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Ci sono opere cinematografiche che trascendono il successo commerciale del momento, travalicano le generazioni fino ad arrivare allo status di vere e proprie icone - parola che allude appunto una sorta di adorazione religiosa da parte una schiera di seguaci. Parlando di animazione giapponese, e di Studio Ghibli in particolare, si possono citare molti film da annoverare a pieno titolo nella categoria dei cult, e oggi celebriamo un titolo fra i più amati dai fan di tutto il mondo: “Kiki - Consegne a domicilio”.

Tratto da un racconto molto noto in Giappone, scritto da Eiko Kadono, “Kiki - Consegne a domicilio” è il quinto lungometraggio di Hayao Miyazaki come regista, qui nelle vesti anche di produttore e sceneggiatore.

Siamo nell’anno 1989. Lo Studio Ghibli ha appena incassato un buon consenso di critica ma un deludente riscontro al botteghino con la doppia uscita al cinema de “Il mio vicino Totoro” e “La tomba delle lucciole”. L’azienda non ha ancora raggiunto la stabilità economica, e solo con l'uscita di “Kiki - Consegne a domicilio” arriva il primo vero successo, che stabilisce un record d’incassi in Giappone, conquistando il primo posto nella top ten cinematografica dell'anno con circa 750.000 spettatori. Questo sorprendente risultato permetterà a Hayao Miyazaki e soci di assumere per la prima volta uno staff di animatori a tempo pieno con uno stipendio fisso, consentendogli di formare un gran numero di specialisti talentuosi e di imporsi come marchio di qualità assoluta nell'ambito dell'animazione internazionale.

Kiki è una giovane aspirante strega, simpatica e un po' maldestra. Come da tradizione familiare, compiuti i tredici anni, deve lasciare casa e partire alla ricerca di una città in cui svolgere un anno di apprendistato nelle arti magiche, così da dimostrarsi indipendente. In compagnia dell’inseparabile gatto nero parlante Jiji, a cavallo della scopa di sua madre corredata con la radiolina di suo padre, Kiki arriva nella grande città di Koriko che, bagnata dal mare e sovrastata da una splendida torre con l'orologio, rappresenta il posto dei sogni di Kiki. Ma la città ha in serbo molte sorprese per la piccola strega, prima fra tutte l'indifferente freddezza dei suoi abitanti. Armata del suo unico talento magico, quello di volare con la sua scopa, Kiki riesce faticosamente ad avviare un'attività di consegne a domicilio. La conquista dell'indipendenza economica ed emotiva si mostra subito come un duro percorso di crescita per Kiki, che dovrà affrontare molte avventure e tante difficoltà, sia fuori che dentro di lei...

Siamo alle prese con un vero e proprio bildungsroman improntato con lo stile che potremmo definire ormai "classico" dello Studio Ghibli. Messi momentaneamente da parte i nobili propositi pacifisti e ambientalisti, e con un'operazione tutt'altro che complessa (ma non per questo banale), Miyazaki si sofferma sul tema della crescita, dove l'apprendistato di Kiki rappresenta una metafora del passaggio dall'infanzia all'età della ragione. Il prototipo della ragazza che non si sottrae alle proprie responsabilità e mette tutto l'impegno per riuscire nei propri intenti, ricorrente in molte opere del cineasta, qui diventa un fattore centrale e interpreta quello spirito di sacrificio e abnegazione tipicamente nipponici.

Al tema portante del passaggio alla maturità, con tutte le complicazioni che esso comporta, si affianca il concetto di vulnerabilità, più volte ribadito durante il film. Significativa in tal senso è la scena della prima notte di Kiki lontano da casa, quando la ragazza esce furtivamente per andare al bagno ma si accorge che il marito di Osono la sta osservando, quindi corre a rintanarsi come un cucciolo impaurito, esprimendo tutta la sua fragilità e innocenza.
Nelle sue opere Miyazaki ha sempre privilegiato lo studio dei personaggi femminili, tratteggiando donne forti, vitali, indipendenti, e Kiki è una degna rappresentante di questa illustre stirpe, iniziata con Hilda (“La grande avventura del principe Valiant”, 1968), Lana, Monsley (“Conan”, 1978), Nausicaä (1984), Sheeta (“Laputa: il castello nel cielo”, 1986), e proseguita dalle varie Taeko (“Pioggia di ricordi2, 1991), Fio (“Porco rosso”, 1992), Shizuku (“I sospiri del mio cuore”, 1995), Chihiro (“La città incantata”, 2001).

