi. Penso che dare un contesto appropriato ai personaggi sia importante per renderli più profondi e meno mono-dimensionali ed abbozzati; in questo caso, il contesto personale non è completamente assente e nullo, ma è troppo approssimativo perché sia effettivamente valido. Capisco che sia una conseguenza del produrre una serie da due soli episodi, ma comunque non la condivido. Ed allo stesso tempo, di rimando, mi chiedo che senso abbia creare una serie da due soli episodi: a che pro, a cosa serve?
Conclusioni: la serie è sufficiente, su questo non ci piove, sul piatto della bilancia nel complesso pesano più i bonus della caratterizzazione psicologica che quelli della contestualizzazione dei personaggi. Non posso però non considerare questi ultimi e, come dicevo, il mistero personale del perché si sia scelto di creare una serie così breve.
Sotto questo fattore, quindi, "Denpa Teki na Kanojo" non mi ha deluso affatto. Ho apprezzato in entrambi gli episodi la presenza di personaggi innaturali e squilibrati contraddistinti da patologie psicologiche distinte ed importanti; condizioni che influenzavano le scelte dei singoli permettendo però loro di nascondersi dietro una maschera socialmente accettabile per non essere smascherati fin da subito, aiutando a creare un carattere ancora più complesso ed azzeccato. Un aspetto che ho quindi trovato di mio gradimento.
Non è tutto oro quel che luccica, però. La serie, complessivamente, mi ha dato una sensazione di insoddisfazione generale. E' un certo "je ne sais quoi" che non riesco a condensare e trasformare in parole, ma che devo dire mi ha un po' smorzato l'entusiasmo.
Probabilmente è una questione di durata e di contesto: quando si ha a che fare con prodotti così brevi (due episodi da novanta minuti complessivi) c'è il rischio di dare poco contesto e spessore a vicende e personaggi per concentrarsi sul presente narrativo, creando un edificio con fondamenta non propriamente stabili. Questo è il caso di "Denpa Teki na Kanojo": a vicende e personaggi è stata data un'infarinatura un po' approssimativa e sbrigativa in termini di passato personale, non del tutto assente ma secondo me troppo ridotta per essere considerata valida e funzionale al 100% al progetto.
Non ho apprezzato questo modo spiccio di trattare i personaggi. Penso che dare un contesto appropriato ai personaggi sia importante per renderli più profondi e meno mono-dimensionali ed abbozzati; in questo caso, il contesto personale non è completamente assente e nullo, ma è troppo approssimativo perché sia effettivamente valido. Capisco che sia una conseguenza del produrre una serie da due soli episodi, ma comunque non la condivido. Ed allo stesso tempo, di rimando, mi chiedo che senso abbia creare una serie da due soli episodi: a che pro, a cosa serve?
Conclusioni: la serie è sufficiente, su questo non ci piove, sul piatto della bilancia nel complesso pesano più i bonus della caratterizzazione psicologica che quelli della contestualizzazione dei personaggi. Non posso però non considerare questi ultimi e, come dicevo, il mistero personale del perché si sia scelto di creare una serie così breve.