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Data la copertina truce e l’ambientazione, l’Inghilterra di fine XIX secolo, speravo che "From the Red Fog" fosse una storia interessante con un protagonista controverso, ma purtroppo questo manga si è rivelato un’opportunità sprecata, perché è brutto, ingiustificatamente brutto.

La storia inizia in una città, non specificata, della provincia inglese e il protagonista è un ragazzo di nome Ruwanda. Sin da subito viene introdotta sua madre presentata come l’assassina più feroce del mondo, che lo ha tenuto chiuso in una stanza sotterranea per tutta la sua infanzia ad occuparsi di “sistemare i cadaveri” per lei. Ad un certo punto Ruwanda fugge e inizia ad ammazzare gente a caso. Anche se viene presentato come qualcuno che fin dalla nascita “non aveva mai avvertito i raggi del sole su di sé”, appena esce fuori nel mondo esterno non subisce nessun tipo di shock. Quindi viene completamente bypassato il modo in cui l’emarginato dovrebbe sperimentare un mondo sconosciuto per la prima volta.

Ingenuità come questa sono innumerevoli, ma nonostante ciò la storia si prende ridicolmente sul serio. Altri esempi sono il volerti far credere che un bimbetto gracilino vissuto in condizioni malsane in una cantina per 12 anni abbia la forza di sgozzare un adulto grande e grosso - lo stesso adulto da cui, nella pagina prima, era stato facilmente bloccato in una mezza scena di stupro buttata lì, oppure che sia capace di imparare delle tecniche di combattimento da un assassino esperto in una sola notte, che sappia impugnare una pistola senza mai averne vista una, che è intelligentissimo per la sua età e quindi sa cavarsela in ogni situazione.
Volendo anche tralasciare tutto questo perché è pur sempre uno shonen ed entro certi limiti un po’ di assurdità si potrebbero anche tollerare, il difetto più grave risulta il ritmo narrativo terribile: è tutto troppo veloce, spesso non c’è continuità tra le vignette, tanto che sembra di star leggendo una serie di eventi pensati singolarmente e appiccicati insieme senza nessuna logica. Il tutto poi condito da dialoghi banali e imbarazzanti.

I personaggi secondari sono tutti dimenticabili e hanno una caratterizzazione inesistente, essenzialmente compaiono e la pagina dopo vengono fatti fuori, inoltre -nel maldestro tentativo di redimere agli occhi del lettore il protagonista- sono presentati più o meno tutti come bulli che vogliono fargli del male. Gli adulti in questo manga invece sono apparentemente tutti degli imbecilli dato che nessuno lo riesce a fermare.
Dopo varie pagine in cui si susseguono esattamente le stesse cose, ad un certo punto entra in gioco il villain della situazione che, non si sa come, viene a conoscenza delle grandi capacità del protagonista e vuole usarlo per dominare il mondo attraverso il traffico di un qualche tipo di droga - la fiera delle banalità. Viene presentato come un uomo in apparenza facoltoso ed influente che ha dalla sua parte un gruppo di scagnozzi, i “killer più crudeli e malvagi”, ma ovviamente al loro posto assolda Ruwanda, questo bimbetto killer trovato per puro caso perché, citazione testuale, “sarà lui a cambiare il mondo”. Va bene che l’età vittoriana divenne nota per il lavoro minorile e nel manga stesso vengono mostrati i bambini dei bassifondi in condizioni disumane, ma è una trovata esageratamente stupida questa, l’incontro tra i due e le motivazioni dietro una loro collaborazione potevano essere sicuramente gestiti in maniera più plausibile.

L’introspezione psicologica del protagonista è troppo inconsistente, mancano gli approfondimenti necessari per una storia con delle premesse simili. Tutto si basa sul quadro superficiale di un'infanzia caratterizzata dalla figura abbozzata di una madre assente ed abusiva, quello che doveva essere il suo tragico conflitto interiore sarebbe il volersi trovare degli amici, ma allo stesso tempo volerli ammazzare, sullo sfondo di qualche scenetta lacrimosa piena di frasi fatte e momenti comici malamente inseriti nella narrazione. Infatti, cozzano in maniera fastidiosa con l’atmosfera cupa instaurata sin dall’inizio, a riprova della mancanza di continuità e del temperamento poco definito dei personaggi. In sintesi, Ruwanda non risulta per niente interessante.

Le scene cruente sono mal disegnate, andando contro quella che dovrebbe essere la natura gore stessa del manga. Di fronte a tali scene, essendo così frequenti e ripetitive - una pugnalata o due e finisce lì - si rimane quasi indifferenti, dato che risultano assolutamente prive di pathos.

Questo manga è chiaramente il lavoro immaturo e pretenzioso di un dilettante, fatico a capire perché sia stato pubblicato.
Un’opera migliore con un pazzoide come protagonista, che riesce in tutto quello in cui questo manga invece fallisce, con scene cruente escogitate come si deve ed un protagonista veramente spietato ma che risulta comunque apprezzabile nella sua follia, è "Brutal: Satsujin Kansatsukan no Kokuhaku".