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8.0/10
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Mi piange un po’ il cuore assegnare “solo” un 8 a questo manga, perché fino a metà, soprattutto per i primi 7/8 volumi, era sicuramente da 9 se non addirittura da 10. Era da tantissimo che una serie non mi prendeva così: è riuscita a emozionarmi, commuovermi, farmi ridere e mi ha fatto affezionare fin da subito ai personaggi e alla protagonista. La Takanashi a mio avviso ha un potenziale enorme, che però, ahimè, non ha saputo sfruttare fino in fondo. La serie ha dei pregi indiscussi, che spiccano fin da subito (e in realtà sarà proprio la loro carenza, verso metà serie, a far calare immensamente di tono alla storia):

1) Una protagonista tosta.
Nobara appare fin da subito come una ragazza grintosa, caparbia, mossa da una grandissima passione: la pallavolo. Se ne frega dei ragazzi, di vestirsi bene o di essere beneducata e graziosa come ci si aspetterebbe da una signorina di buona famiglia (qualità verso cui soprattutto la madre cerca di forzarla in quanto erede del ruolo di “okami” nel ristorante raffinato di famiglia). Nobara ha una determinazione straordinaria, per realizzare il sogno di giocare a pallavolo sfida tutto e tutti, nessuno la può fermare: partendo da zero riuscirà a costruire una squadra che, nonostante le difficoltà, risulterà essere non solo super affiatata ma anche vincente. E tutto con le proprie mani. Come si può non ammirare un personaggio del genere? E ve lo dice una che fa davvero un’estrema fatica a trovare personaggi femminili in cui immedesimarsi e da prendere a modello. Nobara per me, all'inizio, era davvero un mito, tifavo spasmodicamente per lei e ne ero immensamente orgogliosa.

2) La pallavolo.
Sembra banale annoverare questo come pregio per un manga che di base dovrebbe essere sulla pallavolo, però non è così scontato. Spesso in molti shojo ci si concentra talmente sull'inciucio amoroso che tutti gli interessi/hobby/passioni delle protagoniste o dei personaggi sono solo dei filler. In questo caso «Crimson Hero» si configura fin da subito come un manga sulla pallavolo: è la grande passione della protagonista nonché il filo conduttore che legherà i suoi rapporti con gli altri personaggi, dalle compagne di squadra, ai ragazzi del dormitorio dove si ritroverà a risiedere una volta scappata di casa per seguire il suo sogno. Però non c’è da pensare che la storia sia un mero resoconto pallavolistico, perché il suo punto di forza è dare sì un grande rilievo alla pallavolo, creando delle sequenze di gioco a dir poco emozionanti, che viene però inserito in un contesto di grande introspezione e caratterizzazione dei personaggi. I momenti di pathos risultano gestiti benissimo, così come quelli comici: in ogni numero mi trovavo con le lacrime agli occhi durante una partita e a ridere di gusto poi per certe situazioni esilaranti tra i personaggi fuori dal campo (Suzushiro e Maschera di ferro durante il ritiro, tanto per dirne una!). Insomma, all'inizio «Crimson Hero» era davvero un eccellente manga sulla Pallavolo, con la P maiuscola, con una base shojo di introspezione, comicità e pathos ben amalgamata. Vedere finalmente una storia dove la protagonista ha un’ambizione ben precisa che scalza bellamente quella del “trovarsi un fidanzato” e la cui realizzazione personale trascende quella a livello amoroso, è stata una vera boccata d’aria fresca. Ciò non significa che la componente romantica non sia presente: già nei primi volumi si nota l’interesse (un po’ contorto, a dire il vero) di uno dei ragazzi nei confronti di Nobara, e lei stessa sviluppa pian piano un'affezione nei confronti di un altro: ma tale componente “romantica” resta in secondo piano, serve ad aggiungere quel pizzico di pepe e completezza in più (d’altra parte, chi non ha avuto una cotta a 15 anni?) ed eventualmente ad approfondire la caratterizzazione dei personaggi, ma fa semplicemente da accompagnatrice al sogno di Nobara di giocare a pallavolo. Quindi, almeno in questa prima parte, ha funzionato benissimo.

