Recensione
Tsurune
5.5/10
Mi sono avvicinato a questo anime alla ricerca di uno spokon differente. L'arte marziale del tiro con l'arco tradizionale giapponese mi sembrava una buona occasione sia per conoscere qualcosa di diverso sia anche per seguire una nuova storia. Purtroppo non è tutto oro quello che luccica, e fin dalle prime puntate si avverte che gli ingranaggi non girano ad alti livelli. Ma procediamo con ordine.
La storia narra di un ragazzo di nome Minato, appassionato fin da piccolo di kyūdō, che, nonostante fosse dotato di un buon talento e tecnica notevole, ha sviluppato un forte senso di insicurezza o timore sfociato in un blocco psicologico chiamato hayake, ovvero rilasciare prima del tempo la freccia e non colpire il bersaglio. Minato, terminate le medie, decide di andare in una scuola in cui non vi è un club di kyūdō, per fuggire dalle sue insicurezze. Inoltre, siccome la sfiga ci vede benissimo, lui e sua madre sono stati vittime di un incidente stradale in cui sua mamma è morta e lui ha riportato una bella cicatrice all'addome e al fianco. Viene seguito dall'amico e vicino di casa Seiya, che soffre per lui e le sue sfortune, e vorrebbe che riuscisse a superare i suoi problemi, tanto da crucciarsi più per lui che per sé stesso.
Nel giorno della scelta del club scolastico, neanche farlo apposta, un anziano professore vuole riaprire la palestra di kyūdō, e così Minato viene costretto ad affrontare nuovamente i suoi problemi. Il club riapre con otto membri, tre ragazze e cinque ragazzi, e un giovane insegnante/prete che anche lui ha sofferto di hayake. Mentre le ragazze sono appena abbozzate, i compagni di Minato sono Seiya, Kaito, un clone di Ichigo Kurosaki ("Bleach"), un certo Nanao, piccoletto e sciupafemmine, e infine un altro compagno delle elementari di Minato e Seiya, Ryōhei. I ragazzi si alleneranno e supereranno le loro insicurezze, fino allo scontato finale contro una fortissima squadra liceale in cui Minato incontra il mono-espressivo e bravissimo compagno delle medie Fujiwara. Questa in sintesi la trama.
I disegni sono belli, ma nulla di sconvolgente, alcuni personaggi hanno un character design già visto; la sigla della opening è passabile, mentre la ending l'ho sempre saltata.
Cosa mi è piaciuto: mi è piaciuta la figura dell'insegnante/prete, alcuni discorsi sulla maturità, la scelta di fare uno spokon sul tiro con l'arco tradizionale giapponese.
Cosa non mi è piaciuto: tutto il resto. Mi aspettavo che si approfondisse molto di più la filosofia di quest'arte marziale e la spiegazione dei suoi movimenti, invece si è rimasti a un livello talmente soft, che ho avuto la sensazione di aver visto una torta dietro a un vetro, senza nemmeno sentirne il profumo.
Le turbe dei protagonisti a volte sono davvero cervellotiche: prima Minato, poi Seiya, poi l'insegnante, e poi si riprende il giro. Gli antagonisti sono prima interni alla squadra, poi esterni, con i due cloni a seguire uno schema classico fin troppo consolidato. Gli approfondimenti psicologici a me piacciono se fatti bene, ma in qualche episodio la noia ha prevalso. Il finale è scontato - scusate, ma poco ci voleva a fare qualcosa di differente, senza che avesse il profumo della banalità. Sul finale si tiene il fiato sospeso solo per vedere se l'autore ha avuto il coraggio di osare, invece che di stare nella zona comfort.
Anche l'OAV extra non aggiunge nulla alla storia, tanto che avevo indovinato il suo finale prima di vederlo.
Peccato, vorrei tanto dargli la sufficienza per la scelta del kyūdō, ma proprio non ce la faccio.
La storia narra di un ragazzo di nome Minato, appassionato fin da piccolo di kyūdō, che, nonostante fosse dotato di un buon talento e tecnica notevole, ha sviluppato un forte senso di insicurezza o timore sfociato in un blocco psicologico chiamato hayake, ovvero rilasciare prima del tempo la freccia e non colpire il bersaglio. Minato, terminate le medie, decide di andare in una scuola in cui non vi è un club di kyūdō, per fuggire dalle sue insicurezze. Inoltre, siccome la sfiga ci vede benissimo, lui e sua madre sono stati vittime di un incidente stradale in cui sua mamma è morta e lui ha riportato una bella cicatrice all'addome e al fianco. Viene seguito dall'amico e vicino di casa Seiya, che soffre per lui e le sue sfortune, e vorrebbe che riuscisse a superare i suoi problemi, tanto da crucciarsi più per lui che per sé stesso.
Nel giorno della scelta del club scolastico, neanche farlo apposta, un anziano professore vuole riaprire la palestra di kyūdō, e così Minato viene costretto ad affrontare nuovamente i suoi problemi. Il club riapre con otto membri, tre ragazze e cinque ragazzi, e un giovane insegnante/prete che anche lui ha sofferto di hayake. Mentre le ragazze sono appena abbozzate, i compagni di Minato sono Seiya, Kaito, un clone di Ichigo Kurosaki ("Bleach"), un certo Nanao, piccoletto e sciupafemmine, e infine un altro compagno delle elementari di Minato e Seiya, Ryōhei. I ragazzi si alleneranno e supereranno le loro insicurezze, fino allo scontato finale contro una fortissima squadra liceale in cui Minato incontra il mono-espressivo e bravissimo compagno delle medie Fujiwara. Questa in sintesi la trama.
I disegni sono belli, ma nulla di sconvolgente, alcuni personaggi hanno un character design già visto; la sigla della opening è passabile, mentre la ending l'ho sempre saltata.
Cosa mi è piaciuto: mi è piaciuta la figura dell'insegnante/prete, alcuni discorsi sulla maturità, la scelta di fare uno spokon sul tiro con l'arco tradizionale giapponese.
Cosa non mi è piaciuto: tutto il resto. Mi aspettavo che si approfondisse molto di più la filosofia di quest'arte marziale e la spiegazione dei suoi movimenti, invece si è rimasti a un livello talmente soft, che ho avuto la sensazione di aver visto una torta dietro a un vetro, senza nemmeno sentirne il profumo.
Le turbe dei protagonisti a volte sono davvero cervellotiche: prima Minato, poi Seiya, poi l'insegnante, e poi si riprende il giro. Gli antagonisti sono prima interni alla squadra, poi esterni, con i due cloni a seguire uno schema classico fin troppo consolidato. Gli approfondimenti psicologici a me piacciono se fatti bene, ma in qualche episodio la noia ha prevalso. Il finale è scontato - scusate, ma poco ci voleva a fare qualcosa di differente, senza che avesse il profumo della banalità. Sul finale si tiene il fiato sospeso solo per vedere se l'autore ha avuto il coraggio di osare, invece che di stare nella zona comfort.
Anche l'OAV extra non aggiunge nulla alla storia, tanto che avevo indovinato il suo finale prima di vederlo.
Peccato, vorrei tanto dargli la sufficienza per la scelta del kyūdō, ma proprio non ce la faccio.