Se con “La tomba delle lucciole” ci si era spinti su un registro inopinatamente tragico per l’animazione, questa volta il soggetto è tratto da un libro per bambini dal tono tranquillo e leggero. Cionondimeno Miyazaki inserisce nella pellicola alcuni elementi drammatici, intendendo rivolgere la sua attenzione in primis alle adolescenti giapponesi dell’epoca e alle difficoltà che queste devono affrontare nella vita contemporanea per conquistare l’indipendenza. Il romanzo originale ha inoltre bisogno di essere adattato al formato narrativo del lungometraggio. A differenza della versione letteraria quindi la protagonista deve affrontare prove difficili ed esperienze traumatiche, vivere crisi di insicurezza e addirittura perdere i suoi poteri in un momento di incertezza e solitudine.
Bisogna ricordare che inizialmente Eiko Kadono era molto contrariata dei cambiamenti proposti alla sua opera, e ci è voluta tutta la persuasione di Hayao Miyazaki e Isao Takahata per evitare che la scrittrice mandasse all’aria il progetto. Un'altra curiosità consiste nella nomenclatura che l'azienda di trasporti Kuroneko Yamato aveva creato per il suo nuovo servizio di consegne a domicilio, scelta per il titolo del libro. Anche l'effigie del gatto nero, che è proprio nel logo della compagnia, era stata presa in prestito da quella reale. Takahata ha dovuto usare di nuovo tutta la sua diplomazia per risolvere il conflitto e la Kuroneko Yamato è diventato uno degli sponsor del film.

La storia è ambientata a Koriko, una città da favola con un'accentuata connotazione mediterranea, sebbene sia il frutto dello studio e della rivisitazione in chiave immaginaria di una città nordica: si tratta infatti di Stoccolma, dove il cineasta e la sua squadra si sono recati per documentarsi sulle ambientazioni, scattando migliaia di fotografie e disegnando bozzetti di riferimento. In realtà, per Miyazaki si è trattato effettivamente di un ritorno: già nel 1971 vi si era recato con Yutaka Fujioka, presidente della Tokyo Movie Shinsha, nel vano tentativo di acquisire i diritti del best seller “Pippi Calzelunghe”. La Svezia ha quindi lasciato una forte impressione su Miyazaki e in questo nuovo viaggio lui e la sua troupe hanno utilizzato più di ottanta rullini di pellicola per riprendere Visby e Stoccolma.
Cronologicamente invece, siamo in un’epoca non ben definita. Probabilmente il film si colloca nella prima metà del XX secolo, in cui però le due Guerre Mondiali sembrano non aver mai avuto luogo: l'autore infatti, con un colpo di spugna, cancella dalla storia quelle catastrofi e, da grande appassionato di aeronautica, si concede anche di reinventare la tragedia del dirigibile Zeppelin "Hindenburg". In questo scenario idealizzato, dove la Belle Epoque non è mai terminata, compaiono altri oggetti mitici di archeologia industriale, come le decorazioni in stile Liberty o la Ford modello T che fa capolino nel garage di Tonbo.

I disegni e le animazioni rientrano negli standard elevatissimi ai quali lo Studio Ghibli ci ha abituati, con la freschezza e la grazia che li contraddistinguono ancora oggi, a trent'anni di distanza. I personaggi sono incredibilmente espressivi pur nella semplicità e pulizia del tratto grafico, che privilegia le linee morbide e tondeggianti. A tal proposito, vale la pena ricordare il contributo di Yoshifumi Kondo, il brillante character designer tanto caro a Miyazaki e Takahata.
Ad accompagnare musicalmente tale folgorante messa in scena ci pensa la leggiadra e sognante orchestrazione di Joe Hisaishi, che inanella la quarta di una lunga serie di colonne sonore, per un imprescindibile sodalizio con Miyazaki, fra i più solidi e duraturi nella storia del cinema.

