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“Takopi’s Original Sin”: due volumi che mi hanno distrutto emotivamente.

La storia parte facendoci fare la conoscenza di un simpatico alieno a forma di polpo il cui obiettivo è quello di diffondere la gioia sulla terra. Questo verrà battezzato col nome di Takopi da colei che, per la prima volta dal suo arrivo sul pianeta, gli mostrerà un po’ di gentilezza, ovvero, una bambina che frequenta le elementari, Shizuka.
Questa, sfortunatamente, non se la passa bene. A scuola viene continuamente e orribilmente bullizzata e a casa vive in condizioni raccapriccianti e inumane, con sua madre che non si prende cura di lei. Takopi quindi si immolerà l’obiettivo di far sorridere la “dolce Shizuka”, e ci proverà usufruendo degli “happy-gadget” del suo pianeta, simili ai ciuski di Doraemon. Tuttavia il problema è che il nostro polpo non sa nulla di come funzionino le cose sulla terra e quindi non sarà molto d’aiuto nonostante la sua determinazione!

Già dai primi capitoli del manga è palpabile, attraverso le tavole magistralmente disegnate, l’orribile realtà della ragazza, questa sempre in contrapposizione con l’innocenza e l’ingenuità dell’alieno che non capisce i concetti umani di violenza e odio. Ma tornerò più tardi sui disegni e lo stile dell’opera.

Gli altri due personaggi principali sono: la principale aguzzina di Shizuka, Marina, e il rappresentante di classe che sembra l’unico a cui importi della situazione di bullismo, Azuma. Non vorrei spingermi oltre nel parlare della trama per non rischiare di fare spoiler. Mi limito a dire che, nonostante le apparenze, anche questi due, come Shizuka, sono vittime di dinamiche familiari tossiche e disfunzionali.

Sono quindi questi tre bambini i poli intorno a cui gira l’opera. Concentrandosi sui rapporti: tra di loro, con le loro famiglie e, ovviamente, con Takopi.

L’opera, a mio parere, eccelle per la sua narrazione che, nonostante la sua pesantezza, ti rapisce e coinvolge completamente, empatizzando per i personaggi e le tragiche vicende di cui sono protagonisti.
Mentre leggevo, mi sono ritrovato a finire questi due volumi in un soffio. Forse nella costante speranza di un risvolto positivo.
A dare poi questo senso di nausea per le vicende trattate è lo stile dei disegni. Con un tratto che definirei azzardatamente, sporco ma azzeccato. Alcune tavole, appunto per quanto fossero ben rese, mi hanno davvero fatto accapponare la pelle.

Di sicuro, “Takopi’s Original Sin”, è una storia che lascia al lettore svariati spunti di ragionamento.
All’inizio l’opera sembra giocare molto su concetti come “cos’è il bene e cos’è il male” e “chi è il buono e chi è il cattivo della storia”. Ma andando avanti con la lettura, quello che prima ci sembrava ovvio, dopo qualche capitolo, inizia a incrinarsi e le certezze iniziano a vacillare. Fino ad arrivare alla conclusione che questa non è una storia di buoni e cattivi: è una storia di vittime di situazioni familiari e sociali malsane e tossiche.
Noi, del resto, vediamo le vicende dalla prospettiva di un alieno come Takopi che non comprende questi valori se non sul finale dell’opera.

Spendendo due parole proprio su di lui: il polipetto non brilla per intuito e non capisce bene gli umani, ma alla fine fa quella cosa che nessuna delle famiglie dei tre protagonisti ha fatto, esserci. Takopi sarà un compagno fedele dei tre bambini, nel bene e nel male.
“Alla fine questo sarà bastato a dare loro un lieto fine e farli sorridere?”
Ho già detto troppo! Concludo questa recensione consigliando questa mini serie di soli due volumi a chi non ha paura di storie un bel po’ pesanti e crude, ma con dei begli spunti di riflessione.