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“Jitsu wa Watashi wa”, noto in Italia come “In realtà io sono...”, è una di quelle serie che, se l’avessi visionata da neofita, avrei potuto apprezzare molto di più. Purtroppo, quando nel 2016 mi avvicinai a questa serie harem (tratta dal manga di Eiji Masuda), avevo già visionato un considerevole numero di anime, finendo per giudicarla peggio di quanto in realtà non fosse. Fatto passare del tempo e dopo un’attenta valutazione, ho infatti constatato come questa serie di tredici episodi, targata studio TMS Entertaiment, non è che alla fine sia tutto questo obbrobrio, anzi risulta essere discretamente valida, ma si ingegna davvero poco per differenziarsi dal genere d'appartenenza.

Protagonista è il solito beta degli harem, in questo caso tal Asahi Kuromine, uno studente liceale così ingenuo da non riuscire a mentire in nessuna circostanza, innamorato segretamente della bella ma misteriosa Yoko Shiragami. In un maldestro tentativo di dichiarazione, Asahi scopre che Yoko è in realtà una vampira, a cui è stato concesso dal padre il diritto di frequentare la scuola, purché non si faccia scoprire da qualcuno. Mantenere un così semplice segreto, tuttavia, risulta essere un’impresa assai ardua, in primis perché Yoko è un’idiota di proporzioni bibliche, Asahi, secondo in stupidità solo alla ragazza, è un libro aperto, e infine Mikan, amica d’infanzia del protagonista, non fa altro che perseguitarlo alla ricerca di un nuovo pettegolezzo. Con il procedere della storia il nostro beta, sfortunatamente per lui, viene a conoscenza dei segreti di altre ragazze della scuola: Nagisa, la capoclasse, si rivela essere una piccola aliena incapsulata in un futuristico esoscheletro robotico dalla forma umana, Shiho si scopre essere un uomo lupo in grado di cambiare sesso ogni volta che vede la luna, trasformandosi in una provocante donna, poi viene a conoscenza di Akane, una loli demone rompiscatole che gestisce la scuola... le quali metteranno tutte a dura prova il ragazzo, già impegnato a non rivelare a nessuno la vera natura di Yoko.

La trama procede lentamente, con episodi auto-conclusivi di matrice prettamente comica. L’aspetto commedia è forse l’unico vero pregio della serie, con battute fresche e diverse citazioni ad altre opere, mentre l’aspetto romantico viene ridotto all’osso, in un continuo (e a tratti fastidioso) fraintendimento tra i due protagonisti, basato soprattutto sulla stupidità di lei e sulla goffaggine di lui. L’ambientazione scolastica è vista e rivista, e solo la freschezza nei dialoghi impedisce che lo spettatore si annoi. Piccola nota di merito è l’impiego del fanservice, giustamente presente ma sempre sfruttato con intenzioni comiche, e mai come tappabuchi. I personaggi sono stereotipati: Asahi è il classico beta del genere harem, Yoko ha il QI di un asse da stiro, Nagisa è 100% tsundere, Shiho, in versione femminile, è una super allupata, Mikan è l’amica d’infanzia degli anime, gli amici di Asahi sono il trio tipico costituito dal pervertito, dal ragazzo sessualmente ambiguo e dall’amico dispensatore di improbabili consigli. Niente di nuovo su questo fronte.

Graficamente la serie è piacevole, oltre che discretamente curata. I fondali sono semplici, ma tutti ben realizzati. Le OST sono a tema e variegate, risultando uno dei punti di forza della serie, assieme all’opening e all’ending.

Concludendo, “Jitsu wa Watashi wa” è un’ottima serie per approcciarsi agli anime, specialmente se si è curiosi di testare il genere harem. È sicuramente un buon intrattenimento, ma niente più: cliché (ben gestiti) e commedia spicciola tengono in piedi l’intera baracca, mentre lo sviluppo di una trama e della psicologia dei personaggi risulta essere totalmente assente.
Consigliato? Sì, ma solo se volete tenere spento il cervello.