Recensione
Siamo alle solite... un ragazzo incapace di chiacchierare con una ragazza. Una trama piatta, senza una buona commistione tra personaggi e storia, e una sceneggiatura obsoleta, con cadute patetiche che non la rendono di certo una buona commedia romantica. Nulla contro questo genere, ma ci vuole qualcosa di più. In uno scolastico è fondamentale andare a scavare nella psicologia dei protagonisti, per cercare delle linee in comune con chi guarda. La forza di questo genere è racchiusa nell'immedesimazione con i personaggi: tutti siamo andati a scuola e tutti sappiamo bene cosa si prova e come ci si comporta in determinate situazioni. In questo caso la sceneggiatura è debole, non vengono espressi i pensieri dei due protagonisti; ed è fondamentale far parlare la mente, il monologo interiore è parte integrante del genere scolastico e della commedia sentimentale. Ci sta cadere nel grottesco per qualche battuta, ma è imperativo scavare nella psiche dei protagonisti, per creare aspettativa nello spettatore. Ascoltare i ragionamenti, le riflessioni, le idee e tutto ciò che balena nella testa dei personaggi è ciò che porta all'immedesimazione o allo straniamento. Quando vedo uno scolastico, vorrei prima di tutto tornare indietro nel tempo e rivivere quella che è stata la mia esperienza al liceo. Oppure entrare in contatto con quella che è la mente dei protagonisti e cercare di capire cosa farei io nella loro situazione. Nulla di tutto ciò accade per i dodici episodi della serie. "The Dreaming Boy is a Realist" rimane quindi una delusione, uno tra i tanti scolastici senza né anima né significato.
Nulla di eccezionale neanche dal punto di vista tecnico. Peccato, perché la casa di produzione della serie - lo Studio Gokumi - è tornata a realizzare una produzione animata dopo cinque anni dall'ultima. Eppure, a lavorare su questo anime sono state più di cinquanta persone. Tuttavia, dal punto di vista della messa in scena ho il dovere di evidenziare alcuni lati negativi. Primo tra tutti i fondali e gli sfondi, che sono appena abbozzati, piatti e senza il minimo particolare; poi il character design dei personaggi è debole e rende i personaggi quasi delle maschere, i visi sono tutti uguali (o comunque molto simili) e sembra che abbiamo lavorato solo sui capelli.
Ormai sembra pura utopia trovare uno scolastico del calibro di "Just Because!" Quasi nulla è rimasto dopo la visione di questo anime. Come si fa a provare emozioni quando i protagonisti della serie sembra che non ne provino? Non che la trama debba per forza essere il punto di forza di questo genere - e infatti di solito non lo è -, ma in questo caso non vi sono le caratteristiche per far sì che una trama debole sia sufficiente. "Insomniacs After School" - per esempio -, pur avendo una storia semplice e senza troppo ritmo, fa del suo punto di forza il continuo scavare nel rapporto tra i due protagonisti. In "The Dreaming Boy is a Realist" i due protagonisti, Natsukawa e Sajo, non vengono esplorati quanto necessario. Non viene fatta parlare la loro mente, non vengono espressi i loro pensieri, come non viene creato un rapporto degno di questo nome. Tutto succede in modo casuale e i personaggi sembrano vere e proprie marionette senza una propria psicologia, senza la minima emozione, marionette che agiscono in modo quasi casuale.
Ecco di seguito le mie valutazioni.
Scrittura filmica: soggetto 50/100; sceneggiatura: 37/100; essenzialità, coerenza e ridondanza informazioni 7/10.
Messa in scena: character design 25/50; doppiaggio 6/10; sfondi e fondali 4/10; animazione tecnica, fotografia e luci 35/50.
Colonna sonora: canzoni 5/10; musica e rumori 18/30.
Montaggio: montaggio, ritmo, tecnica 16/30.
Analisi critica: originalità, spirito critico e significati 41/100.
Totale: 244/500, ovvero 48,8.
Nulla di eccezionale neanche dal punto di vista tecnico. Peccato, perché la casa di produzione della serie - lo Studio Gokumi - è tornata a realizzare una produzione animata dopo cinque anni dall'ultima. Eppure, a lavorare su questo anime sono state più di cinquanta persone. Tuttavia, dal punto di vista della messa in scena ho il dovere di evidenziare alcuni lati negativi. Primo tra tutti i fondali e gli sfondi, che sono appena abbozzati, piatti e senza il minimo particolare; poi il character design dei personaggi è debole e rende i personaggi quasi delle maschere, i visi sono tutti uguali (o comunque molto simili) e sembra che abbiamo lavorato solo sui capelli.
Ormai sembra pura utopia trovare uno scolastico del calibro di "Just Because!" Quasi nulla è rimasto dopo la visione di questo anime. Come si fa a provare emozioni quando i protagonisti della serie sembra che non ne provino? Non che la trama debba per forza essere il punto di forza di questo genere - e infatti di solito non lo è -, ma in questo caso non vi sono le caratteristiche per far sì che una trama debole sia sufficiente. "Insomniacs After School" - per esempio -, pur avendo una storia semplice e senza troppo ritmo, fa del suo punto di forza il continuo scavare nel rapporto tra i due protagonisti. In "The Dreaming Boy is a Realist" i due protagonisti, Natsukawa e Sajo, non vengono esplorati quanto necessario. Non viene fatta parlare la loro mente, non vengono espressi i loro pensieri, come non viene creato un rapporto degno di questo nome. Tutto succede in modo casuale e i personaggi sembrano vere e proprie marionette senza una propria psicologia, senza la minima emozione, marionette che agiscono in modo quasi casuale.
Ecco di seguito le mie valutazioni.
Scrittura filmica: soggetto 50/100; sceneggiatura: 37/100; essenzialità, coerenza e ridondanza informazioni 7/10.
Messa in scena: character design 25/50; doppiaggio 6/10; sfondi e fondali 4/10; animazione tecnica, fotografia e luci 35/50.
Colonna sonora: canzoni 5/10; musica e rumori 18/30.
Montaggio: montaggio, ritmo, tecnica 16/30.
Analisi critica: originalità, spirito critico e significati 41/100.
Totale: 244/500, ovvero 48,8.