3) Ottima caratterizzazione dei personaggi secondari.
E questo è un enorme punto a favore, considerando come in molte serie i personaggi compaiono/scompaiono come nulla fosse e sono caratterizzati come delle sottilette. Qui invece tutti i personaggi, fin dal momento in cui vengono introdotti, appaiono ben caratterizzati e identificabili, suscitando così subito simpatia ed empatia. Ciò vale soprattutto per quelle che saranno le compagne di squadra di Nobara (l’esilarante e mangiona Mochida, la saggia e protettiva Suzushiro, la piccola e adorabile Rena che esordisce proclamando Nobara come suo primo amore, la riservata ed equilibrata Goto, la dapprima irritante e poi indispensabile Osaka e l’esuberante e superficiale Kanako, che in realtà poi mostrerà tutta la sua determinazione e fierezza) ma anche per la miriade di altri personaggi che arricchiscono il cast (come l’affascinante Shojo, al tempo stesso avversaria e fonte di motivazione per la stessa Nobara o l’allenatrice di ferro Shima che diverrà il collante che farà spiccare alla squadra il volo), arrivando ad avere una buona caratterizzazione e spazio anche per quelli che a primo acchito non sembrano così indispensabili (come le amiche "gals" di Kanako, ma che aiutano ad arricchire la storia e a renderla più “vera”.) Senza contare lo straordinario gruppo degli Eagles, presso cui Nobara farà un “allenamento speciale”, capeggiati dal mitico Ryo (anche lui caratterizzato divinamente, e in effetti la sua storia è tra le cose che mi sono piaciute di più) e le squadre avversarie contro cui si scontrerà Nobara: in ogni partita importante viene dato uno scorcio introspettivo anche delle avversarie, ognuna di loro con la propria storia e il proprio motivo per aggiudicarsi la vittoria, il tutto fatto talmente bene che, per quanto si tifi per la squadra di Nobara, spesso si finisce per tifare anche per la squadra avversaria una volta saputo il loro background (la mia preferita? La squadra di Rai senpai e Toko, il cui rapporto mi è piaciuto davvero tantissimo – ero solo io o c’erano pure vibrazioni shojo-ai? Forse sono solo io… però non mi sarebbe dispiaciuta un’evoluzione in quel senso LOL). Una cosa che ho apprezzato particolarmente poi è come i personaggi, una volta introdotti, alla fine ritornino: questo l’ho notato fin da subito, con Suzushiro, o è il caso appunto degli Eagles, la cui parentesi interessa circa due volumi, anche loro non vengono dimenticati e ricompariranno più avanti. Insomma, non abbiamo a che fare con la solita comparsata flash di personaggi su personaggi che come hanno fatto il bello e il cattivo tempo prendono e spariscono nel nulla cosmico. Ed è eccezionale come l’autrice, anche nel corso di poche tavole, riesca a tratteggiare e caratterizzazione magnificamente personaggi appena comparsi.

Queste sono le tre motivazioni che hanno reso l’opera, almeno per la prima metà, davvero eccezionale. È riuscita a farmi affezionare, a ridere e piangere nel corso anche solo di uno stesso volume, a trasmettermi un sacco di grinta e orgoglio. Il problema è che, a partire circa dal volume 10, fino al 14esimo, l’autrice ha lasciato questo mix azzeccatissimo di pallavolo/introspezione per concentrarsi sulla parte romantica/sentimentale, facendo prendere alla storia una piega troppo drammatica e, soprattutto, snaturando il personaggio di Nobara. È proprio qui che fa la sua entrata un personaggio all'inizio potenzialmente interessante ma che poi diventa del tutto negativo, arrivando a compiere un gesto davvero ignobile che mette in serio pericolo la protagonista. E così, come ha fatto il suo sporco lavoro ecco che scompare, dopo essersi sorbito una giusta dose di buonismo, ovviamente. Questo episodio non fa che mettere ancora più in luce il cambio di Nobara: all'inizio uno così lo avrebbe preso a calci nel c…uculo, letteralmente (a inizio serie infatti ci sono ben due episodi dove si mostra come Nobara non si faccia mettere i piedi in testa da nessuno, arrivando anche alle mani), mentre ora invece sembra che, da quando il lato romantico della sua vita ha iniziato ad evolversi, abbia perso tutta la tostaggine che aveva. Che fine ha fatto la Nobara che tanto ammiravo? Pur non scomparendo del tutto, visto che andando avanti continua a dimostrare la propria determinazione in certe situazioni, ha perso quell'appeal grintosissimo che aveva all'inizio. È anche vero che Nobara è umana e non è una supereroina, anche lei ha il suo lato vulnerabile, però a mio avviso lo si è fatto emergere in un modo tale che ha tradito il suo personaggio, facendolo risultare a volte addirittura irritante.

