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Oggi farò un intro da generazione Z.

Guardo "Jin-roh". Non c'ha un difetto. Fattuale.

Prima di iniziare per davvero, ci tengo a dire che ho avuto modo di parlare abbastanza distensivamente di quest'opera con due amici fidati, e probabilmente mi ritroverò a riutilizzare anche le loro parole per il testo di questa recensione, pur non potendoli citare esplicitamente.
Amici sotto l'egida di Lain Iwakura, grazie mille - farò onore del dono fattomi.

Bene, chiudiamo con la frociaggine.

Film scritto da Mamoru Oshii, basato su un'opera scritta da Mamoru Oshii, tecnicamente collegato ad altri due film diretti da Mamoru Oshii, è un'opera con la regia... non di Mamoru Oshii - c'è qualcosa di molto divertente in tutto ciò, ma non importa.

L'opera è ambientato in un ucronico dopoguerra giapponese della Seconda Guerra Mondiale, dove si è deciso di istituire una polizia speciale soprannominata Kerberos, caratterizzata da armature antisommossa dai tratti inquietanti e disumanizzanti, e da un clima di tensioni e violente proteste popolari, altrettanto violentemente represse da questa neonata forza di polizia.
La storia si concentrerà su Kazuki Fuse, membro di questa unità che, al seguito del suo non aver sparato a una giovane ribelle che trasportava una bomba, permettendole di suicidarsi con un'esplosione, inizierà a far sollevare dubbi al governo centrale sulla vera efficacia di questa milizia. E così, seguiremo l'evolversi delle vicende dal suo punto di vista, e il suo relazionarsi con Kai, un altro Cappuccetto Rosso (ovvero, una ragazza dedita a trasportare esplosivi per i rivoluzionari), apparentemente sorella di quella incontrata precedentemente da Fuse.
L'evolversi delle vicenda lì in poi sarà molto meno scontato di quanto potremmo pensare.

Di solito, per abitudine, parlo del comparto tecnico alla fine, ma mi sento di voler iniziare proprio con questo, poiché sin da subito ha avuto modo di colpirmi e di riempirmi lo sguardo con la sua bellezza.
Ben lontano dalla patinatura, dai colori sgargianti e dai mille riflessi che molti, nelle opere contemporanee, considerano animazione di alta qualità (anche perché, anche potendo e volendo, l'opera racconta un contesto e descrive un'atmosfera che non può riempirsi di queste cose), "Jin-roh" è un'eccellenza dell'animazione.
Non solo per la qualità e la fluidità ai limiti della perfezione dell'animazione in senso stretto, ma anche per la bellezza e la quantità di dettagli utili che la arricchiscono. Sfondi e ambientazioni si amalgamano alla perfezione con gli agenti in movimento su pellicola, contribuendo a potenziare quel senso di realistica cupezza e di concreta umanità di tali agenti, ma anche di concreta disumanità (più in senso di "non-umano" che "crudele") di altri.
Il tutto accompagnato da una colonna sonora che, specie nei momenti clou, riesce a comunicare un senso di marcia verso tale disumanità, di progressiva dissoluzione dei valori umani in favore delle bestie, dei lupi che desiderano solo divorare gli uomini e proteggere la solidità del proprio branco.

Proprio il parallelismo con i lupi, e soprattutto con la fiaba di Cappuccetto Rosso, impernierà il film dall'inizio alla fine.
Una serie di similitudini e metafore che, a onor del vero, non sono né sottili né particolarmente silenziose per come si è deciso di raccontarle, eppure riescono ad essere gestite con una maestria tale da non risultare pedanti (alla faccia di chi tratta lo "show don't tell" come un dogma religioso). Questo grazie all'uso delle voci malinconiche, affrante, di Fuse e Kai nel raccontare la fiaba durante il film, e anche la potenza simbolica, nella sua semplicità, che le frasi del lupo vengano dette sempre e solo da Fuse.

