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Con la sceneggiatura di Mari Okada, e la regia di Tatsuyuki Nagai, “A te che conosci l’azzurro del cielo” è un film che, in qualche modo, costituisce l’epilogo di una trilogia. Per quanto, infatti, la pellicola possa essere vista a sé stante, risulta molto più piacevole vederla dopo “Ano Hana” e “Kokoro ga Sakebitagatterun da”, a cui la Okada e Nagai han lavorato insieme, e che possono costituire delle opere semi-autobiografiche dell’autrice.
La Okada infatti, per chi non lo sapesse, non ha avuto vita facile. Da giovane, crebbe a Chichibu, città in cui sono ambientati i suddetti tre titoli, e subì bullismo dai compagni di classe, tanto da trasformarsi in hikikomori ed evitare la scuola, fino al momento in cui riuscì ugualmente a diplomarsi, grazie alle sue capacità, e a trasferirsi a Tokyo. In qualche modo, i tre titoli citati costituiscono un po’ la sua storia, il mostrare Chichibu come la città che l’ha “oppressa”, ma in cui sarebbe stata curiosa di vedere come la sua vita sarebbe potuta essere, se fosse riuscita ad integrarsi.

“A te che conosci l’azzurro del cielo” ha per protagonista Aoi, dapprima una bambina, e poi liceale, che vive con la sorella Akane, che si occupa di lei, poiché entrambe sono rimaste orfane. Aoi vorrebbe trasferirsi a Tokyo per diventare musicista, e vive insoddisfatta con la sorella, che lei vede come una donna che ha rinunciato a sogni, obiettivi e felicità per restare a Chichibu con lei. Le cose cambiano quando l’ex grande amore di Akane, Shinnosuke Konomura, chitarrista della band locale, torna nella cittadina, dopo tredici anni dal suo trasferimento...

“Her Blue Sky” si basa interamente sulle tematiche di rimpianto, nostalgia e insofferenza per il presente. Nonostante siano tematiche super-abusate dall’animazione nipponica, e soprattutto dalla Okada, il film non risulta particolarmente tragico o forzato, ma affronta i temi in maniera dolce. Anche l’elemento fantastico è un veicolo per esprimere i sentimenti delle due sorelle protagoniste, per svelare i loro rimpianti, per mostrare le loro scelte passate e le conseguenze che queste ultime hanno avuto nel loro presente.
E anzi, come in “Ano Hana”, l’elemento soprannaturale è un veicolo per permettere a tutti i personaggi presentati di confrontarsi e sfogarsi, esternando i loro sentimenti e permettendosi l’un l’altro di affrontare un nuovo percorso di vita.

Sicuramente riuscita, quindi, la messa a nudo delle emozioni generate, così come il film è promosso per le animazioni e per le performance musicali, quasi tutte eseguite dai personaggi stessi.
Indubbiamente, comunque, non ci si deve aspettare un film straordinario, soprattutto per via della banalità di base (che di suo non è un difetto, ovviamente) e per un inizio abbastanza lento.
Tuttavia, mi viene ugualmente da consigliarlo caldamente, e soprattutto dopo aver visto “Ano Hana” e “Kokoro ga Sakebitagatterun da”, per capire meglio il punto di vista della sceneggiatrice.