Recensione
Crying Freeman
7.5/10
Recensione di Emiya Walker
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"Crying Freeman" è un manga da comprendere. Se sul piano del contenuto la narrazione abbandona la sua orizzontalità a favore di un susseguirsi sterile di vicende "copia e incolla" (non per questo qualitativamente mediocri), il piano dell'espressione sostiene a due mani il risultato finale.
E qui inizia il primo step di comprensione: la celebrazione della resa estetica del corpo umano e della poetica della sessualità a se stante.
Nudi, muscoli, corpi che si intrecciano, sesso nelle sue declinazioni, splash page di primi piani e figure intere, dinamicità cinetica resa ancora più viva dalla violenza delle azioni e del sangue. Alla logica della sessualità gli autori aggiungono, come ornamento, un vasto bacino di immaginario della pop culture 70-80': citazioni a Bruce Lee, John Woo, tatuaggi old school full body, corpetti elettrificati, energumeni in slip, veneri nere ferocemente armate, la Yakuza e la corruzione politica e negli organi di polizia, mitologie orientali e un fervido assortimento di armi multiculturali e pozioni velenose arcane. D'impatto questo mix esplosivo d'immagini discinto può urtare la fruizione, d'altronde i due piani non funzionano su una logica sincretica ma uno regge sull'altro: la narrazione è portata avanti per immagini, relegando la trama allo sfondo.
"Crying Freeman" è questo, rimanere delusi dalla narrazione è comprensibile ed è un processo favorito dagli sviluppi iniziali che pongono le basi per una serie di intrighi fitti, storie amorose esotiche, la mitologizzazione della famiglia e dell'amore idealizzato filtrata da Freeman, scontri mozzafiato e un protagonista dall'animo nobile, ma è anche vero che fin da subito la regia delle tavole, che non si limita a strizzare l'occhio ai film mafia action, noir, impone quello che sarà a tutti gli effetti l'asset della serie, una volta incanalata la chiave interpretativa anche la sistematica masturbazione indecorosa e inopportuna trova una sua logica di significazione e di esistenza.
Una serie da "vedere", nel rispetto della tradizione del manga, e non da leggere.
E qui inizia il primo step di comprensione: la celebrazione della resa estetica del corpo umano e della poetica della sessualità a se stante.
Nudi, muscoli, corpi che si intrecciano, sesso nelle sue declinazioni, splash page di primi piani e figure intere, dinamicità cinetica resa ancora più viva dalla violenza delle azioni e del sangue. Alla logica della sessualità gli autori aggiungono, come ornamento, un vasto bacino di immaginario della pop culture 70-80': citazioni a Bruce Lee, John Woo, tatuaggi old school full body, corpetti elettrificati, energumeni in slip, veneri nere ferocemente armate, la Yakuza e la corruzione politica e negli organi di polizia, mitologie orientali e un fervido assortimento di armi multiculturali e pozioni velenose arcane. D'impatto questo mix esplosivo d'immagini discinto può urtare la fruizione, d'altronde i due piani non funzionano su una logica sincretica ma uno regge sull'altro: la narrazione è portata avanti per immagini, relegando la trama allo sfondo.
"Crying Freeman" è questo, rimanere delusi dalla narrazione è comprensibile ed è un processo favorito dagli sviluppi iniziali che pongono le basi per una serie di intrighi fitti, storie amorose esotiche, la mitologizzazione della famiglia e dell'amore idealizzato filtrata da Freeman, scontri mozzafiato e un protagonista dall'animo nobile, ma è anche vero che fin da subito la regia delle tavole, che non si limita a strizzare l'occhio ai film mafia action, noir, impone quello che sarà a tutti gli effetti l'asset della serie, una volta incanalata la chiave interpretativa anche la sistematica masturbazione indecorosa e inopportuna trova una sua logica di significazione e di esistenza.
Una serie da "vedere", nel rispetto della tradizione del manga, e non da leggere.