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"Alice in Borderland" parallelizza la sua idea con il mondo delle meraviglie visto nell'"Alice in Wonderland" di Lewis Carroll (l'esistenza di un mondo oltre al nostro, i nomi dei personaggi); ma oltre a questi pochi elementi le citazioni letterarie terminano qui.
Ryuhei Arisu (il cui cognome genera un'omofonia con Alice), stereotipato protagonista fallito e pigro degno di chissà quant'altri shonen, si ritrova, secondo la tradizione dell'isekai, catapultato in una Tokyo abbandonata e decadente, le Borderland appunto, in compagnia dei suoi migliori amici Chota (il simpaticone) e Karube (il figo). Si innesta poi un lungo survival game senza infamia e senza lode che porterà il nostro debole protagonista a crescere fisicamente e mentalmente fino a diventare l'eroe che tutti aspettavamo attraverso level up continui (questa storia non vi ricorda almeno un centinaio di altri manga?).

Tutto sommato il world building delle Borderland non è affatto male e, salvo qualche forzatura e (molti) elementi non spiegati, funziona efficacemente. Per quanto riguarda i giochi, cuore di qualsiasi Survival Game, ci si alterna tra giochi belli originali, ben costruiti e ben scritti, ad altri decisamente noiosi e meno efficaci.
La narrazione, dopo un inizio molto altalenante, frettoloso e prevedibile, ci catapulta, grazie a un efficace colpo di scena, nel vivo dell'azione, ingranando volume dopo volume il pathos della storia e la complessità della trama, creando così un intreccio decisamente interessante e ben scritto, seppur non privo di alcune forzature. L'autore dimostra, in parallelo all'intrattenimento, di sapere (e volere) trasmettere dei messaggi forti sull'essenza del vivere e dell'aver vissuto, sulla ricerca della felicità, di un proprio posto nel mondo, sull'importanza della memoria e dell'empatia; messaggi di per sé molto comuni nei manga shonen, ma che in questo manga riescono a colpire lo spettatore con profondità degna di nota. Interessante l'arco narrativo finale che, seppur mettendo in mostra un gioco poco costruito, serve all'autore per analizzare il rapporto tra realtà e non-realtà - tematiche fantascientifiche molto care alla letteratura cyberpunk e postmoderna.

Perché allora ho assegnato un voto così basso all'opera? Perché nella seconda metà del manga, dopo aver raggiunto il punto più alto della storia, Haro Aso perde completamente le redini della narrazione, e si ritrova a proseguire in maniera forzata con saghe episodiche e un susseguirsi ridondante ed eccessivo di side story, alcune delle quali tremendamente noiose o completamente inutili ai fini del proseguo. Viene da domandarsi come mai l'autore abbia voluto allungare così tanto il brodo per un manga che con meno volumi avrebbe funzionato perfettamente. Tornaconto economico? Motivi editoriali? La fluidità della trama si ritrova in questo modo compromessa da una narrazione che procede per accumulo, e converge debolmente e quasi per esaurimento verso un climax poco atmosferico e tanto scialbo. Il finale non è brutto, ma il cuore di tutta la narrazione e il concludersi di tutte le trame è così frettoloso e troncato che sembra quasi esser stato pianificato il giorno prima della stesura, e buttato lì senza nemmeno troppa convinzione, tanto per terminare la serializzazione.
I personaggi (compreso il protagonista dopo qualche volume) sono comunque efficaci e ricordabili: alcune sfumature psicologiche ben azzeccate, altre un po' meno, ma tutto sommato muovono molto bene l'avanzare della trama con scelte coerenti e ben scritte.

I disegni, dopo un inizio molto acerbo, sbocciano pian piano fino a raggiungere livelli decisamente egregi e d'impatto nella messa in scena della trama.
In conclusione "Alice in Borderland" è un manga che il potenziale per discostarsi dai soliti survival game ce l'aveva, e fino a metà serializzazione aveva anche saputo dimostrarlo. Peccato poi per un crollo disastroso verso la mediocrità, e un po' d'amaro in bocca rimane nel ritrovarci tra le mani di certo non un brutto Survival Game, ma nemmeno uno dei migliori.