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“In un tempo assai remoto, quando il cielo e la terra erano ancora un tutt’uno e il mondo era circondato dalle tenebre… papà cielo e mamma terra non facevano che copulare. Ormai erano nate già quasi tutte le creature di questo mondo, tuttavia erano esistenze vaghe, prive della loro essenza, e fluttuavano nell’oscurità.
Il sole e la luna erano ancora stritolati dal buio”

Nishioka Kyōday è lo pseudonimo utilizzato dai fratelli Nishioka: Satoshi è lo sceneggiatore mentre sua sorella minore Chiaki è la disegnatrice.
Il duo presenta uno stile estremamente sovversivo e singolare che si distanzia dalla classica narrativa nipponica attingendo dalla letteratura occidentale; le loro fonti d’ispirazione principali sono Franz Kafka, omaggiato nella raccolta antologica “Kafka - Classic in Comics”, da cui traggono la visione di una società progressista sempre più schiava del lavoro e della produttività, e de Sade, da cui prendono l’esistenzialismo e il tormento cristiano, con racconti ermetici e disturbanti dai toni apocalittici che hanno come temi ricorrenti il cannibalismo, l’infanticidio, il malessere, e il viaggio, inteso come una metafisica immersione introspettiva alla ricerca della catarsi.
Una delle peculiarità del duo è l’utilizzo dell’io narrante, l’assenza dei balloon fa si che il racconto venga narrato in prima persona dal protagonista, con flussi di coscienza didascalici che servono a farci “vivere” l’opera più che leggerla.

Una mattina un uomo si sveglia e si accorge che non riesce più ad allacciarsi le scarpe; soverchiato dalla monotonia routinaria, l’uomo decide di mettersi in viaggio per spezzare l’uggia di una vita conforme e ripetitiva. Stavolta, aprendo la porta di casa, vede estendersi davanti ai suoi occhi l’inferno senza limiti della libertà.
L’uomo sa bene da dove è partito, ma non sa affatto dove sta andando.
Il viaggio parte in mare, e passa da un’isola di cannibali fino al deserto dell’anima, giungendo infine dinnanzi a un imponente cancello, che altro non è che un ritorno circolare alla società da cui era scappato.

Il risveglio iniziale del protagonista, riconducibile per molti aspetti a quello di Gregor Samsa, richiama “La metamorfosi” di Kafka, uno dei racconti che ha reso celebre il padre nobile dell’alienazione letteraria.
Il concetto di cannibalismo espresso dai fratelli Nishioka affonda le sue radici nel pensiero freudiano, un “atto d’amore” che consiste nell’assimilazione, interiorizzazione, e appropriazione dell’altro.
Il protagonista di “Viaggio alla fine del mondo” mangiando la carne della sua amata assume piena consapevolezza dei suoi sentimenti, e finisce per portare il cadavere della donna a mo’ di sacca sulla schiena per il resto del viaggio: è il peso del suo senso di colpa.
Nel finale l’uomo squarcia il ventre della donna e si infila dentro la sacca di pelle umana, finendo per “chiudere il suo mondo per sempre” cullato da un pacificante benessere, rappresentazione del ricongiungimento al grembo materno, altro tema molto caro agli autori.

Il tratto di Chiaki Nishioka può inizialmente spiazzare, e richiede un po’ di familiarizzazione per essere apprezzato a pieno.
I personaggi appaiono longilinei, con lunghi colli che ricordano il Modigliani, i volti dimessi e l’assenza di tratti somatici.
Risalta quindi lo sguardo vacuo del protagonista, i cui occhi diventano abissi in cui sprofondare, portali verso mondi fiabeschi, bagnati dal pessimismo cosmico leopardiano.

I Nishioka Kyōday realizzano un’opera evocativa, coraggiosa, densa di simbolismo e altamente allegorica, contaminata dalla poetica di Nietzsche e dall’alta letteratura europea in generale, con atmosfere arabeggianti che a tratti ricordano “Le mille e una notte”.
Un viaggio onirico ed allucinante tra dubbi amletici e filosofia dell’io, con un substrato narrativo spesso e ricercato che potrebbe scoraggiare chi cerca da un fumetto del mero intrattenimento.
Nonostante sia indubbiamente un manga per pochi, dai contenuti decisamente disturbanti, “Viaggio alla fine del mondo” è un volume unico che rivela la sua sconvolgente bellezza a tutti coloro i quali vogliono scoprire e scoprirsi senza la paura di guardarsi dentro.

“Una volta che si inizia un viaggio bisogna arrivare fino alla fine”