In un primo momento, possiamo notare come l'opera abbia una delle descrizioni più potenti ed efficaci del disturbo post-traumatico da stress, non solo per l'apatia con cui Fuse reagisce ad alcune cose, ma anche per la potenza simbolica, pur nella sua immediatezza, della scena in cui Fuse si ritrova sognare di inseguire Kai nelle fogne, che scappa da lui; mentre lo fa, sempre più lupi lo circondano, lupi famelici che si ritroveranno a divorare la ragazza.
Come farà intendere lei nel sogno, e come aveva già detto il suo istruttore prima, "le storie di uomini e bestie che si incontrano non finiscono mai bene".

Eppure, il film ha modo di sorprenderci ancora, sempre usando questo parallelismo.
Perché concentrandosi così tanto sulla lettura che sembra la più evidente, ovvero quella dell'uomo ferito dalla crudeltà delle sue azioni e dalla sua natura bestiale, ci distoglie volutamente dal suo mettere gli elementi per un'altra lettura, presente sin da subito anche nella fiaba di Cappuccetto Rosso, ovvero quella del lupo mascherato da uomo.
Così, quando, nella parte finale del film, braccato dagli agenti del governo che vogliono catturarlo e usarlo come elemento chiave per lo scioglimento della DIME (il nome vero e proprio dei Kerberos), Fuse si rifiuterà perché "ha ancora qualcosa da fare". In seguito, portata la ragazza in un altro complesso fognario, si ritroveranno ad apparire altri membri dei Kerberos.
Sarà in quel momento che si rivelerà come Kazuki Fuse non sia solo un Kerberos, ma un Jin-roh, una cellula fantasma della DIME che si occupa di controspionaggio, con il solo e unico scopo di garantire la sopravvivenza dell'unità, anche al costo di doversi scontrare con altre forze istituite dal governo.
Alla mente dello spettatore tornerà il ricordo dei tanti indizi trascurati, come quando Fuse aveva confessato a inizio film che alla prima Cappuccetto Rosso "in realtà lui voleva spararle", o come quando aveva rivelato di essere entrato nella DIME perché "sentiva di aver trovato un posto a cui apparteneva davvero".
Fuse era sempre stato consapevole della sua natura di lupo, e vi era rimasto fedele sino a quel momento.

Così, mentre vari uomini lo rivestono con l'armatura dei Kerberos, al contempo lo svestono del guscio umano che lo ricopriva, dandogli il là per rivelare la sua vera natura.
Uno ad uno, Fuse terminerà la vita di tutti gli agenti del governo che lo inseguono, non battendo ciglio quando il loro capo, Hanmi, in un disperato tentativo di reagire, gli sparerà gridando "Non sei anche tu un essere umano? Fuseeee!".
Tutto ciò, prima di venire brutalmente crivellato di colpi.

Eppure, non dobbiamo fare l'errore di credere che la sofferenza di Fuse fosse artefatta.
Sarà evidente nella chiusura del film quando, rivelatogli che ormai Kai ha svolto il suo compito e che serve più da morta che da viva, Fuse si ritroverà con il compito di ucciderla, di scegliere se essere una bestia che vive tra gli uomini, o continuare nel suo ruolo di lupo.
Mentre si prepara a sparare, il volto di Fuse, che mai era stato così espressivo, si contorce per il turbine di emozioni che lo divorano, arrivando a gridare per soverchiare i pianti della ragazza.

Poi il colpo parte.

"E il lupo divorò Cappuccetto Rosso", commenta il suo capo, mentre il film si chiude sul libro di favole regalato a Fuse da Kai, abbandonato in una pozzanghera, a marcire.
Fuse sarà un lupo per sempre.

Potrei chiudere qua, ma è bene dire che questo film non racconta solo una vicenda umana.
Esso è anche una descrizione del dispotismo di determinate organizzazioni parastatali.
La DIME rifiuta di essere solo uno strumento nelle mani dello Stato, e inizia a difendere con aggressività la propria esistenza, proprio come un gruppo identitario, come un branco di lupi che cerca di mantenere la propria integrità contro altri lupi.
Un fenomeno che abbiamo visto accadere tante volte nella storia, e che chissà quante altre volta sarà destinato ad accadere.

Bene, direi che dopo tutte queste parole di elogio, lo si possa considerare quantomeno un bel film.
Quindi, guardatelo, no?

Auf wiedersehen.