Ciò che sicuramente rimane impresso nella memoria dello spettatore è la cura nella descrizione dei personaggi che risultano particolarmente genuini e credibili. Impossibile non affezionarsi alla protagonista Kiki che, con l’energia e la vivacità dei suoi tredici anni, dovrà affrontare l’isolamento e la difficoltà di inserirsi in una nuova città per guadagnarsi da vivere. Il gattino nero Jiji è una simpatica spalla comica, usato come felice stratagemma per mostrare lo sviluppo del personaggio principale e la sua progressiva crescita psicologica, nonché esempio del simbiotico rapporto uomo/animale che spesso compare nella filmografia di Miyazaki. Il suo mutismo segnerà la fine di una stagione della vita della ragazza, e la sua costante presenza al fianco di Kiki è tale che il gatto si direbbe quasi una parte di Kiki stessa: è per lei un amico, un consigliere e anche un po’ la voce della sua coscienza. Tonbo è un ragazzo di Koriko che, come molti personaggi maschili di Miyazaki, ha la passione per il volo e sogna di costruire una macchina volante. Oggi potremmo definirlo un otaku delle macchine volanti, era quindi inevitabile che restasse affascinato da una strega che si libra a bordo della sua scopa, al punto da fare di tutto pur di diventare suo amico. Ursula è una giovane donna emancipata, pittrice di talento che ama trascorrere l’estate da sola in una baita nel bosco dove trova ispirazione per le sue tele, ispirate vagamente allo stile fiabesco e onirico di Marc Chagall. Pragmatica e padrona di sé, farà conoscere alla sua nuova amica Kiki la sua profonda sensibilità, risultando una guida verso la maturità. Osono è la solare e schietta panettiera che consente a Kiki di stabilirsi a Koriko, offrendole un alloggio in cambio di aiuto in negozio. Osono e il suo taciturno marito aspettano un bimbo, e forse anche per questo assumono un atteggiamento naturalmente protettivo verso la giovane protagonista. Infine, l’anziana signora è un personaggio nobile e distinto che Kiki conosce per una consegna a domicilio. Tra le due si instaura subito un rapporto affettivo che esula dal rapporto di lavoro e che affonda le proprie radici nell’animo gentile e generoso di entrambe.

La cronaca dell’epoca ci racconta che, all’inizio del progetto, Hayao Miyazaki pensava di assumere solo il ruolo di produttore. Tuttavia, poiché era insoddisfatto della sceneggiatura preparata dal giovane collega Nobuyuki Isshiki, che a suo giudizio non appariva in sintonia con lo spirito delle adolescenti giapponesi alle quali il film era rivolto, decise di impegnarsi direttamente nel processo creativo, occupandosi personalmente nella scrittura. In seguito, anche l'incaricato della regia, il giovane Sunao Katabuchi (“In questo angolo di mondo”, 2017), al suo debutto come regista, verrà sostituito dallo stesso Miyazaki, ma rimarrà nella produzione come aiuto regista.

Nel 2013, grazie a Lucky Red, “Kiki - Consegne a domicilio” è stato ridistribuito in Italia e, rispetto alla vecchia edizione Buena Vista, ha potuto valersi di un evento straordinario al cinema (per la prima volta proiettato nelle sale italiane il 24 aprile) e di una nuova edizione home video con il riadattamento dei dialoghi e la direzione del doppiaggio a cura di Gualtiero Cannarsi, con la traduzione di Elisa Nardoni.
Per ciò che concerne le voci dei personaggi nella nuova versione, da segnalare la presenza di Domitilla D’Amico al posto di Eva Padoan nei panni di Kiki/Ursula e di Manuel Meli al posto di Davide Perino per Tonbo, mentre sono state confermate le voci di Ilaria Stagni (Jiji), Giò Giò Rapattoni (Osono) e Maia Pia Di Meo (Signora).

Per concludere, possiamo dire che “Kiki - Consegne a domicilio”, pur nascendo nel 1989, non fa tanto il verso alle maghette appariscenti e spettacolari tanto in voga in quegli anni, ma rimanda piuttosto alle emozioni sussurrate di “Anna dai capelli rossi”, gloriosa serie 'meisaku' della Nippon Animation, diretta dieci anni prima da Isao Takahata e curata dallo stesso Miyazaki per quanto riguarda lo scene design. I suoi paesaggi dai toni pastello e i suoi personaggi solari e positivi ne fanno un film semplice ed essenziale, fruibile da tutti e che si lascia apprezzare magnificamente ancora oggi, alla rispettabile età di trent’anni.