Il manga poi si riprende dal volume 15 in poi, tra alti e bassi (e si riprende proprio grazie all’entrata in scena di nuovo della pallavolo e delle partite accompagnate dalla solita introspezione dei personaggi che tanto amavo) dirigendosi però verso un finale che ho trovato un po’ tiepidino. L’ultima partita avrebbe dovuto essere quella più emozionante, considerando che coinvolgeva anche Shoji; anche qui l’autrice mette in campo la tua strategia del proporre ottime sequenze di gioco dando al tempo stesso un background delle avversarie, però il tutto è risultato molto meno avvincente di quanto mi aspettassi. E soprattutto per Shoji, la motivazione che la spingeva a vincere a tutti i costi, mi è sembrata un po’ forzata, forse perché affrettata: avrebbe dovuto dedicarle decisamente più spazio, soprattutto considerando che è stato un personaggio ricorrente nella storia. La fine effettiva del manga però ci sta, e non sarebbe stata neanche malissimo di per sé, anche se mi sono ritrovata con sentimenti un po’ contrastanti: da un lato avrei voluto tantissimo che proseguisse, dall'altro, vedendo il calo avuto dalla storia nella seconda parte, mi sono detta che andava bene così. A lasciarmi l’amaro in bocca però sono stati i due capitoli extra aggiunti al volume, uno ambientato “3 anni dopo” in cui vediamo che fine ha fatto Nobara e uno su Ryo (che, come dicevo, ha una storia decisamente interessante). Però sono rimasta delusa. Mi sembra incredibile ritrovare Nobara così (non dico come per non fare spoiler), mentre la persona che ama e il suo grande mito sono arrivati a realizzare i loro sogni fino in fondo. È anche vero che il sogno di Nobara, come lei spesso ha ripetuto nel corso della storia, era circoscritto agli anni del liceo, però… mi ha deluso lo stesso. Per una ragazza di così grande talento e mossa da una tale passione avrei voluto decisamente di più. Senza contare che vengono citati anche altri personaggi, ma ci si riferisce a loro solo per quanto riguarda il punto di vista sentimentale (sul serio? È questo che conta? Piuttosto mi importa sapere che fine hanno fatto, non chi si è messo con chi!). Inoltre si è avuta anche una fine fin troppo “buonista” anche per altri personaggi, sempre dal punto di vista romantico, che non mi ha convinto del tutto.

Insomma, questo è uno di quei casi dove, forse paradossalmente, un buono shojo viene rovinato dalla romance. Sarà poi che la relazione tra Nobara e il suo “bello” (non faccio nomi per evitare spoiler ovviamente) non rientra granché nelle mie corde, l'ho trovata troppo esasperata in certi punti, e Nobara mi sembrava davvero troppo dipendente da lui. (Tra l’altro, visto che l’autrice è una grande amica della Kawahara, e la cita spesso nelle sue note, mi ha fatto venire voglia di riprender in mano «High School Debut» e, devo proprio dirlo, la relazione tra Haruna e Yo è mille volte meglio, adoro le dinamiche tra di loro e come i ruoli di genere vengano stravolti: quanto avrei voluto che si avesse qualcosa del genere anche qui, anche solo un pizzico, considerando come il personaggio di Nobara era così fuori dagli schemi all'inizio…).

Ci sono state altre cose che mi hanno infastidito, ossia certe uscite sessiste. Non capisco proprio perché in quasi tutti gli shojo ci debba essere sempre prima o poi una frase di questo tipo: “Non puoi [inserite qualsiasi azione], sei una ragazza!”. Mi riferisco nello specifico a certe uscite di Yushin, da quando una Nobara sta seduta scomposta (“Siediti come si deve, sei una ragazza!” – ah, sì? Noi ragazze dobbiamo stare sedute tutte precisine e non ci è concesso svaccarci sul divano? Mappppperfavore!) o a quando, sconvolto, la vede giocare contro una squadra maschile (“Ha intenzione di giocare contro una squadra maschile?!” – come se fosse la cosa più assurda di questo mondo.) Ma dai, Yushin, stai zitto e fammi il piacere. Ma le due uscite più ignobili che mi hanno fatto cascare tutto il comparto ovarico sono state fatte da due commentatori delle partite, dove stupefatti dal grande talento di Nobara se ne escono con: “Che elevazione eccezionale! Come quella di un maschio!” (ecco qui che il comparto ovarico mi si sfracella al suolo…) e poi, proprio sul finire quando credevo di essere ormai al sicuro: “Wow, ha un bilanciamento eccezionale in sospensione! Come un atleta maschio!” (ecco che il comparto ovarico, ritornato faticosamente a posto, si suicida senza rimpianti.) Sul serio… questi commenti avrebbero dovuto avere la funzione di sottolineare la grandissima bravura di Nobara, ma per me risultano offensivi e basta. Il gioco maschile e femminile sono diversi, ma non ce n’è uno migliore e peggiore: quand'è che, parlando di sport, questa cosa si capirà? Vorrei vedere se ai tizi di Haikyu uno dicesse “Oh, ha un’agilità eccezionale, come un’atleta femmina!”. Ma dai, su! Takanashi, sorella, potevi venirtene fuori con qualcosa di meglio. Se leggo un manga di questo tipo è anche perché mi immedesimo meglio nei personaggi femminili e voglio essere valorizzata come donna, quindi questi sessismi infidi per me sono davvero letali.

Insomma, alla fine ho sentimenti altalenanti per questo manga. Se ripenso a certe partite e a certe relazioni tra i personaggi (come quella tra Kanako e l’allenatrice Shima, o l’amicizia tra Mochida e Suzushiro, o ancora a Nobara che ce la mette tutta per far rimettere in carreggiata Osaka, e ne avrei parecchie altre) non posso fare a meno di emozionarmi e adorarlo; però poi ripenso alla piega che hanno preso certi personaggi e certe situazioni, soprattutto quando si è virato sulla romance, e non posso evitare di sentirmi un po’ delusa. Come dicevo, la romance ci stava come contorno, il punto vincente del manga fin dall'inizio è stato il focus sulla pallavolo, a cui sono legati i momenti più coinvolgenti e commoventi avuti, e l’introspezione dei personaggi; quando questo focus nella seconda parte è slittato per lasciare spazio alle dinamiche amorose, il manga ha perso gran parte del suo fascino. A mio avviso l’autrice avrebbe dovuto continuare a concentrarsi sulla pallavolo, sull'introspezione dei personaggi soprattutto secondari (come Shoji, o Rena… anche qui, ha fatto la sua entrata in scena dicendo che Nobara era il suo primo amore ma questa questione, potenzialmente interessante, poi si è persa come una bolla di sapone) e sulle relazioni tra gli stessi (come il rapporto con i ragazzi del dormitorio - soprattutto Ichiba meritava più spazio, era un po’ la “mamma” tra tutti loro e avrebbe dato spunti comici decisamente interessanti, senza contare che sembrava essersi affezionato tantissimo a Nobara, ma poi nella seconda parte paiono quasi due estranei viste le poche interazioni che avranno. Io poi ho un debole per le amicizie maschili/femminili, quindi avere avuto più spazio al riguardo mi avrebbe di certo garbato.)

In un free talk l’autrice inoltre parla di come avrebbe voluto dare spazio ad altri personaggi (per esempio approfondire la figura di un allenatore di una squadra avversaria) ma che il suo editor gliel'ha sconsigliato perché “dopotutto questo è uno shojo”. Questa cosa mi ha fatto riflettere, perché mi chiedo se la virata sulla romance sia dipesa anche da questo, da influenze esterne volte a far aderire il manga agli schemi tipici del genere della rivista. Se così fosse sarebbe un peccato capitale, perché come dicevo la Takanashi ha mostrato di avere un enorme talento nel tratteggiare le scene di gioco e di azione e nell'approfondimento del background dei personaggi. Se avesse continuato su questa linea, a mio avviso, sarebbe potuto uscire un manga di lunghissimo respiro, una di quelle serie che continuano per 40 e più numeri, perché il potenziale c’era tutto.